I cardinali sono già quasi tutti disposti sulle sedie ben prima che cominci l’udienza, l’ultima di papa Benedetto nella Sala Clementina. Qualcuno si alza quando entra il cardinale Tarcisio Bertone, che, in qualità di Camerlengo, svolgerà l’ordinaria amministrazione dalle 20.00 di stasera, ora in cui comincia la sede vacante, e il momento dell’elezione del nuovo Papa. Il cardinale decano, Angelo Sodano, in attesa dell’ingresso di Benedetto, rivolge un saluto ai presenti, ma l’audio viene tolto dal circuito interno alla sala stampa vaticana. In chiaro vengono trasmesse solo le ultime parole con le quali il decano dà appuntamento ai cardinali elettori “nell’aula del Sinodo, nei prossimi giorni”.
Poi, quando, accolto da un caloroso applauso, Benedetto XVI, con le insegne rosse delle grandi occasioni, si siede sul trono pontificio, il cardinale Sodano riprende la parola, “con grande trepidazione”. Come i discepoli di Emmaus, sottolinea il decano, “ardeva il nostro cuore quando camminavamo con lei in questi ultimi otto anni”. Il Papa, con un discorso breve ma intenso, si rivolge direttamente ai cardinali. “Grazie per la vostra vicinanza e il vostro consiglio che sono stati di grande aiuto nel mio ministero”. Cita Romano Guardini, il grande teologo, del “quale conservo il libro con la dedica personale” per dire “un pensiero semplice che mi sta molto a cuore, un pensiero sulla Chiesa e sul suo mistero”. Un pensiero, appunto, formulato da Guardini “nell’anno in cui i padri durante il Vaticano II approvavano la Lumen Gentium”.
“La Chiesa - ecco il pensiero - non è una istituzione escogitata da qualcuno o costruita a tavolino, ma è una una realtà vivente che vive, anche trasformandosi, eppure nella sua natura rimane sempre la stessa e la sua natura è Cristo”. Benedetto XVI sottolinea che “questa è stata anche la nostra esperienza di ieri in piazza, vedere che la Chiesa è un corpo vivo, è nel mondo ma non è del mondo”. E citando ancora Guardini conclude: “la Chiesa si risveglia nelle anime, la Chiesa vive, cresce ed è ''opera dello Spirito santo”.
Quindi il Pontefice promette preghiera “soprattutto in questo momento perché siate docili allo Spirito”. E mentre Benedetto XVI ricorda che “tra di voi, nel collegio cardinalizio, c’è anche il futuro Papa al quale prometto incondizionata riverenza e obbedienza”, sottolinea anche che ”in questo otto anni abbiamo vissuto con fede momenti bellissimi di luce radiosa nel cammino della Chiesa, assieme a momenti in cui qualche nube si è addensata nel cielo. Abbiamo cercato di servire Cristo e la sua Chiesa con amore profondo e totale, che è l'anima del nostro ministero”.
Il Papa, infine, prima di salutare uno a uno i 144 cardinali presenti ha voluto ribadire che “abbiamo donato speranza, quella che ci viene da Cristo e che sola può illuminare il cammino. Insieme possiamo ringraziare il Signore che ci ha fatto crescere nella comunione; insieme pregarlo di aiutarvi a crescere ancora in questa unità profonda, cosicché il Collegio dei cardinali sia come un'orchestra, dove le diversità, espressione della Chiesa universale, concorrano sempre alla superiore e concorde armonia”.
Annachiara Valle
Il programma è stato curato fin nei minimi particolari. Giovedì 28, alle 11, il Papa saluta,
nella Sala Clementina, i circa 140 cardinali già presenti a Roma. E' la
prima cerimonia dell’ultimo giorno del suo pontificato. Nel pomeriggio, stando al programma
messo a punto dalla Prefettura della Casa Pontificia, alle 16.55 è
prevista la partenza in auto del Papa dal Cortile di San Damaso, dove
saluta i superiori della Segreteria di Stato e viene salutato dal
picchetto d’onore della Guardia Svizzera.
