«Il 4 novembre celebriamo la conclusione della Grande Guerra, una tragedia che causò enormi sofferenze all'intero continente europeo e provocò lutti in ogni contrada d'Italia. Una catastrofe voluta dagli uomini e che, pur nelle sue immani proporzioni, non riuscì ad evitare nel secolo scorso un altro conflitto mondiale e guerre regionali che hanno continuato a devastare l'Europa». Sergio Mattarella, nella Giornata dell’Unità nazionale e delle Forze armate richiama all’unità del Paese e alle prospettive di pace.
«Quest'anno - e sarà così anche il prossimo anno - le celebrazioni della Giornata dell'Unità nazionale e delle Forze Armate, assumono un carattere particolarmente significativo. Cent'anni orsono, proprio in questi giorni, si consumava la battaglia di Caporetto», ricorda il presidente della Repubblica. «L'anno dopo sarà quello di Vittorio Veneto. Il momento forse più difficile per il morale e le speranze dei nostri soldati e dell'intera nazione e, dopo, quello più alto, che raggiungeva l'ideale risorgimentale dell'unità nazionale. Proprio per questo il 4 novembre è giornata intitolata, congiuntamente, all'Unità d'Italia e alle Forze armate che, di questo passaggio finale, furono lo strumento essenziale».
Mattarella ricorda «la tragica ritirata di Caporetto» e «il timore, se non la convinzione, e non soltanto in Italia, era, forse, quella che il nostro Paese fosse ancora troppo giovane per superare prove così dure». L’Italia, invece nacque, «come nazione. Del resto, come sappiamo, il termine nazione significa proprio nascita». Una nascita che «risale a tempi ben più lontani. Per quanto fossimo stati a lungo divisi e frammentati in stati e regimi diversi, condividevamo da millenni gli stessi riferimenti, di cultura, di storia, di tradizioni. È stata questa la forza interiore che ha animato il nostro Paese, finalmente unito, finalmente consegnato a una Patria comune. Cento anni orsono i soldati italiani e le popolazioni del Friuli Venezia Giulia e di gran parte del Veneto, subivano il dolore della sconfitta e la sofferenza dell'invasione e dell'occupazione».
Il Capo dello Stato si sofferma sulla «catastrofe che si vedeva in ogni luogo: nelle case distrutte, nell'abbandono delle poche cose rimaste alla popolazione per sopravvivere durante la guerra, nelle strade ostruite dagli sfollati e dai soldati della 3ª Armata che ripiegavano verso il Piave cercando di rallentare, quanto più era possibile, l'avanzata del nemico», ma sottolinea anche «di eroismo e di sacrificio compiuti dai nostri soldati. Intere unità vennero chiamate a resistere ad oltranza, e lo fecero senza esitare, pur nella certezza che non ci sarebbe stata alcuna possibilità di salvezza. Tanti, tantissimi di quegli eroi sono rimasti ignoti. A rappresentarli tutti vi è la salma del Milite Ignoto, sepolto al Vittoriano».
E, dopo aver ribadito che «le Forze Armate e il popolo italiano portarono a compimento l'unificazione dell'Italia, in quella che viene considerata l'ultima guerra del nostro Risorgimento» e ringraziato «coloro che sui campi di battaglia, nelle campagne, nelle città, nelle fabbriche, in ogni casa, combatterono e resistettero, dando un contributo a costruire l'Italia di oggi», guarda al futuro.
«Quella guerra», dice ancora, «lasciò macerie morali e materiali, ferite difficili da rimarginare e così, a distanza di due decenni, l'Europa venne percorsa da nuovi venti di conflitto e da nuove tragedie, con l'umanità chiamata, ancora una volta, a interrogarsi sul sonno della ragione, colpevole di creare mostri. La prevalenza delle forze della libertà ha consentito di guardare con nuova fiducia alla storia d'Europa e la risposta è stata - ed è - quella di unirsi, di mettere insieme il futuro degli europei; l'unica scelta in grado davvero di pacificare il continente».
Un percorso, quello dell’Europa unita, non ancora concluso, ma che solo puà dare garanzie di pace. «Un solido e duraturo assetto di pace ci accompagna da allora, grazie ad un percorso lungo e difficile, non ancora concluso, basato sui cardini della solidarietà, della condivisione e del reciproco rispetto. I nostri confini sono, ormai, quelli dell'Unione Europea. In questa giornata dell'Unità d'Italia e delle Forze Armate rivolgo il mio pensiero commosso a tutti gli Italiani che hanno conferito il loro sacrificio, per edificare uno Stato unito e democratico; e penso con dolore a tutte le vittime delle guerre. Coltivare la loro memoria significa comprendere l'inestimabile ricchezza morale che ci hanno trasmesso e rappresenta, per tutti noi, la sollecitazione più autentica per adempiere i nostri doveri di cittadini italiani ed europei, nella convinzione del valore della solidarietà e della pacifica convivenza fra i popoli».