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venerdì 20 settembre 2024
 
 

Joseph, ultimo giorno da Papa

28/02/2013  Il commiato dai cardinali e il trasferimento in elicottero a Gastel Gandolfo: dalle 20 sarà "Sede vacante". Le priorità che la Chiesa si trova a fronteggiare viste dai missionari.

I cardinali sono già quasi tutti disposti sulle sedie ben prima che cominci l’udienza, l’ultima di papa Benedetto nella Sala Clementina. Qualcuno si alza quando entra il cardinale Tarcisio Bertone, che, in qualità di Camerlengo, svolgerà l’ordinaria amministrazione dalle 20.00 di stasera, ora in cui comincia la sede vacante, e il momento dell’elezione del nuovo Papa. Il cardinale decano, Angelo Sodano, in attesa dell’ingresso di Benedetto, rivolge un saluto ai presenti, ma l’audio viene tolto dal circuito interno alla sala stampa vaticana. In chiaro vengono trasmesse solo le ultime parole con le quali il decano dà appuntamento ai cardinali elettori “nell’aula del Sinodo, nei prossimi giorni”.

Poi, quando, accolto da un caloroso applauso, Benedetto XVI, con le insegne rosse delle grandi occasioni, si siede sul trono pontificio, il cardinale Sodano riprende la parola, “con grande trepidazione”. Come i discepoli di Emmaus, sottolinea il decano, “ardeva il nostro cuore quando camminavamo con lei in questi ultimi otto anni”. Il Papa, con un discorso breve ma intenso, si rivolge direttamente ai cardinali. “Grazie per la vostra vicinanza e il vostro consiglio che sono stati di grande aiuto nel mio ministero”. Cita Romano Guardini, il grande teologo, del “quale conservo il libro con la dedica personale” per dire “un pensiero semplice che mi sta molto a cuore, un pensiero sulla Chiesa e sul suo mistero”. Un pensiero, appunto, formulato da Guardini “nell’anno in cui i padri durante il Vaticano II approvavano la Lumen Gentium”.

“La Chiesa - ecco il pensiero - non è una istituzione escogitata da qualcuno o costruita a tavolino, ma è una una realtà vivente che vive, anche trasformandosi, eppure nella sua natura rimane sempre la stessa e la sua natura è Cristo”. Benedetto XVI sottolinea che “questa è stata anche la nostra esperienza di ieri in piazza, vedere che la Chiesa è un corpo vivo, è nel mondo ma non è del mondo”. E citando ancora Guardini conclude: “la Chiesa si risveglia nelle anime, la Chiesa vive, cresce ed è ''opera dello Spirito santo”.

Quindi il Pontefice promette preghiera “soprattutto in questo momento perché siate docili allo Spirito”. E mentre Benedetto XVI ricorda che “tra di voi, nel collegio cardinalizio, c’è anche il futuro Papa al quale prometto incondizionata riverenza e obbedienza”, sottolinea anche che ”in questo otto anni abbiamo vissuto con fede momenti bellissimi di luce radiosa nel cammino della Chiesa, assieme a momenti in cui qualche nube si è addensata nel cielo. Abbiamo cercato di servire Cristo e la sua Chiesa con amore profondo e totale, che è l'anima del nostro ministero”.

Il Papa, infine, prima di salutare uno a uno i 144 cardinali presenti ha voluto ribadire che “abbiamo donato speranza, quella che ci viene da Cristo e che sola può illuminare il cammino. Insieme possiamo ringraziare il Signore che ci ha fatto crescere nella comunione; insieme pregarlo di aiutarvi a crescere ancora in questa unità profonda, cosicché il Collegio dei cardinali sia come un'orchestra, dove le diversità, espressione della Chiesa universale, concorrano sempre alla superiore e concorde armonia”.

Annachiara Valle

Il programma è stato curato fin nei minimi particolari. Giovedì 28, alle 11, il Papa saluta, nella Sala Clementina, i circa 140 cardinali già presenti a Roma. E' la prima cerimonia dell’ultimo giorno del suo pontificato. Nel pomeriggio, stando al programma messo a punto dalla Prefettura della Casa Pontificia, alle 16.55 è prevista la partenza in auto del Papa dal Cortile di San Damaso, dove saluta i superiori della Segreteria di Stato e viene salutato dal picchetto d’onore della Guardia Svizzera.