All’eliporto il saluto del
cardinale decano, poco dopo le 17 parte il corteo. L’arrivo a Castel
Gandolfo è previsto alle 17.15, dove il Papa è accolto dal presidente
e dal segretario del Governatorato Vaticano, dal responsabile delle
Ville Pontificie, dal vescovo di Albano, dal sindaco e dal parroco di
Castel Gandolfo. Alle 17.30, il Papa si affaccia dalla loggia centrale
del palazzo apostolico per salutare i fedeli. Alle 20, quando cessa il
pontificato e inizia la Sede Vacante, la Guardia Svizzera terminerà
il suo servizio. L'incarico di garantire la sicurezza a Benedetto passa alla Gendarmeria pontificia.
Oltre 55 mila biglietti distribuiti dalla Casa Pontificia nei settori riservati e altri centomila i fedeli che riempiono il resto di piazza San Pietro e l’inizio di via della Conciliazione. “Saremo sempre con il Papa”,
sventola uno striscione al centro della folla. “La grandezza de un
hombre ne la humilde de un papa”, recita un altro. È una piazza colorata
che attende il Papa per l’ultima udienza del suo Pontificato.
Il Papa la percorre tutta a bordo della Papamobile bianca prima di
salire sul sagrato. «Il Papa si sente sicuro nell’abbraccio della loro
comunione», dirà nel corso dell’udienza. È l’ultimo saluto a Roma e ai
pellegrini giunti da tutto il mondo prima di quello, definitivo, giovedì 28,
ai fedeli di Castel Gandolfo.
Poi, dalle 20.00 dell'ultimo giorno di febbraio la Guardia svizzera, deputata alla
custodia del Papa regnante, lascerà Benedetto XVI, Pontefice emerito, e
rientrerà in Vaticano. «Non ritorno alla vita privata», spiega papa Ratzinger, «a una vita di viaggi, incontri, ricevimenti, conferenze. Non abbandono la croce, ma resto in modo nuovo presso il Signore Crocifisso».
«Ho voluto bene a tutti, ogni giorno ho portato ciascuno di voi nella
preghiera. Vorrei che il mio saluto e il mio ringraziamento giunga a
tutti. Il cuore del Papa si allarga al mondo intero».
Il Papa ringrazia in modo particolare quanti gli sono stati vicini in questi anni «Un
Papa non è solo nella guida della barca di Pietro, anche se è sua la
prima responsabilità. IO non mi sono mai sentito solo nel portare la
gioia e il peso del ministero petrino. Il Signore mi ha messo accanto
tante persone che, con generosità e amore a Dio e alla Chiesa, mi hanno
aiutato e mi sono state vicine. Ad iniziare dal mio Segretario di Stato
che mi ha accompagnato con fedeltà in questi anni».
Poi, spesso
interrotto dagli applausi, ha spiegato il perché della sua decisione
insistendo sulle «forze diminuite. Ho chiesto a Dio con insistenza,
nella preghiera, di illuminarmi con la sua luce per armi prendere la
decisione più giusta non per il mio bene, ma per il bene della Chiesa».
In prima fila, ad ascoltare il Papa, un nutrito gruppo di cardinali e
vescovi e diverse autorità religiose e civili.
Tra i cardinali presenti
l'arcivescovo di Vienna Christoph Schoenborn, quello di Boston Sean
O'Malley, Joao Braz de Aviz, il filippino Luis Antonio Tagle,
l'arcivescovo di Monaco Reinhard Marx, Donald Wuerl (Washington), Roger
Mahony (Los Angeles), il ghanese Peter Turkson, l'australiano Georg
Pell, il messicano Norberto Rivera Carrera, John Tong (Hong Kong),
Bernard Law. TRa gli italiani il cardinale Giovanni Battista Re, il
segretario di Stato Tarcisio Bertone, i cardinali Angelo Bagnasco, Ennio
Antonelli, Salvatore De Giorgi ed Herrand (che hanno fatto parte della
commisisone cardinalizia (con loro anche Tomko) inacricata di indagare
sul caso Vatileaks.
Sono presenti anche il Granduca
ereditario Guillaume de Luxembourg, il ministro della Salute Renato
Balduzzi, Jorge Fernandez Diaz, ministro degli Interni di Spagna, Maria
Voce, leader dei Movimento dei Focolari, Kiko Arguello, leader del
Cammino Neocatecumenale, Frere Alois, di Taizé, il presidente slovacco
Ivan Gasparovic e il presidente della Baviera Horst Seehofer. A
conclusione dell'udienza, il Papa riceve nella sala Clementina del
palazzo apostolico il presidente slovacco, il presidente bavarese
Seehofer, Teodoro Lonfernini e Denise Bronzetti, Capitani reggenti della
Repubblica di San Marino, Joan Enric Vives i Sicilia, Arcivescovo di
Urgell e Co-Principe di Andorra.
