Il messaggio è forte e chiaro. L’America che ci piace è tutt’altra da quella oltranzista e sessista di Donald Trump. A lanciarlo è la Mostra del cinema di Venezia per bocca del presidente Paolo Baratta e del direttore Alberto Barbera che hanno deciso di assegnare, per questa 74° edizione, un doppio Leone d’oro alla carriera a Robert Redford e a Jane Fonda. Icone del cinema hollywoodiano fin dagli anni ’60 ma anche alfieri di quello spirito liberal, democratico, ecologista, attento ai diritti umani che ha fatto grande la storia moderna degli Stati Uniti.
Dal punto di vista cinematografico, la scelta non fa una grinza. Jane Fonda (due Oscar per Una squillo per l’ispettore Klute e Tornando a casa) e Robert Redford (anche lui due statuette per Gente comune e nel 2002 alla carriera) sono gli ultimi divi dell’epoca d’oro di Hollywood ancora attivi, davanti e dietro la cinepresa. Decine i loro titoli che hanno fatto la storia del cinema, a cominciare dai film interpretati insieme: La caccia di Arthur Penn (1966), A piedi nudi nel parco di Gene Saks (1967) e Il cavaliere elettrico di Sydney Pollack (1979). Ora, entrambi nonni ottantenni e dopo quasi sessant’anni di carriera, sono tornati a recitare insieme in Le nostre anime di notte, ispirato a un romanzo di Kent Haruf, in cui interpretano due anziani vicini di casa che, vedovi e con figli e nipoti lontani, imparano a scoprirsi e a innamorarsi malgrado l’amore non sia una cosa concepita per la terza età.
“I due vedovi hanno caratteri diversissimi e mai si erano frequentati, ma non è la solitudine ad avvicinarli bensì il desiderio di conoscersi”, spiega la Fonda. “Giorno dopo giorno, si scopriranno di nuovo pronti a vivere emozioni e sentimenti. Di Haruf mi ha incantata la capacità di narrare con poesia e concretezza sentimenti veri e piccoli gesti, abitudini, pensieri quotidiani. Da anni, desideravo recitare di nuovo con Robert. La trama c’insegna che non è mai tardi per le emozioni”.
“Sono rimasto conquistato dalla storia”, aggiunge Redford, “perché è ambientata in una piccola città del Colorado dove la vita ha ancora sapori antichi, con giornate scandite dalle abitudini e dal passare delle stagioni. Il mio Louis e la sua Addie si scambiano dialoghi teneri, a volte amari, ricchi però di quelle piccole speranze che sono l’ordito di ogni esistenza. Jane e io siamo sempre rimasti vicini, pronti come amici a spalleggiarci l’un l’altro quando uno di noi ne avesse bisogno”. Le nostre anime di notte, prodotto da Netflix e diretto da Ritesh Batra, verrà proiettato in anteprima al Lido nella Sala Grande del Palazzo del cinema venerdì 1° settembre, subito dopo la cerimonia di consegna dei Leoni d’oro alla carriera.
Eppure, questi (meritati) riconoscimenti vanno ben oltre la dimensione cinematografica. “Poche star hollywoodiane”, spiega Alberto Barbera, “hanno avuto una vita professionale contraddistinta da atteggiamenti altrettanto risoluti e fieri come quelli esibiti da Jane Fonda: sex symbol, attivista politica e sociale, attrice ma pure scrittrice, produttrice, femminista. Dal canto suo, Robert Redford non è soltanto grande interprete, regista, produttore ma anche un convinto ambientalista e paladino del cinema indipendente attraverso il suo Sundance Film Festival”.
Insomma, festa sì ma senza banalità. “Soffro per i bambini non voluti del mondo”, dice l’ex Barbarella, detta Hanoi Jane per le contestazioni all’epoca del Vietnam, “ma anche per balene, orsi polari, farfalle, gorilla, scimpanzé”. Ancor più esplicito Redford nel criticare il presidente Trump: “Ci ha messi gli uni contro gli altri. Il cambiamento climatico è di importanza epocale, va messo in cima alla lista delle priorità”.