All’eliporto il saluto del cardinale decano, poco dopo le 17 parte il corteo. L’arrivo a Castel Gandolfo è previsto alle 17.15, dove il Papa è accolto dal presidente e dal segretario del Governatorato Vaticano, dal responsabile delle Ville Pontificie, dal vescovo di Albano, dal sindaco e dal parroco di Castel Gandolfo. Alle 17.30, il Papa si affaccia dalla loggia centrale del palazzo apostolico per salutare i fedeli. Alle 20, quando cessa il pontificato e inizia la Sede Vacante, la Guardia Svizzera terminerà il suo servizio. L'incarico di garantire la sicurezza a Benedetto passa alla Gendarmeria pontificia.

Oltre 55 mila biglietti distribuiti dalla Casa Pontificia nei settori riservati e altri centomila i fedeli che riempiono il resto di piazza San Pietro e l’inizio di via della Conciliazione. “Saremo sempre con il Papa”, sventola uno striscione al centro della folla. “La grandezza de un hombre ne la humilde de un papa”, recita un altro. È una piazza colorata che attende il Papa per l’ultima udienza del suo Pontificato.

Il Papa la percorre tutta a bordo della Papamobile bianca prima di salire sul sagrato. «Il Papa si sente sicuro nell’abbraccio della loro comunione», dirà nel corso dell’udienza. È l’ultimo saluto a Roma e ai pellegrini giunti da tutto il mondo prima di quello, definitivo, giovedì 28, ai fedeli di Castel Gandolfo.

Poi, dalle 20.00 dell'ultimo giorno di febbraio la Guardia svizzera, deputata alla custodia del Papa regnante, lascerà Benedetto XVI, Pontefice emerito, e rientrerà in Vaticano. «Non ritorno alla vita privata», spiega papa Ratzinger, «a una vita di viaggi, incontri, ricevimenti, conferenze. Non abbandono la croce, ma resto in modo nuovo presso il Signore Crocifisso». «Ho voluto bene a tutti, ogni giorno ho portato ciascuno di voi nella preghiera. Vorrei che il mio saluto e il mio ringraziamento giunga a tutti. Il cuore del Papa si allarga al mondo intero».

Il Papa ringrazia in modo particolare quanti gli sono stati vicini in questi anni «Un Papa non è solo nella guida della barca di Pietro, anche se è sua la prima responsabilità. IO non mi sono mai sentito solo nel portare la gioia e il peso del ministero petrino. Il Signore mi ha messo accanto tante persone che, con generosità e amore a Dio e alla Chiesa, mi hanno aiutato e mi sono state vicine. Ad iniziare dal mio Segretario di Stato che mi ha accompagnato con fedeltà in questi anni».

Poi, spesso interrotto dagli applausi, ha spiegato il perché della sua decisione insistendo sulle «forze diminuite. Ho chiesto a Dio con insistenza, nella preghiera, di illuminarmi con la sua luce per armi prendere la decisione più giusta non per il mio bene, ma per il bene della Chiesa». In prima fila, ad ascoltare il Papa, un nutrito gruppo di cardinali e vescovi e diverse autorità religiose e civili.

Tra i cardinali presenti l'arcivescovo di Vienna Christoph Schoenborn, quello di Boston Sean O'Malley, Joao Braz de Aviz, il filippino Luis Antonio Tagle, l'arcivescovo di Monaco Reinhard Marx, Donald Wuerl (Washington), Roger Mahony (Los Angeles), il ghanese Peter Turkson, l'australiano Georg Pell, il messicano Norberto Rivera Carrera, John Tong (Hong Kong), Bernard Law. TRa gli italiani il cardinale Giovanni Battista Re, il segretario di Stato Tarcisio Bertone, i cardinali Angelo Bagnasco, Ennio Antonelli, Salvatore De Giorgi ed Herrand (che hanno fatto parte della commisisone cardinalizia (con loro anche Tomko) inacricata di indagare sul caso Vatileaks.

Sono presenti anche il Granduca ereditario Guillaume de Luxembourg, il ministro della Salute Renato Balduzzi, Jorge Fernandez Diaz, ministro degli Interni di Spagna, Maria Voce, leader dei Movimento dei Focolari, Kiko Arguello, leader del Cammino Neocatecumenale, Frere Alois, di Taizé, il presidente slovacco Ivan Gasparovic e il presidente della Baviera Horst Seehofer. A conclusione dell'udienza, il Papa riceve nella sala Clementina del palazzo apostolico il presidente slovacco, il presidente bavarese Seehofer, Teodoro Lonfernini e Denise Bronzetti, Capitani reggenti della Repubblica di San Marino, Joan Enric Vives i Sicilia, Arcivescovo di Urgell e Co-Principe di Andorra.