Annachiara Valle
BENEDETTO XVI
UDIENZA GENERALE
Piazza San Pietro
Mercoledì,
27 febbraio 2013
Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato!
Distinte Autorità!
Cari fratelli e sorelle!
Vi ringrazio di essere venuti così numerosi a questa mia ultima Udienza
generale.
Grazie di cuore! Sono veramente commosso! E vedo la Chiesa viva! E penso
che dobbiamo anche dire un grazie al Creatore per il tempo bello che ci
dona adesso ancora nell’inverno.
Come l’apostolo Paolo nel testo biblico che abbiamo ascoltato, anch’io
sento nel mio cuore di dover soprattutto ringraziare Dio, che guida e fa
crescere la Chiesa, che semina la sua Parola e così alimenta la fede
nel suo Popolo. In questo momento il mio animo si allarga ed abbraccia
tutta la Chiesa sparsa nel mondo; e rendo grazie a Dio per le «notizie»
che in questi anni del ministero petrino ho potuto ricevere circa la
fede nel Signore Gesù Cristo, e della carità che circola realmente nel
Corpo della Chiesa e lo fa vivere nell’amore, e della speranza che ci
apre e ci orienta verso la vita in pienezza, verso la patria del Cielo.
Sento di portare tutti nella preghiera, in un presente che è quello di
Dio, dove raccolgo ogni incontro, ogni viaggio, ogni visita pastorale.
Tutto e tutti raccolgo nella preghiera per affidarli al Signore: perché
abbiamo piena conoscenza della sua volontà, con ogni sapienza e
intelligenza spirituale, e perché possiamo comportarci in maniera degna
di Lui, del suo amore, portando frutto in ogni opera buona (cfr Col
1,9-10).
In questo momento, c’è in me una grande fiducia, perché so, sappiamo
tutti noi, che la Parola di verità del Vangelo è la forza della Chiesa, è
la sua vita. Il Vangelo purifica e rinnova, porta frutto, dovunque la
comunità dei credenti lo ascolta e accoglie la grazia di Dio nella
verità e nella carità. Questa è la mia fiducia, questa è la mia gioia.
Quando, il 19 aprile di quasi otto anni fa, ho accettato di assumere il
ministero petrino, ho avuto la ferma certezza che mi ha sempre
accompagnato: questa certezza della vita della Chiesa dalla Parola di
Dio. In quel momento, come ho già espresso più volte, le parole che sono
risuonate nel mio cuore sono state: Signore, perché mi chiedi questo e
che cosa mi chiedi? E’ un peso grande quello che mi poni sulle spalle,
ma se Tu me lo chiedi, sulla tua parola getterò le reti, sicuro che Tu
mi guiderai, anche con tutte le mie debolezze.
E otto anni dopo posso dire che il Signore mi ha guidato, mi è stato
vicino, ho potuto percepire quotidianamente la sua presenza. E’ stato un
tratto di cammino della Chiesa che ha avuto momenti di gioia e di luce,
ma anche momenti non facili; mi sono sentito come san Pietro con gli
Apostoli nella barca sul lago di Galilea: il Signore ci ha donato tanti
giorni di sole e di brezza leggera, giorni in cui la pesca è stata
abbondante; vi sono stati anche momenti in cui le acque erano agitate ed
il vento contrario, come in tutta la storia della Chiesa, e il Signore
sembrava dormire. Ma ho sempre saputo che in quella barca c’è il Signore
e ho sempre saputo che la barca della Chiesa non è mia, non è nostra,
ma è sua. E il Signore non la lascia affondare; è Lui che la conduce,
certamente anche attraverso gli uomini che ha scelto, perché così ha
voluto. Questa è stata ed è una certezza, che nulla può offuscare.
Ed è per questo che oggi il mio cuore è colmo di ringraziamento a Dio
perché non ha fatto mai mancare a tutta la Chiesa e anche a me la sua
consolazione, la sua luce, il suo amore.
