Jonas Kaufmann non è solo il più acclamato tenore vivente (e, secondo molti pareri, il più grande). È anche un artista che, ad onta del successo planetario, sa parlare di sé, dei suoi successi, del mondo che lo circonda senza traccia di divismo, e con grande sincerità. Il 20 ottobre è tornado alla Scala per sostituire all’ultimo minuto il collega Francesco Meli (positivo al Covid) in un concerto diretto da Riccardo Chailly. E - prima di un concerto con brani d’opera a Bologna il 25 con l’Orchestra del Teatro Comunale diretta da Asher Fisch - il 22, sempre alla Scala, è stato protagonista di una serata di Lieder, accompagnato dall’amico pianista Helmut Deutsch: “il prossimo anno festeggeremo i 30 anni di sodalizio musicale. Come si dice in caso del trentennale delle nozze in italiano?, di perla, ecco”). Il programma era lo stesso contenuto nel nuovo cd Sony “Selige Stunde” (dal titolo di un Lied di Zemlinsky compreso nelle tracce, insieme a pagine di Mahler, Richard Strauss, Schumann, Brahms, Schubert, Grieg).
Ha spiegato Kaufmann: “I primavera eravamo entrambi bloccati in casa per la chiusura. Ero anche contento di potermi occupare del mio bambino appena nato, ma poi ho deciso che si doveva in qualche modo lavorare. Non è stato facile convincere le autorità a far venire da Vienna Deutsch, ma alla fine ci siamo riusciti, e così abbiamo incominciato a pensare insieme a questo programma, a studiarlo, sempre nel salotto di casa mia, per 3 settimane”.
Dunque ha visto la luce in questo momento drammatico?
“Sì, e forse lo si avverte. Non ci sono infatti acuti e pezzi di bravura, tutto è morbido, delicato, poetico. Si tratta di pagine che semplicemente ci sono piaciute molto, che abbiamo trovato adatte alla situazione”.
Come avete lavorato in queste 3 settimane?
“Abbiamo fatto il disco, ma anche tanti progetti che in futuro vedranno la luce, ma soprattutto ci è capitata una cosa che mai può succedere ad un musicista professionista: abbiamo suonato e cantato insieme, per ore, non per provare un concerto o una incisione, ma per la gioia di farlo. Per esempio abbiamo trovato una raccolta di canzoni viennesi bellissime, e ci siamo divertiti un sacco, io a cantarle, Helmut a suonarle”.
Il periodo che attraversiamo però è un periodo terribile
«Sì, in Germania i teatri sono sovvenzionati dallo Stato, non chiuderanno mai. La Scala non chiuderà mai. Ma ci sono tanti teatri che non vivono di sovvenzioni, che sono privati, e per loro il futuro è pesante. Così come per tanti giovani musicisti e cantanti. Eppure non si può rinunciare alla musica ed al teatro, a quelle 3 ore che ci portano in una realtà diversa.”
E la mancanza del suo pubblico, come l’ha vissuta?
“Devo ammettere che se dico che canto solo perché mi piace, o per la mia soddisfazione non dico la verità. Noi abbiamo bisogno del pubblico, dell’appaluso finale. Ho cantato in Don Carlo a Vienna dopo tanti mesi, e mi sono reso conto che tutti noi del cast eravamo felici di farlo, di ritrovarci, di ritrovare il pubblico”.
Ma Kaufmann ha un pensiero anche rivolto al Natale vicino: “uscirà, finalmente, un mio cd con i canti di Natale. Ce ne sono tanti che mi accompagnano sin dall’infanzia, sono felice di averli incisi. E poi – ritornando al privato – questo sarà un Natale nel quale mio figlio muoverà i suoi primi passi. Gli faremo l’albero, ma staremo attenti che non gli succeda quello che successe a me alla sua età: vidi l’albero e lo andai ad abbracciare: e cademmo io e l’albero! Per fortuna mio nonno aveva convinto i miei genitori a mettere le luci elettriche e non le candele vere accese, come si fa nella tradizione tedesca!”