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sabato 07 settembre 2024
 
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Italia cattiva? No, ha tanta paura e poche speranze

19/12/2018  Il Censis fotografa il paese. Conforta l’ovazione della Scala a Mattarella, simbolo positivo

Che ci sia un’inquietante e sfrenata inclinazione al cinismo (per non dire cattiveria) nel nostro Paese, negli ultimi tempi, c’erano stati tanti segnali. Uno dei più recenti quegli applausi e quel grido: «Bravo, bravo!» con cui Fredy Pacini, il gommista di Monte San Savino, nell’aretino, che ha sparato e ucciso uno dei due malviventi scoperti di notte nella sua azienda, è stato accolto dai conoscenti il giorno dopo la disgrazia. E urla non meno preoccupanti, d’intolleranza e rabbiosa ostilità, erano partite all’indirizzo dei rifugiati arrivati nello scorso agosto a Rocca di Papa, dopo la brutta vicenda della Diciotti.

Ora, però ci sono pure gli inoppugnabili numeri a dire quanto il nostro Paese abbia voltato le spalle ai buoni valori di sempre, chiamati “buonismo” e persino indicati come una sorta di zavorra, causa di ritardi e mancati successi nazionali, per sprigionare senza pudori egoismi, invidie e collere vari. Il rapporto Censis, infatti, descrive con il termine «cattiveria» lo stato d’animo degli italiani di fronte ai problemi vissuti nel quotidiano. Il fattore scatenante? Il «sovranismo psichico», ossia una scappatoia mentale verso l’idea di governanti dal pugno duro che “vendichino” ogni difficoltà patita. Perchè tra crisi economica e peso scale, il 56,3 per cento degli italiani pensa che qui le cose non migliorano, anzi... Siamo, dati alla mano, i più pessimisti e i più cattivisti d’Europa: il 63 per cento vede negativamente l’immigrazione da Paesi extracomunitari, contro la media Ue del 52, anzi il 75 pensa che la presenza di migranti favorisca la criminalità. Ma la perdita della speranza si vede anche nel privato: calano notevolmente le nozze, aumentano i divorzi, un italiano su due ritiene inutili i modelli (persino idoli e santi).

Per il rapporto del Censis la politica non fa altro che assecondare l’umore delle folle, compiacendolo con linguaggi ad hoc: la colpa è, invece, della solitudine sociale in cui si è lasciata andare la gente, che è arrivata a vedere nella riduzione del potere nazionale la fonte di ogni ingiustizia e a trovare nell’immigrazione il capro espiatorio. A questa solitudine (e al disastro economico), tuttavia, si è arrivati con il contributo dei governanti che si sono succeduti nell’ultimo decennio e la politica, comunque, dovrebbe guardarsi dalle conseguenze che certi linguaggi sortiscono nella quotidianità, piuttosto che pensare solo ai sondaggi elettorali. Perchè, in realtà, checché ne dicano gli animi scoraggiati, c’è bisogno di buoni esempi e di speranza. E lo prova ben altro genere di applauso: l’ovazione della folla, davanti alla Scala di Milano, all’arrivo di Mattarella, l’uomo che ha continuato a richiamare, in barba ai venti sovranisti, i valori irrinunciabili: la libera manifestazione del pensiero, l’accoglienza, il rispetto degli accordi comunitari. Quel caloroso omaggio spontaneo dice che forse dietro la cattiveria c’è solo paura e quindi bisogno di aiuti e sicurezza. Papa Francesco, davanti alla statua dell’Immacolata a Roma ha ripensato ai giorni in cui Maria e Giuseppe erano «preoccupati perché c’era il censimento e anche voi dovevate lasciare il vostro paese», invocando così la Vergine: «Tu sai, Madre, cosa vuol dire portare in grembo la vita e sentire intorno l’indifferenza, il rifiuto, a volte il disprezzo. Per questo ti chiedo di stare vicina alle famiglie che oggi vivono situazioni simili, perché non siano abbandonate a sé stesse, ma tutelate nei loro diritti, diritti umani che vengono prima di ogni pur legittima esigenza». Proprio in questa priorità e nell’amore senza confini sta il vero significato del presepe al quale abbiamo dedicato il nostro servizio di copertina, consapevoli e fiduciosi che, alla fine, non è e non sarà mai il cattivismo a risolvere i problemi.

 
 
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