Siamo nell’Anno della fede, che ho voluto per rafforzare proprio la
nostra fede in Dio in un contesto che sembra metterlo sempre più in
secondo piano. Vorrei invitare tutti a rinnovare la ferma fiducia nel
Signore, ad affidarci come bambini nelle braccia di Dio, certi che
quelle braccia ci sostengono sempre e sono ciò che ci permette di
camminare ogni giorno, anche nella fatica. Vorrei che ognuno si sentisse
amato da quel Dio che ha donato il suo Figlio per noi e che ci ha
mostrato il suo amore senza confini. Vorrei che ognuno sentisse la gioia
di essere cristiano. In una bella preghiera da recitarsi
quotidianamente al mattino si dice: «Ti adoro, mio Dio, e ti amo con
tutto il cuore. Ti ringrazio di avermi creato, fatto cristiano…».
Sì, siamo contenti per il dono della fede; è il bene più prezioso, che
nessuno ci può togliere! Ringraziamo il Signore di questo ogni giorno,
con la preghiera e con una vita cristiana coerente. Dio ci ama, ma
attende che anche noi lo amiamo!
Ma non è solamente Dio che voglio ringraziare in questo momento. Un Papa
non è solo nella guida della barca di Pietro, anche se è la sua prima
responsabilità. Io non mi sono mai sentito solo nel portare la gioia e
il peso del ministero petrino; il Signore mi ha messo accanto tante
persone che, con generosità e amore a Dio e alla Chiesa, mi hanno
aiutato e mi sono state vicine. Anzitutto voi, cari Fratelli Cardinali:
la vostra saggezza, i vostri consigli, la vostra amicizia sono stati per
me preziosi; i miei Collaboratori, ad iniziare dal mio Segretario di
Stato che mi ha accompagnato con fedeltà in questi anni; la Segreteria
di Stato e l’intera Curia Romana, come pure tutti coloro che, nei vari
settori, prestano il loro servizio alla Santa Sede: sono tanti volti che
non emergono, rimangono nell’ombra, ma proprio nel silenzio, nella
dedizione quotidiana, con spirito di fede e umiltà sono stati per me un
sostegno sicuro e affidabile.
Un pensiero speciale alla Chiesa di Roma, la mia Diocesi! Non posso
dimenticare i Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato, le persone
consacrate e l’intero Popolo di Dio: nelle visite pastorali, negli
incontri, nelle udienze, nei viaggi, ho sempre percepito grande
attenzione e profondo affetto; ma anch’io ho voluto bene a tutti e a
ciascuno, senza distinzioni, con quella carità pastorale che è il cuore
di ogni Pastore, soprattutto del Vescovo di Roma, del Successore
dell’Apostolo Pietro. Ogni giorno ho portato ciascuno di voi nella
preghiera, con il cuore di padre.
Vorrei che il mio saluto e il mio ringraziamento giungesse poi a tutti:
il cuore di un Papa si allarga al mondo intero. E vorrei esprimere la
mia gratitudine al Corpo diplomatico presso la Santa Sede, che rende
presente la grande famiglia delle Nazioni. Qui penso anche a tutti
coloro che lavorano per una buona comunicazione e che ringrazio per il
loro importante servizio.
A questo punto vorrei ringraziare di vero cuore anche tutte le numerose
persone in tutto il mondo, che nelle ultime settimane mi hanno inviato
segni commoventi di attenzione, di amicizia e di preghiera.
Sì, il Papa non è mai solo, ora lo sperimento ancora
una volta in un modo così grande che tocca il cuore. Il Papa appartiene a
tutti e tantissime persone si sentono molto vicine a lui. E’ vero che
ricevo lettere dai grandi del mondo – dai Capi di Stato, dai Capi
religiosi, dai rappresentanti del mondo della cultura eccetera. Ma
ricevo anche moltissime lettere da persone semplici che mi scrivono
semplicemente dal loro cuore e mi fanno sentire il loro affetto, che
nasce dall’essere insieme con Cristo Gesù, nella Chiesa. Queste persone
non mi scrivono come si scrive ad esempio ad un principe o ad un grande
che non si conosce. Mi scrivono come fratelli e sorelle o come figli e
figlie, con il senso di un legame familiare molto affettuoso.
