John Travolta è di casa al Festival e quest’anno fa tris: celebra con il pubblico i quarant’anni di Grease, presenta l’ultima opera di cui è protagonista (Gotti), e riceve il premio alla carriera Cinema Icon Award di Variety. Nella sua vita c’è una regola precisa: “Non guardare cosa fanno gli altri, segui la tua strada e non sentirti in competizione, altrimenti non realizzerai mai niente”, dice Travolta al pubblico. “Bisogna avere fiducia in se stessi, osservare, fare esperienza e imparare. Non servono i rimpianti. Le fonti d’ispirazione sono state mia sorella, anche lei attrice, e mia madre con la sua grande forza”. Il trucco è il dinamismo: “Mi sono sempre reinventato, perché voglio continuamente creare qualcosa di nuovo, altrimenti mi annoio”. E sulla sua carriera: “Mi è capitato di non avere nulla da spartire con i miei personaggi, ma nel cinema non ci sono regole. Bisogna saper andare oltre, scoprire emozioni sconosciute così, quando si arriva sul set, ci si cala nella parte”.
Ricorda anche il grande Marlon Brando: “Mi ha guardato dritto negli occhi e mi ha detto che solo se il regista è innamorato di te puoi raggiungere alti livelli. Bisogna fidarsi dei personaggi, della storia, e non si deve giudicare la moralità di nessuno. Solo così si può convincere lo spettatore a entrare nel racconto. Gli attori sono la mia famiglia. Pensate che in Face/Off io e Nicolas Cage ci imitavamo a vicenda anche nel tempo libero, perché dovevamo essere la stessa persona”.
La carriera di Travolta scorre veloce sul palco: “Quando nel 1977 ho interpretato La Febbre del sabato sera ero già famoso per avere recitato in una serie televisiva, così ho avuto la fortuna di non essere sopraffatto dalla celebrità. Per quel film mi sono allenato quotidianamente per sei mesi, da settembre a febbraio, per rendere credibile Tony Manero, il miglior ballerino di Brooklyn. A quel tempo a New York se sapevi recitare, cantare e ballare avevi buone possibilità di trovare un lavoro, per cui era nel mio interesse sapermi muovere a ritmo di musica”. L’anno dopo è arrivato Grease, ancora oggi fonte d’ispirazione: “Benicio Del Toro mi ha detto che a dodici anni lo ha visto per quattordici volte di fila. Poi ha deciso di diventare un attore”.
Nei ricordi non poteva mancare Pulp Fiction di Quentin Tarantino. “Credo che nessuno potesse immaginare la notorietà che ci avrebbe accompagnato dopo la Palma d’Oro. Ha cambiato l’esistenza e il destino di tutti noi, ha rimodellato la cultura pop. Tarantino è un grande e si fida dei suoi attori. Sapeva che sono imprevedibile, ma mi ha voluto ugualmente al suo fianco, ha avuto fiducia. Dopo Pulp Fiction sono stato libero di scegliere dove lavorare, e sono ventiquattro anni che ho questo privilegio”.
Le donne sono state molto importanti nella sua vita: “Dietro la macchina da presa sono meglio degli uomini. Sanno cosa vogliono e non esitano mai. Inoltre ti sostengono nei momenti difficili”. Infine arriva un consiglio per il quotidiano: “Per essere felice mi circondo di persone che hanno un’influenza positiva su di me. Dormo quanto basta, mi mantengo attivo e cerco di essere un bravo padre”.