«Gli
italiani non hanno mai smesso di partire, di tornare. E oggi partono ancora,
sempre più numerosi». Monsignor Guerino di Tora, neo presidente della
Fondazione Migrantes presenta il Rapporto Italiani nel mondo, giunto alla
decima edizione. Uno strumento utile per capire quello che accade e per
proporsi come «interlocutori attivi nel processo decisionale delle riforme che
vanno inevitabilmente pensate e applicate per una società italiana che ha un ineguagliabile
passato di mobilità, un altrettanto straordinario presente migratorio e che
sicuramente sarà caratterizzata da un significativo futuro migratorio».
I dati
dicono che lo scorso anno sono partiti oltre 100 mila connazionali, molti dei
quali giovani.
All’oltre
un milione e mezzo di Neet, cioè di giovani che restano in Italia ma non
lavorano e non studiano, ha spiegato Alessandro Rosina, Direttore L.S.A. - Università Cattolica del
Sacro Cuore, fa da contrappeso il milione di Expat, cioè di «giovani dinamici e
intraprendenti, spesso con alto capitale umano, che hanno lasciato l’Italia per
cercare opportunità di ulteriore formazione o miglior lavoro all’estero». In
realtà il dato, fornito dall’Aire (Anagrafe degli italiani residenti
all’estero) stima in difetto i connazionali di età 15-34 che risiedono in un
altro Paese perché in tanti non sono formalmente iscritti. «Di fatto dunque
sono oltre tre milioni i giovani under 35, tra Neet e Expat che «sono lontani
dalle politiche del nostro Paese e sconnessi dal modello di sviluppo italiano.
Potenziali risorse ignorate e inutilizzate».
In ogni
caso, tenendo conto dei dati dell’Aire, gli italiani all’estero sono circa 5
milioni, per il 48 per cento donne e per il 15 per cento minori. Dato in
crescita, ha spiegato la curatrice del Rapporto, Delfina Licata. La presenza degli italiani all’estero resta
prevalentemente euro-americana. Più della metà dei cittadini italiani iscritti
all’Aire, infatti, risiede in Europa (53,9%) e in America (40,3%). Il 51,4% dei cittadini italiani iscritti
all’Aire è di origine meridionale (Sud: 1.560.542 e Isole: 822.810), il 33,2% è
partito dal Settentrione (Nord Ovest: 772.620 e Nord Est: 766.900) e il 15,4% è
originario di una regione del Centro Italia (713.775).
Tenendo
conto però dei dati sui 100mila partiti lo scorso anno l’identikit del migrante
italiano è il seguente: uomo (56,0%), celibe (59,1%), tra i 18-34 anni (35,8%),
partito dal Nord Italia (con ogni probabilità dalla Lombardia) e trasferito in Europa
(probabilmente in Germania o Regno Unito). Aumenta anche la percentuale di
quanti si trasferiscono in Asia, prevalentemente in Cina a caccia di lavoro.
«I nostri migranti», spiega monsignor Gian Carlo Perego,
direttori di Migrantes, «dovrebbero aprirci gli occhi anche sulle sofferenze di
chi arriva in Italia da altri Paesi: dalla difficoltà del ricongiungimento
familiare al diritto di voto amministrativo per partecipare fattivamente alla
vita della comunità, dalla lotta allo sfruttamento lavorativo alla scolarità. Dall’Italia
sono partiti 100 mila italiani, il triplo rispetto ai lavoratori stranieri che
sono arrivati da noi. Certo, gli italiani non si percepiscono percepiscono come
emigranti, ma come cittadini del mondo. Lo stesso occhio con cui anche noi
dovremmo guardare a chi arriva in Italia».