Qui si può toccare con mano che cosa sia Chiesa – non un’organizzazione,
un’associazione per fini religiosi o umanitari, ma un corpo vivo, una
comunione di fratelli e sorelle nel Corpo di Gesù Cristo, che ci unisce
tutti. Sperimentare la Chiesa in questo modo e poter quasi toccare con
le mani la forza della sua verità e del suo amore, è motivo di gioia, in
un tempo in cui tanti parlano del suo declino.
Ma vediamo come la
Chiesa è viva oggi!
In questi ultimi mesi, ho sentito che le mie forze erano diminuite, e ho
chiesto a Dio con insistenza, nella preghiera, di illuminarmi con la
sua luce per farmi prendere la decisione più giusta non per il mio bene,
ma per il bene della Chiesa.
Ho fatto questo passo nella piena consapevolezza della sua gravità e
anche novità, ma con una profonda serenità d’animo. Amare la Chiesa
significa anche avere il coraggio di fare scelte difficili, sofferte,
avendo sempre davanti il bene della Chiesa e non se stessi.
Qui permettetemi di tornare ancora una volta al 19 aprile 2005. La
gravità della decisione è stata proprio anche nel fatto che da quel
momento in poi ero impegnato sempre e per sempre dal Signore. Sempre –
chi assume il ministero petrino non ha più alcuna privacy. Appartiene
sempre e totalmente a tutti, a tutta la Chiesa. Alla sua vita viene, per
così dire, totalmente tolta la dimensione privata. Ho potuto
sperimentare, e lo sperimento precisamente ora, che uno riceve la vita
proprio quando la dona.
Prima ho detto che molte persone che amano il
Signore amano anche il Successore di san Pietro e sono affezionate a
lui; che il Papa ha veramente fratelli e sorelle, figli e figlie in
tutto il mondo, e che si sente al sicuro nell’abbraccio della vostra
comunione; perché non appartiene più a se stesso, appartiene a tutti e
tutti appartengono a lui.
Il “sempre” è anche un “per sempre” - non c’è più un ritornare nel
privato. La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del
ministero, non revoca questo. Non ritorno alla vita privata, a una vita
di viaggi, incontri, ricevimenti, conferenze eccetera. Non abbandono la
croce, ma resto in modo nuovo presso il Signore Crocifisso. Non porto
più la potestà dell’officio per il governo della Chiesa, ma nel servizio
della preghiera resto, per così dire, nel recinto di san Pietro. San
Benedetto, il cui nome porto da Papa, mi sarà di grande esempio in
questo. Egli ci ha mostrato la via per una vita, che, attiva o passiva,
appartiene totalmente all’opera di Dio.
Ringrazio tutti e ciascuno anche per il rispetto e la comprensione con
cui avete accolto questa decisione così importante. Io continuerò ad
accompagnare il cammino della Chiesa con la preghiera e la riflessione,
con quella dedizione al Signore e alla sua Sposa che ho cercato di
vivere fino ad ora ogni giorno e che vorrei vivere sempre. Vi chiedo di
ricordarmi davanti a Dio, e soprattutto di pregare per i Cardinali,
chiamati ad un compito così rilevante, e per il nuovo Successore
dell’Apostolo Pietro: il Signore lo accompagni con la luce e la forza
del suo Spirito.
Invochiamo la materna intercessione della Vergine Maria Madre di Dio e
della Chiesa perché accompagni ciascuno di noi e l’intera comunità
ecclesiale; a Lei ci affidiamo, con profonda fiducia.
Cari amici! Dio guida la sua Chiesa, la sorregge sempre anche e
soprattutto nei momenti difficili. Non perdiamo mai questa visione di
fede, che è l’unica vera visione del cammino della Chiesa e del mondo.
Nel nostro cuore, nel cuore di ciascuno di voi, ci sia sempre la gioiosa
certezza che il Signore ci è accanto, non ci abbandona, ci è vicino e
ci avvolge con il suo amore.
Grazie!
L'ultimo giorno del pontificato di Benedetto XVI domina i giornali di tutto il mondo, a cominciare da quelli europei. Messe da parte, almeno per ora, le analisi sul prossimo Conclave e le prospettive future della Chiesa, i media si concentrano sui bilanci finali del ministero svolto da Joseph Ratzinger.
