Anche il Papa sta pregando per loro. L’ha detto a Jean Luc e Anne Moens quando li ha incontrati, l’8 giugno in Vaticano. «Come sta vostra figlia?», si è informato, con un caldo abbraccio e il regalo di un’immagine della Madonna che scioglie i nodi. Già, perché la vita di questo signore belga di 68 anni, nonno di 11 nipoti, sposato da 45 con Anne, «una donna speciale» che gli ha dato 7 figli, in pochi mesi ha avuto due scossoni non previsti: il primo è stato la telefonata da Roma con cui gli si chiedeva la disponibilità a diventare moderatore di Charis (in greco, «grazia»), il nuovo servizio del Rinnovamento carismatico cattolico (Catholic Charismatic Renewal International Service). Un compito impegnativo, che Jean Luc ha accettato solo dopo essersi preso una pausa nella preghiera («Ho chiesto un segno, ho aperto la Bibbia: erano gli Atti, la missione di Paolo e Barnaba»).
LE PROVE DELLA VITA
Ebbene, mentre pensava a organizzare la nuova vita – «io avrei passato due settimane a Roma, dove ci sarebbe stata anche Anne, una in giro a visitare le diverse realtà di Charis, e un’altra con lei in Belgio», − è arrivato il secondo scossone: la figlia maggiore, Marie Anne – 43 anni, mamma di due bambini, «l’unica tra i nostri figli che ha dato la sua vita a Dio, gli altri non sono praticanti, anche se è difficile sapere cosa c’è nel cuore di ogni persona» – è stata colpita da un embolo polmonare con un arresto cardiaco prolungato e un’emorragia cerebrale, che le hanno procurato una doppia paralisi. «I medici ci hanno parlato di un miracolo a metà». I piani sono quindi stati modificati, Anne ora è per lo più in Belgio, e Jean Luc a Roma per occuparsi di Charis, che è stato inaugurato ufficialmente a Pentecoste con l’udienza papale e la Conferenza internazionale di circa 550 leader del Rinnovamento carismatico cattolico.
«Tutto concorre al bene di chi cerca Dio», dice Jean Luc. «È vero, nella malattia di Marie Anne non vedo il bene, ma a Lui mi affido. E gli chiedo di completare il miracolo che ha lasciato a metà». Non sembri irriverente il tono: Moens ha una consuetudine a “parlare” con il Padre che gli viene da una pratica decennale.
Ogni giorno partecipa alla Messa e passa un’ora in cappella: «Faccio adorazione e conversazione cuore a cuore. È il mio appuntamento con il “capo”. Se non lo facessi più, dovrei tornare a casa». Un dialogo continuo, secondo lo stile carismatico che il Papa chiede non sia più considerato un’esperienza periferica nella Chiesa cattolica, ma un’azione di grazia che rinnova tutta la comunità ecclesiale. «Che questo movimento condivida il battesimo nello Spirito Santo con tutti nella Chiesa. È la grazia che voi avete ricevuto. Condividetela!», ha esortato Francesco l’8 giugno, vigilia di Pentecoste, ai partecipanti alla Conferenza internazionale.
IL BATTESIMO DELLO SPIRITO
Ma in che cosa consiste questo battesimo dello Spirito? «L’idea del Papa è che tutti i cristiani devono riscoprire i doni ricevuti nel Battesimo e che spesso sono rimasti sepolti o dimenticati. Lo Spirito, che costituisce la Chiesa e fa i santi, può arrivare all’improvviso, in dono, come è accaduto a san Filippo Neri, ma c’è anche una preparazione che si fa in comunità, chiedendo ai fratelli di pregare per ricevere il battesimo nello Spirito».
Jean Luc ci racconta cosa è capitato a lui, oltre 45 anni fa: «Ero un cattolico tradizionale. Mamma mi aveva insegnato a pregare, papà non era credente. Ho avuto una svolta dopo che in parrocchia ho incontrato un gruppo del Rinnovamento carismatico». All’inizio Jean Luc era piuttosto perplesso: «Sono un matematico, ho un dottorato in Logica, quel tipo di esperienza non pensavo facesse per me. Ho partecipato a un incontro chiedendo al Signore un segno preciso». Dentro di sé – racconta – ha indicato un ragazzo che durante la preghiera avrebbe dovuto accostarlo e imporgli le mani. «Era sulla soglia della chiesa, stavo andando via tranquillo, quando proprio quel giovane mi ha chiesto di pregare per me. Da quel momento ho chiesto la preghiera per ricevere il battesimo nello Spirito». Il Signore – ci tiene a precisare – non parla sempre in maniera così esplicita: «Con me è stato spesso graduale. Ha lavorato nel segreto del mio cuore, e poco a poco mi ha trasformato».
A TU PER TU CON IL FONDATORE
Negli scorsi anni Jean Luc e la moglie sono diventati membri della Comunità dell’Emmanuel, esperienza del Rinnovamento carismatico francese, e hanno collaborato con il fondatore, Pierre Goursat, «per il quale è in corso la causa di beatificazione».