Annachiara Valle

BENEDETTO XVI

UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro


Mercoledì, 27 febbraio 2013



Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato!

Distinte Autorità!

Cari fratelli e sorelle!

Vi ringrazio di essere venuti così numerosi a questa mia ultima Udienza generale. Grazie di cuore! Sono veramente commosso! E vedo la Chiesa viva! E penso che dobbiamo anche dire un grazie al Creatore per il tempo bello che ci dona adesso ancora nell’inverno. Come l’apostolo Paolo nel testo biblico che abbiamo ascoltato, anch’io sento nel mio cuore di dover soprattutto ringraziare Dio, che guida e fa crescere la Chiesa, che semina la sua Parola e così alimenta la fede nel suo Popolo. In questo momento il mio animo si allarga ed abbraccia tutta la Chiesa sparsa nel mondo; e rendo grazie a Dio per le «notizie» che in questi anni del ministero petrino ho potuto ricevere circa la fede nel Signore Gesù Cristo, e della carità che circola realmente nel Corpo della Chiesa e lo fa vivere nell’amore, e della speranza che ci apre e ci orienta verso la vita in pienezza, verso la patria del Cielo. Sento di portare tutti nella preghiera, in un presente che è quello di Dio, dove raccolgo ogni incontro, ogni viaggio, ogni visita pastorale. Tutto e tutti raccolgo nella preghiera per affidarli al Signore: perché abbiamo piena conoscenza della sua volontà, con ogni sapienza e intelligenza spirituale, e perché possiamo comportarci in maniera degna di Lui, del suo amore, portando frutto in ogni opera buona (cfr Col 1,9-10). In questo momento, c’è in me una grande fiducia, perché so, sappiamo tutti noi, che la Parola di verità del Vangelo è la forza della Chiesa, è la sua vita. Il Vangelo purifica e rinnova, porta frutto, dovunque la comunità dei credenti lo ascolta e accoglie la grazia di Dio nella verità e nella carità. Questa è la mia fiducia, questa è la mia gioia.

Quando, il 19 aprile di quasi otto anni fa, ho accettato di assumere il ministero petrino, ho avuto la ferma certezza che mi ha sempre accompagnato: questa certezza della vita della Chiesa dalla Parola di Dio. In quel momento, come ho già espresso più volte, le parole che sono risuonate nel mio cuore sono state: Signore, perché mi chiedi questo e che cosa mi chiedi? E’ un peso grande quello che mi poni sulle spalle, ma se Tu me lo chiedi, sulla tua parola getterò le reti, sicuro che Tu mi guiderai, anche con tutte le mie debolezze. E otto anni dopo posso dire che il Signore mi ha guidato, mi è stato vicino, ho potuto percepire quotidianamente la sua presenza. E’ stato un tratto di cammino della Chiesa che ha avuto momenti di gioia e di luce, ma anche momenti non facili; mi sono sentito come san Pietro con gli Apostoli nella barca sul lago di Galilea: il Signore ci ha donato tanti giorni di sole e di brezza leggera, giorni in cui la pesca è stata abbondante; vi sono stati anche momenti in cui le acque erano agitate ed il vento contrario, come in tutta la storia della Chiesa, e il Signore sembrava dormire. Ma ho sempre saputo che in quella barca c’è il Signore e ho sempre saputo che la barca della Chiesa non è mia, non è nostra, ma è sua. E il Signore non la lascia affondare; è Lui che la conduce, certamente anche attraverso gli uomini che ha scelto, perché così ha voluto. Questa è stata ed è una certezza, che nulla può offuscare.

Ed è per questo che oggi il mio cuore è colmo di ringraziamento a Dio perché non ha fatto mai mancare a tutta la Chiesa e anche a me la sua consolazione, la sua luce, il suo amore. Siamo nell’Anno della fede, che ho voluto per rafforzare proprio la nostra fede in Dio in un contesto che sembra metterlo sempre più in secondo piano. Vorrei invitare tutti a rinnovare la ferma fiducia nel Signore, ad affidarci come bambini nelle braccia di Dio, certi che quelle braccia ci sostengono sempre e sono ciò che ci permette di camminare ogni giorno, anche nella fatica. Vorrei che ognuno si sentisse amato da quel Dio che ha donato il suo Figlio per noi e che ci ha mostrato il suo amore senza confini. Vorrei che ognuno sentisse la gioia di essere cristiano. In una bella preghiera da recitarsi quotidianamente al mattino si dice: «Ti adoro, mio Dio, e ti amo con tutto il cuore. Ti ringrazio di avermi creato, fatto cristiano…».