Critica la stampa tedesca - Il giornale conservatore Die Welt sostiene che nell'ammettere che le sue
forze fisiche non lo sostengono più, il Papa «ha parlato come un capo
del governo o l'amministratore delegato di un'azienda, non come un Santo
Padre». Con il titolo "Infallibile solo nelle dimissioni" la
progressista Berliner Zeitung rileva che le lodi sul «modesto
intellettuale che è stato una benedizione per la Chiesa» suonano come «un apprezzamento per il portiere della nazionale, che non para i tiri
in porta, ma in compenso compie splendide rovesciate». Duro anche il
commento di prima pagina del conservatore Frankfurter Allgemeine
Zeitung (Faz), secondo il quale «il culto della persona ha assunto
forme quasi blasfeme, fino al punto che Benedetto XVI anche in pensione
si fa chiamare Sua Santità». Esaminando l'operato di Joseph Ratzinger e
del suo predecessore, Giovanni Paolo II, ancora Faz sottolinea
che «entrambi i Papi, ciascuno a suo modo, hanno acuito la crisi
dell'autorità nella Chiesa e l'autorità della Chiesa nel mondo».
Papa sereno, Chiesa febbrile - In Francia «Giornata storica per il Vaticano» è il titolo de Le Point che si sofferma sull'ultimo giorno di un pontefice e sui suoi possibili successori: una «dozzina di papabili» che vanno dall'italiano Gianfranco Ravasi al ghanese Turkson fino al brasiliano Scherer. «Chi guiderà la barca di Pietro», si chiede invece Le Figaro sottolineando come in queste ore si confrontino «la tranquilla serenità di un Papa che sa di aver fatto la scelta giusta con la febbrilità in seno al Senato della Chiesa che accusa ancora il colpo». In un altro articolo il foglio conservatore riporta l'esito di un sondaggio ai cattolici francesi: «Solo il 6 per cento pensa che la Chiesa esca rafforzata» dal pontificato di Benedetto XVI. «Un pontificato incompiuto» è infine il titolo di Le Monde secondo il quale, su alcuni temi, le scelte del pontefice «sono risuonato come una sorta di rinuncia».
Pontificato incompiuto - «Il Papa ringrazia il gregge nella sua ultima udienza» è il titolo del britannico The Guardian che in un commento intitolato «I crimini della Chiesa cattolica: non in nostro nome» e firmato da Joanna Moorhead evidenzia che «se la Chiesa avesse ascoltato i suoi fedeli, e soprattutto le sue donne, avrebbe potuto evitare tanto dolore». Il Daily Telegraph titola "Si esaurisce il tempo del Papa, l'ultimo giorno di Bendetto XVI nella sua funzione" e in un altro articolo, intitolato "Un cardinale critica Benedetto XVI nel suo ultimo giorno" riporta le dichiarazioni dell'australiano George Pell, secondo il quale Ratzinger «è stato un maestro brillante» ma «il governo della Chiesa non è stato il suo punto forte. Preferirei qualcuno che guidi la Chiesa e la riunisca un po'».
Non scendo dalla croce - Sui giornali spagnoli, invece, prevale più una lettura pastorale del gesto di Benedetto XVI partendo dalle parole che il pontefice ha pronunciato mercoledì 27 nell'ultima udienza generale in Piazza San Pietro. "Ho vissuto momenti con le acque agitate", titola in prima pagina il catalano La Vanguardia. "Benedizione finale", è il titolo su El Diario mentre il giornale di Madrid Abc, dove in passato lavorava anche l'ex portavoce vaticano Navarro Valls, sottolinea le parole del Papa che ha annunciato che con le dimissioni non abbandona la Croce.
Primavera vaticana? - Oltreoceano il New York Times, in un commento, si chiede se ci si attenda «una primavera vaticana», nel segno di quelle del mondo arabo. E osserva come «in questa drammatica situazione alla Chiesa occorra un Papa non intellettualmente ancorato al Medioevo ma aperto alle preoccupazioni della Riforma e alla modernità». «Il Papa dà il suo addio a San Pietro» titola invece il Wall Street Journal mentre il Washington Post avverte che, dopo l'addio di Ratzinger, ora «tutte le attenzioni saranno sul Conclave».
