«Elogio della sete»: questo il tema che José Tolentino Mendonça, sacerdote e teologo portoghese, ha proposto a papa Francesco quando l’ha invitato a predicare gli esercizi spirituali della Quaresima per la Curia romana. Come mai questa scelta? Padre Tolentino lo spiega in questa intervista a Credere ora che è appena arrivato in libreria il testo (Edizioni Vita e Pensiero) di quelle meditazioni.
Qual è la sete oggi più importante, alla quale il Vangelo deve dar risposta?
«Credere non significa avere le soluzioni né aver trovato le risposte. Credere è abitare il cammino, vivere dentro la ricerca. In questo senso, più che essere sazi di Dio, i credenti imparano i benefici della sete, l’importanza di vivere nel desiderio di Dio, nell’attesa. Un credente non possiede Dio, non lo addomestica per mezzo dei suoi rituali e delle sue credenze. Egli vive nell’attesa di Dio e della sua rivelazione che, in larga misura, è sempre sorprendente. Per questo, la sete è un “luogo” necessario nell’itinerario cristiano, che abbiamo bisogno di rivisitare».
Le sue meditazioni incominciano toccando il tema dello stupore. Perché?
«Il grande pericolo, in un viaggio interiore, è abituarci; così la routine finisce per dominare. Nella vita dei sacerdoti, ad esempio, c’è il ritiro annuale, che il calendario impone. A un certo momento, è come se un pilota automatico passasse a comandare la nostra vita. Lo stupore consiste, invece, nell’aprire gli occhi, poter renderci conto di ciò che siamo, guadagnando uno sguardo critico sulla nostra realtà».
Il Papa ha apprezzato il suo approccio, ossia il fatto che nelle meditazioni proposte lei ha intrecciato la spiegazione della Bibbia con la letteratura, la poesia, l’attualità...
«Quando mi ha invitato, mi ha detto di sentirmi molto libero e di essere me stesso. Da parte mia, mi sono adoperato perché le meditazioni fossero un dialogo con il pensiero di papa Francesco. Penso che la teologia non debba ridursi a ideologia né la spiritualità confondersi con un insieme di astrazioni. Il grande vantaggio nel commentare il testo biblico facendo ricorso all’antropologia, al cinema, alla letteratura, alle arti in genere è che ciò permette una traduzione esistenziale del messaggio cristiano».
Uno dei volti della sete spirituale di oggi è la solitudine. Abbracciare l’altro è quindi una necessità nel nostro tempo?
«È una necessità anche per il clero e per la Chiesa. È molto facile oggi, in ogni condizione di vita, provare la radicale solitudine dell’esistere e non trovar interlocutori per le grandi seti che abbiamo. Questa solitudine diventa una specie di peso. Sono necessari, per questo, momenti che ci aiutino a rompere il conformismo e a dar ascolto alla solitudine profonda che abbiamo dentro di noi. Non ascolteremo la voce di Dio se non ascoltiamo anche la voce di questa ferita, di questo peso che ci schiaccia, che molte volte condiziona la nostra speranza».
Un antidoto contro il consumismo imperante?
«Sì, la grande ideologia dominante nelle nostre società è il consumismo. Ora, la società del consumo non sopporta la sete: tutti i desideri devono essere realizzati il più velocemente possibile. Non c’è più spazio, ormai, per grandi seti e desideri, perché viviamo in una società che cerca una soddisfazione permanente e ingannevole. La società del consumo è, fondamentalmente, una società disumanizzata».
La secolarizzazione è un allontanamento da Dio o il riflesso di una sete di spiritualità?
«Non dobbiamo guardare alla secolarizzazione come a una barriera per l’annuncio del Vangelo. Il punto è come rendere il discorso di Dio rilevante per le nostre società, ossia come svegliare nei cuori un desiderio di assoluto, una sete di santità, come dice il Papa nell’esortazione Gaudete et Exsultate».
“Desiderio” non è parola sempre ben vista in ambito cattolico…
«Anche nelle nostre comunità cristiane c’è un deficit di sete e desiderio. Chiediamoci: quali sono i sogni che i cristiani hanno per il mondo, per la società, per se stessi, per gli altri? La dimensione della sete è molto importante, perché contraria a un certo cattolicesimo di sussistenza, di autoreferenzialità, che blocca lo spirito. I grandi santi, i mistici, i cristiani impegnati che hanno aiutato a scrivere pagine di storia sono state persone che ardevano di desiderio e vivevano di conseguenza. Il Papa costituisce oggi un motore straordinario del cattolicesimo perché sta tenendo viva questa sete, il sogno di un cristianesimo capace di oltrepassare sé stesso, generando una cultura dell’incontro, al servizio all’umanità. Non è un caso che tanta gente stia dando alla Chiesa una seconda opportunità grazie a papa Francesco».
In un capitolo del suo libro, dedicato alle donne dei Vangeli, lei afferma che – grazie ad esse – «c’è un flusso di realtà che interviene a modellare la fede. Che in tal modo non rimane prigioniera – come invece succede spesso a quello maschile – del razionalismo, della dottrina vissuta meccanicamente, del rito»…
«Papa Francesco sta mettendo deliberatamente la questione femminile nell’agenda ecclesiale, e ciò è molto importante. Ci sono delle pagine del Vangelo che non capiamo se non sono lette anche in chiave femminile. C’è una traduzione esistenziale della fede che solo le lacrime delle donne, il volto e la vita delle donne sono capaci di spiegare. C’è un patrimonio molto grande del femminile, in questi duemila anni di cristianesimo, che necessita di essere letto meglio ed essere più frequentato».
In uno dei testi sul cammino spirituale lei sostiene che fa bene ai credenti ascoltare i non credenti. Perché?
«La risposta è che in un non credente troviamo una sete molte volte in stato grezzo, in stato di domanda, in uno stato di purezza… Rispetto agli automatismi della fede, l’ignoranza che molte volte ha un non credente in rapporto alla fede, gli permette di avere uno sguardo critico e libero che fa bene ai credenti. Dio è un problema per tutti, non è solo una questione per i non credenti, Dio è una questione anche per i credenti».
Ci sono milioni di persone che vivono la sete fisica. Come ascoltare questa situazione che riguarda tante persone?
«Nella Laudato si’ papa Francesco mostra come la questione dell’acqua è assolutamente fondamentale per il futuro del mondo. Molto della giustizia o dell’ingiustizia dell’ordine presente ha a che vedere con l’accesso all’acqua potabile, con l’accesso ai beni, all’abitazione, al lavoro, alle condizioni di una vita degna. Papa Francesco ci sta aiutando molto a vivere un cristianesimo dai piedi piantati bene in terra, capace di ascoltare la voce della sofferenza umana».