Israele sta precipitando nel caos. Il paese è bloccato da scioperi e imponenti manifestazioni di protesta e al termine di una lunga giornata, dopo continui rinvii, finalemnte il primo ministro Benjamin Netanyahu ha parlato alla nazione. Netanyahu ha deciso di sospendere la seconda e terza lettura alla Knesset (il parlamento israeliano) della riforma della giustizia per dare tempo e dare la posibilità di un'intesa parlamentare nella prossima sessione dei lavori del parlamento.Per tutta la giornata il leader israeliano ha trattato con gli alleati di governo in un diffciile esercizio di equllibrio. Congelare o ritirare il suo progetto di riforma del sistema giudiziario rischiando la poltrona, perché la sua decisone avrebb epotuto provocare la caduta della sua coalizione di governo, la più destroide ed estremista della storia israeliana. Oppure antepone il suo interesse personale all’interesse generale (cosa che gli è spesso venuta bene) e insistendo nel portare avanti in parlamento il progetto di riforma, con il rischio di sfasciare il paese, provocando una crisi istituzionale senza precedenti e portando Israele sull’orlo di una guerra civile fra i suoi sostenitori (ormai una minoranza, ma estremista, quindi pericolosa) e la maggioranza della popolazione.
Secondo la stampa israeliana,'Potenza ebraica', il partito di estrema destra di Itamar Ben Gvir, ha detto di essere disponibile a rinviare la riforma fino alla ripresa della Knesset, dopo la Pasqua ebraica, a patto che il governo esamini subito la creazione di una 'Guardia nazionale' sotto la guida dello stesso Ben Gvir.
La controversa riforma del sistema giudiziario mira a conferire al governo eletto un'influenza decisiva sulla scelta dei giudici e a limitare la capacità della Corte suprema di pronunciarsi contro l'esecutivo o di annullare la legislazione. Un voto della Knesset (il parlamento unicamerale israeliano) potrebbe, secondo la riforma, rendere inefficace qualunque decisione della Corte suprema.Netanyahu afferma che i cambiamenti previsti dalla riforma ripristineranno l'equilibrio tra i rami del governo.
Il progetto di riforma è stato subito osteggiato dall’opposizione e da larghi settori della società civile, che da oltre due mesi, ogni sabato, alla fine dello shabbat, organizza imponenti manifestazioni in varie città israeliane. Anche i militari hanno espresso il loro dissenso. Il presidente della Repubblica, Isaac Herzog, ha più volte sottolineato i pericoli per la tenuta democratica del paese e ha invitato i partiti a trovare un compromesso sulla riforma. La situazione è precipitata nel fine settimana, quando il ministro della difesa Yoav Gallant ha chiesto di bloccare la riforma della giustizia. Netanyahu è rimasto sordo ai consigli del ministro e lo ha licenziato, gettando così benzina sul fuoco. Il quotidiano di sinistra Haaretz ha definito Netanyahu “il capo piromane di un governo di incendiari”.
Nella serata del 26 marzo decine di migliaia di israeliani sono scesi in strada per protestare in varie città e anche davanti alla casa di Netanyahu, dove a un certo punto la polizia è rimasta senza più scorte di acqua per i cannoni. Il presidente Herzog ha chiesto nuovamente al governo di “fermare immediatamente il processo legislativo” perché “la nazione è profondamente preoccupata. La sicurezza, l’economia, la società, tutto è minacciato”. Intanto i sindacati hanno deciso scioperi nel settore privato, nei trasporti, nella sanità e nelle università. Sono rimasi bloccati i voli in partenza dall’aeroporto Ben Gurion. Diversi sindaci e amministratori locali hanno cominciato uno sciopero della fame. Un altro duro colpo per il governo israeliano è arrivato da Asaf Zamir, il Console generale di Israele a New York. Zamir ha annunciato le sue dimissioni spiegando che è arrivato il momento di unirsi alla lotta per la democrazia israeliana.
Le manifestazioni sono continuate per tutta la notte e sono riprese la mattina di lunedì 27 marzo. In attesa delle dichiarazioni di Netanyahu, la situazione si era fatta tesissima. Sono scesi in strada anche gruppi di estrema destra (come il famigerato Familia, legato al tifo calcistico e protagonista di episodi di razzismo e violenza) pronti a fronteggiare chi protesta contro il governo. Ora vedremo quali saranno le reazioni dopo l'annuncio del primo ministro.