Antonio Sanfrancesco
All'indomani della rinuncia di Benedetto XVI, era stata la prima
curiosità dei giornalisti. Come bisognerà chiamare Joseph Ratzinger una
volta che avrà lasciato il soglio pontificio? E come vestirà? Tornerà ad
essere cardinale? Domande che, vista la situazione completamente
inedita e senza precedenti nella storia recente della Chiesa, avevano
spiazzato anche il portavoce della Sala Stampa vaticana padre Federico
Lombardi.
A distanza di qualche giorno, le risposte sono arrivate.
Ratzinger, ha
spiegato Lombardi, conserva il nome papale anche dopo le ore 20 del 28
febbraio, quando si conclude ufficialmente il pontificato e inizia
la sede vacante: continua a
chiamarsi Benedetto XVI e ci si rivolge a lui con il titolo di "Sua Santità".
Diventa «Papa emerito» o «Romano Pontefice emerito».
Quanto all'abbigliamento, il portavoce vaticano ha
spiegato che Ratzinger continua a vestirsi di bianco, ma con la veste
talare
semplice, senza la mantellina. Inoltre è previsto che non porti più i mocassini rossi
che calzano tradizionalmente i Papi.
Benedetto XVI ne aveva anche di
marroni», ha spiegato il portavoce, «e in particolare era molto contento
per un paio di scarpe che gli sono
state donate durante il viaggio in Messico del 2012, a Leòn. Continuerà a
indossarle perché le ha trovate molto comode».
L'anello del pescatore,
invece, utilizzato come sigillo, viene distrutto la sera di giovedì 28.
Di questo se ne occupa il cardinale Camerlengo, che è l'attuale
Segretario di Stato Tarcisio Bertone, insieme ai suoi collaboratori.
In vista del trasloco a Castelgandolfo, inoltre, il Papa porterà solo
gli appunti «di carattere personale». Padre Lombardi ha spiegato che
nell’appartamento papale è stata effettuata la selezione tra i
documenti di
Benedetto XVI che riguardano il governo della Chiesa, tra cui lo
scottante dossier su Vatileaks che è stato secretato e vedrà il suo
successore, o anche il periodo
in cui era prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, «che
vanno agli archivi competenti», e gli appunti di carattere più
personale «che lo seguiranno nella nuova residenza». Ratzinger, insomma,
si "prepara" alla nuova vita di Papa emerito.
Antonio Sanfrancesco
Viva ammirazione per il coraggio di Benedetto XVI. Al tempo stesso, grandi attese per il nuovo Pontefice, chiamato a misurarsi con enormi sfide, tanto interne alla Chiesa (maggiore collegialità e necessità di proseguire nell’opera di “pulizia”), quanto esterne, con il rilancio del dialogo ecumenico e interreligioso e un più convinto servizio ai poveri. Questi i sentimenti prevalenti tra i missionari italiani: circa cento di essi, nei giorni scorsi, si sono dati appuntamento a Trevi (Perugia) per un incontro di condivisione e formazione permanente.
Padre Giuseppe Caramazza, comboniano e giornalista, missionario in Kenya, ora a Londra, dice che a colpirlo è stata «la portata storica dell’evento. Un Papa che sa farsi da parte per il bene della Chiesa è un segno per tutti di come ci si debba avvicinare al servizio dell’autorità». Di gesto profetico – «Benedetto XVI è come una candela che si consuma nel silenzio per il bene del popolo di Dio» – parla suor Felicita Muthoni Nyaga, Missionaria della Consolata; originaria del Kenya, ha lavorato nello Stato brasiliano di Roraima, tra gli indios Yanomami: «Il nostro Papa è stato coraggioso nel mettere in evidenza certa “sporcizia” presente nella Chiesa. Ora il suo sacrificio purificherà la Chiesa».
