Nessun dialogo e nessuna concessione. Il governo israeliano sceglie la luna dura nei confronti dei detenuti palestinesi che da lunedì hanno cominciato uno sciopero della fame per protestare contro le condizioni carcerarie.
Lo sciopero coinvolge 1.187 detenuti ed è guidato da Marwan Barghouti, il leader palestinese che sta scontando l’ergastolo per aver compiuto cinque omicidi. Secondo il ministro israeliano della sicurezza pubblica, Gilad Erdan, Barghouti, istigando la protesta e guidando lo sciopero della fame, ha violato gravemente le regole della prigione. A sostegno dei detenuti in sciopero, migliaia di palestinesi sono scesi in strada nei Territori. In alcuni casi ci sono stati scontri con le forze di sicurezza israeliane. La data di inizio della protesta non è stata scelta a caso, infatti i 17 aprile i palestinesi celebrano “La giornata del prigioniero”, proprio per attirare l’attenzione sui circa 7.000 detenuti rinchiusi nelle carceri israeliane.
Leader di Al Fatah, figura di spicco fra i palestinesi, Marwan Barghouti, 57 anni, originario di Ramallah, fu arrestato per la prima volta nel 1976. In seguito è stato fra i principali capi politici della prima Intifada nel 1987. Espulso in GIordania, Barghouti è tornato dall’esilio nel 1994 e ha guidato la seconda Intifada. Arrestato nell’aprile del 2002, è condannato all’ergastolo. Ora le autorità israeliane lo hanno messo in isolamento.
Secondo il ministro Erdan, Barghouti e gli altri detenuti, “sono terroristi e assassini i quali hanno ciò che meritano”, quindi “non abbiamo alcun motivo per negoziare”.
Molti osservatori considerano la protesta di questi giorni una mossa politica da parte di Barghouti per mettere in difficoltà Mahmoud Abbas, l’attuale leader dell’Autorità palestinese. L’ottuagenario Abbas è considerato un leader debole e Barghouti aspira da tempo ad assumere un ruolo di rilievo all’interno di Al Fatah. Nonostante la carcerazione, Barghouti mantiene un carisma e un ruolo da leader, con una fitta rete di contatti al di fuori dei muri della prigione. Proprio domenica il New York Times aveva ospitato nelle pagine degli editoriali un articolo firmato da Barghouti,in cui si spiegavano le ragioni dello sciopero della fame e si denunciava “l’inumano sistema dell’occupazione coloniale e militare”.
La pubblicazione dell’editoriale ha aperto una polemica anche all’interno dello stesso New York Times. Infatti alla fine dell’articolo si definiva Barghouti “un leader e parlamentare palestinese”, senza alcun accenno ai crimini per i quali è stato condannato. Ora è stata aggiunta una nota in cui il quotidiano fa ammenda per non aver spiegato i motivi della carcerazione di Barghouti.