Ettore, tre anni, corre sul palco, felice, come in un luogo a lui familiare. Perché sui palcoscenici è cresciuto, in naturalezza, seguendo mamma e papà. Ha imparato cos'è la vita e ha chiesto cos'è la morte. E loro gliel'hanno raccontato attraverso le storie, fino alla storia per eccellenza, quella più celebre.
Applausi a più riprese per Jesus al Teatro Olimpico di Vicenza. Lo spettacolo, della compagnia veronese Babilonia Teatri, ultimo del 67° Ciclo di spettacoli classici all'Olimpico è stato un mix di sacralità, carnalità e irriverenza, sicuramente di forte introspezione interiore. Perché proprio Gesù? Lo spiegano Enrico Castellani e Valeria Raimondi (attori protagonisti, ma anche autori assieme a Vincenzo Todesco), in una sorta di prologo allo spettacolo. Gesù è “un personaggio così familiare da conoscerne nascita e morte”. Per questo è stato uno spettacolo difficile, non bisognava cadere nel già visto, nella banalità, stante il bombardamento di messaggi sul Nazareno e dintorni, oggi come ieri.
“Ovunque mi giravo, trovavo Gesù – proclamano Castellani Raimondi, in un duetto sagace. Santini, croci, affreschi; accendevo la radio, un'unica frequenza: Radio Maria. Perfino il fidanzato di Madonna si chiama Jesus. All'autogrill mi sembrava di essere in Vaticano. Insomma, quasi sentivo una leggera psoriasi sulle mani”. Così tanti stimoli che “cresceva il nostro senso di inadeguatezza. Se si spegneva il pc mentre scrivevamo, pensavamo fossero segni divini. Poi abbiamo capito. Gesù ci è apparso: sono un uomo”.
Ecco la chiave di lettura dello spettacolo, che nasce dalle domande del piccolo Ettore: “Mamma, papà, ma tutti devono morire?”. “Sì tutti”. “Ma anche il nonno?” “Sì”. “E mio cugino?”. “Sì”. “E anche tu, papà?” “Sì”. Davanti a quell'incalzare, “vorrei poter spiegare, ma non so pregare, però so piangere”.
“Si tratta – spiega Castellani – di una riflessione sul bisogno di spiritualità, che parte dal nostro vissuto, dalla nostra pancia. Le domande, quelle di sempre, che accomunano gli uomini di tutti i tempi, quando si diventa genitori si fanno più insistenti. Abbiamo allora guardato alla vita di Gesù, alle sue opere, alle sue parole, per cercare di capire dove nasce il bisogno di credere”.
La risposta? “E' un bisogno presente nell'uomo da sempre, in alcuni momenti è stato accantonato, ma oggi sta tornando, complice probabilmente questo mondo, che va in tutt'altra direzione. Si sente la necessità di riscoprire la dimensione umana, la spiritualità, la conoscenza di sé, che ci permette poi di stare in relazione con gli altri”.
Nel prologo dichiarate che ideare questo spettacolo è stato tutt'altro
che facile. “Il rischio di cadere nel già detto, nel banale, c'è sempre.
Tanto più con un personaggio come Gesù. A toglierci di impaccio è stato
il fatto di portare sul palcoscenico la nostra autenticità”.
L'autenticità di una coppia di attori che è coppia anche nella vita. E
l'autenticità di chi non è credente, ma, come tutti, è in ricerca. “Il
senso della vita, l'angoscia della morte sono questioni profonde, che
riguardano tutti. E Gesù, soprattutto per il nostro Paese, non è solo
religione, è anche un fatto culturale, da cui non si può prescindere.
Abbiamo voluto raccontare senza prese di posizione costituite, senza
voler criticare la religione cattolica nei suoi aspetti più dogmatici,
con libertà, ma anche con grande onestà intellettuale”.
Interessante la scelta delle musiche, da “Quando cammino su queste
dannate nuvole” di Vasco Rossi, all'Ave Maria di Andrea Bocelli, fino a
un pezzo rock, che scatena i due protagonisti. Poi le parole “molto
umane” di Valeria: “Voglio un Dio comprensivo e misericordioso, un Dio
che è solo amore e amando sempre, sempre perdona (…). Non voglio un Dio
che si erge a giudice universale, un Dio iroso e rabbioso, un Dio
guerriero cattivo e imprevedibile, voglio il paradiso, paradiso per
tutti”.
“Entriamo all'Olimpico con grande rispetto”: aveva detto Castellani.
Ecco allora l'omaggio finale alla grandezza, ma anche alla delicatezza
del teatro cinquecentesco: “Dovevamo fare un'ultima scena, ma Palladio
ci è apparso in sogno e ce l'ha sconsigliato, così abbiamo deciso di
raccontarvela. Immaginate che torni il bambino che ha aperto lo
spettacolo, che dall'alto scendano due corde elastiche e vengano fissate
alla sua vita. Lui inizia a saltare, sempre più in alto, a volare, a
ridere, a irraggiare luce. Vogliamo che vi portiate a casa questa
immagine di spensieratezza”.
La luce scema. It's wonderful di Paolo
Conte mette la parola fine. Il pubblico se ne va, portando con sé le
rassicurazioni di mamma Valeria al figlioletto: “Tutto si sistemerà,
saremo di nuovo tutti insieme un giorno. Per una vita vera. Al di là
delle nuvole”.
DOVE & QUANDO
Lo spettacolo ha debuttato l'11 e 12 ottobre al Vie Festival di Modena.
E' una produzione Babilonia Teatri, in coproduzione con La Nef/Fabrique
des Cultures Actuelles Saint-Dié-des-Vosges (France) e MESS
International Theater Festival Sarajevo, in collaborazione con Emilia
Romagna Teatro Fondazione.
Babilonia Teatri, fondata nel 2005 e
considerata una delle compagnie più innovative del panorama teatrale
contemporaneo, si è imposta sulla scena italiana per il suo sguardo
irriverente e divergente su alcune questioni brucianti del nostro tempo,
fra cui il razzismo, la pornografia dell'informazione, la smania di
successo, la violenza, la desertificazione culturale.
Prossima tappa per Jesus: 29 ottobre al Teatro Cavallerizza di Reggio
Emilia, nell'ambito di “Festival aperto”.