Per suor Sonia Sala, giovane Missionaria dell’Immacolata, con alle spalle un’esperienza in Brasile, il gesto di Benedetto XVI «non è dettato dalla fuga dalla responsabilità», anzi. «L’umile presa di coscienza dell’impossibilità concreta di portare verso acque più profonde la barca di Pietro è forse ciò che in questo momento rende Benedetto XVI più simile all’apostolo che, dopo aver fatto tutto ciò che doveva,si lascia condurre da un Altro. Un gesto che rende il Papa ancora più umano». La Comboniana suor Tarcisia Ciavarella, già attiva in Messico e Centrafrica, sottolinea che «la scelta di papa Ratzinger significa che veramente vuole il bene della Chiesa: decidendo di ritirarsi a pregare, mostra di credere nella forza dello Spirito che guida la barca di Pietro».
Cosa si aspetta dal nuovo Papa? Quali le priorità della sua “agenda”? Padre Godfrey Msumange,
giovane Missionario della Consolata proveniente dalla Tanzania,
esordisce così:«Ben venga se il nuovo Papa fosse un figlio dell’Africa!
Ma questa è la logica umana, lo Spirito Santo non segue le statistiche.
Mi aspetto che il nuovo Papa passi sempre di più da una visione
eurocentrica a una policentrica». Concorda padre Caramazza: «Il nuovo
Papa dovrà affrontare la questione del decentramento della Chiesa, sulla
scia del Concilio. Le
Chiese locali hanno bisogno di più libertà in
campo liturgico, nella disciplina ecclesiastica,
nella scelta delle loro guide, quantomeno
a livello continentale. Imboccare questa
strada, salvaguardando l’unità della Chiesa, è
urgente e non facile, ma importante».
La pensa così anche padre Bruno Piccolo,
del Pime, già attivo nelle Filippine e negli
Usa: «Tra le priorità per il nuovo Pontefice vedo
una spinta più decisa in direzione della
collegialità, con un maggiore protagonismo
degli organismi episcopali continentali. Penso,
inoltre, che il futuro Papa potrebbe continuare
nella riflessione su un nuovo senso
del ministero petrino in chiave ecumenica,
già avviata da Wojtyla».
Suor Maria Luisa Casiraghi,
Missionaria della Consolata, operante
in Etiopia e ora incaricata a livello europeo,
distingue: «Per quanto riguarda la Chiesa
al suo interno, auspico una sempre più
profonda trasparenza della vita e delle azioni
delle persone che hanno scelto di seguire
più da vicino Gesù. Le sfide che vengono
dall’esterno, poi, sono molte. Mi auguro che
il Papa ascolti il grido dei nuovi poveri».
Un Papa «capace prima di tutto di “sentire
con il cuore” il grido dei più emarginati nella
Chiesa»: è quanto auspica anche suor Ciavarella,
che si augura un successore di Pietro «che
favorisca i processi di inculturazione del Vangelo
nei vari Paesi e la dimensione missionaria
della Chiesa».
Anche per il Saveriano padre-Mario Menin, direttore di Missione Oggi,
già missionario in Brasile, accanto al dialogo ecumenico e all’incontro
tra le religioni è assolutamente prioritaria, per il prossimo Papa,
«la riscoperta della necessità di evangelizzare, così come percepita da
san Paolo (Guai a me se non predicassi il Vangelo!). Alle volte si ha
l’impressione che questo “guai” non bruci dentro al cuore della Chiesa
gerarchica».
Padre Rosario Giannattasio, superiore dei Saveriani per l’Italia e presidente dell’Emi
(Editrice missionaria italiana), si augura che il nuovo Papa aiuti la
Chiesa a «riprendere un confronto aperto e sereno con il mondo»e che
«pastori e teologi sappiano percorrere strade nuove perché la Chiesa sia
capace di dare una testimonianza attuale e originale,diventando segno
di speranza per tutti».
«La questione della fede, della sua “custodia”e della sua comunicazione al mondo» è,per padre Livio Maggi, numero due del Pime, già
impegnato in Thailandia, la priorità assoluta per chi salirà al soglio
di Pietro. C’è,infine, l’urgenza di rilanciare l’ecumenismo e il dialogo
con le altre religioni. «Le polemiche nei confronti dell’islam sono
state montate,mentre l’intervento di Benedetto XVI a Ratisbona ha
aiutato a rompere un muro, facendo nascere una riflessione comune».
Conclude padre Maggi: «Nel suo ministero papa Benedetto XVI non ha avuto
paura di andare controcorrente, mettendo in conto reazioni anche
violente dei mass media. Spero che il suo successore faccia
altrettanto».
Gerolamo Fazzini