Moens ha anche conosciuto il cardinale Léon-Joseph Suenens, arcivescovo di Bruxelles e padre conciliare che ha portato il tema dei carismi al Vaticano II: «Con Anne eravamo la giovane coppia del Rinnovamento in Belgio. Io suonavo la chitarra nelle celebrazioni a casa di Suenens. Lui diceva che il Rinnovamento è “una corrente di grazia nella Chiesa”». Come la corrente del Golfo riscalda tutto l’Atlantico, regala un clima temperato e poi sparisce quando l’Oceano si è riscaldato, così – esemplifica Jean Luc – il Rinnovamento fa riscoprire il Battesimo a tutta la Chiesa. «Per questo non è un movimento, che richiede l’adesione di alcuni e lascia fuori altri, né può avere dei leader che durano decenni, ma è per tutti».
Per spiegare meglio la neonata realtà che presiede, Jean Luc fa un esempio: «Charis è un servizio senza autorità, una sorta di “autogrill” dove i gruppi di preghiera, le comunità e le scuole di evangelizzazione, le reti di comunicazioni e i vari ministeri – parliamo di 120 milioni di cattolici – possono trovare servizi per la formazione dei responsabili e dei vari membri sulle tematiche più disparate: preghiera, educazione all’ecumenismo (in collaborazione con il Dicastero per l’unità dei cristiani), carità. L’obiettivo è suscitare la comunione tra tutte queste realtà sia a livello nazionale che continentale e mondiale, anche attraverso progetti di dialogo ecumenico e di servizio ai poveri, come ci ha esplicitamente chiesto il Papa». Il tutto in collaborazione con i vescovi delle Chiese locali, «che sono i garanti della “ecclesialità” delle diverse forme di aggregazione».
A SERVIZIO DELLO SPIRITO
Charis prende il posto delle due precedenti realtà, l’Iccrs (International Catholic Charismatic Renewal Services) e la Catholic Fraternity. Il moderatore è assistito da un Consiglio, denominato Servizio internazionale di comunione, formato da 18 persone di tutto il mondo. Alcuni rappresentano i continenti, altri le diverse realtà del Rinnovamento. Per questo primo mandato tutti sono stati nominati dal Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, mentre nell’assemblea del 2022 si procederà alle elezioni. C’è poi un assistente ecclesiastico che, per desiderio del Papa, è padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia.
Rileggendo la sua storia oggi che ha i capelli bianchi, Jean Luc afferma: «Il Signore mi ha preso da bambino: alla scuola cattolica avevo un preside che era innamorato dello Spirito Santo e ci faceva pregare per il Consiglio ecumenico delle Chiese che stava nascendo». Da quella cappella del collegio di San Stanislao a Bruxelles è arrivato fino a quella di piazza San Cosimato, a Roma, dove hanno sede i locali che raccontano la storia del movimento carismatico cattolico. Alle pareti, i simboli di un cammino che è iniziato nel post Concilio: da un lato l’icona della Pentecoste, dall’altra una croce da cui si libra una piccola colomba, segno di vita nuova.
PADRE CANTALAMESSA, ASSISTENTE ECCLESIASTICO: «CONSIGLIO A TUTTI DI PARTECIPARE A UN INCONTRO»
A padre Raniero Cantalamessa, predicatore ufficiale della Casa Pontificia, nominato dal Papa primo assistente ecclesiastico di Charis, chiediamo qual è la novità di questo nuovo servizio. «C’è una discontinuità nella continuità. Esistevano già due organismi di servizio, una per le Fraternità (Catholic Fraternity) e un’altra per i gruppi di preghiera (Iccrs). Il Papa ha voluto riunire in un unico servizio tutte le realtà che si riferiscono a questa nuova Pentecoste o corrente di grazia nello Spirito, che oggi la Chiesa fa sua e non approva più soltanto dall’esterno. Questa grazia non è di un gruppo, tantomeno dei carismatici, ma è la risposta alla domanda di Giovanni XXIII di una novella Pentecoste, che era l’intenzione primaria del Concilio. E infatti il cardinale Suenens, uno dei moderatori del Vaticano II, che aveva patrocinato l’inserimento del testo sui carismi nella Lumen gentium, quando sentì cosa accadeva in America, con la nascita del Rinnovamento carismatico, disse che sembrava di rivivere gli Atti degli Apostoli. In questi 50 anni molte cose sono nate, io stesso, dopo molte resistenze ad accettare questa grazia, sono il frutto di questa esperienza. Oggi il Papa dice che questa grazia è per tutta la Chiesa. Il battesimo nello Spirito non è un sacramento, ma li ravviva, è una corrente di grazia che ridà vita a un cristianesimo di nomenclatura. Gesù, dall’essere un insieme di dogmi e dottrine, diventa una persona viva». Ma un semplice fedele in concreto cosa dovrebbe fare? «Se ha occasione vada senza timori a un incontro organizzato da realtà carismatiche, oppure legga un libro, ascolti una testimonianza... Tutti quelli che hanno partecipato ti dicono che la loro vita è cambiata». E i vescovi? «Dovrebbero fidarsi del successore di Pietro. Se Francesco spinge, dopo aver sperimentato lui stesso una certa resistenza, allora vuol dire che è questo ciò che oggi lo Spirito chiede alla Chiesa. Nessuno scavalca la Chiesa locale. Il vescovo rimane il garante: nessuno può fregiarsi del nome di Charis se non è approvato dal vescovo o dalla Conferenza episcopale».
Foto di Stefano Dal Pozzolo/Contrasto