Sì, siamo contenti per il dono della fede; è il bene più prezioso, che nessuno ci può togliere! Ringraziamo il Signore di questo ogni giorno, con la preghiera e con una vita cristiana coerente. Dio ci ama, ma attende che anche noi lo amiamo! Ma non è solamente Dio che voglio ringraziare in questo momento. Un Papa non è solo nella guida della barca di Pietro, anche se è la sua prima responsabilità. Io non mi sono mai sentito solo nel portare la gioia e il peso del ministero petrino; il Signore mi ha messo accanto tante persone che, con generosità e amore a Dio e alla Chiesa, mi hanno aiutato e mi sono state vicine. Anzitutto voi, cari Fratelli Cardinali: la vostra saggezza, i vostri consigli, la vostra amicizia sono stati per me preziosi; i miei Collaboratori, ad iniziare dal mio Segretario di Stato che mi ha accompagnato con fedeltà in questi anni; la Segreteria di Stato e l’intera Curia Romana, come pure tutti coloro che, nei vari settori, prestano il loro servizio alla Santa Sede: sono tanti volti che non emergono, rimangono nell’ombra, ma proprio nel silenzio, nella dedizione quotidiana, con spirito di fede e umiltà sono stati per me un sostegno sicuro e affidabile.

Un pensiero speciale alla Chiesa di Roma, la mia Diocesi! Non posso dimenticare i Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato, le persone consacrate e l’intero Popolo di Dio: nelle visite pastorali, negli incontri, nelle udienze, nei viaggi, ho sempre percepito grande attenzione e profondo affetto; ma anch’io ho voluto bene a tutti e a ciascuno, senza distinzioni, con quella carità pastorale che è il cuore di ogni Pastore, soprattutto del Vescovo di Roma, del Successore dell’Apostolo Pietro. Ogni giorno ho portato ciascuno di voi nella preghiera, con il cuore di padre. Vorrei che il mio saluto e il mio ringraziamento giungesse poi a tutti: il cuore di un Papa si allarga al mondo intero. E vorrei esprimere la mia gratitudine al Corpo diplomatico presso la Santa Sede, che rende presente la grande famiglia delle Nazioni. Qui penso anche a tutti coloro che lavorano per una buona comunicazione e che ringrazio per il loro importante servizio.

A questo punto vorrei ringraziare di vero cuore anche tutte le numerose persone in tutto il mondo, che nelle ultime settimane mi hanno inviato segni commoventi di attenzione, di amicizia e di preghiera. Sì, il Papa non è mai solo, ora lo sperimento ancora una volta in un modo così grande che tocca il cuore. Il Papa appartiene a tutti e tantissime persone si sentono molto vicine a lui. E’ vero che ricevo lettere dai grandi del mondo – dai Capi di Stato, dai Capi religiosi, dai rappresentanti del mondo della cultura eccetera. Ma ricevo anche moltissime lettere da persone semplici che mi scrivono semplicemente dal loro cuore e mi fanno sentire il loro affetto, che nasce dall’essere insieme con Cristo Gesù, nella Chiesa. Queste persone non mi scrivono come si scrive ad esempio ad un principe o ad un grande che non si conosce. Mi scrivono come fratelli e sorelle o come figli e figlie, con il senso di un legame familiare molto affettuoso. Qui si può toccare con mano che cosa sia Chiesa – non un’organizzazione, un’associazione per fini religiosi o umanitari, ma un corpo vivo, una comunione di fratelli e sorelle nel Corpo di Gesù Cristo, che ci unisce tutti. Sperimentare la Chiesa in questo modo e poter quasi toccare con le mani la forza della sua verità e del suo amore, è motivo di gioia, in un tempo in cui tanti parlano del suo declino.

Ma vediamo come la Chiesa è viva oggi! In questi ultimi mesi, ho sentito che le mie forze erano diminuite, e ho chiesto a Dio con insistenza, nella preghiera, di illuminarmi con la sua luce per farmi prendere la decisione più giusta non per il mio bene, ma per il bene della Chiesa. Ho fatto questo passo nella piena consapevolezza della sua gravità e anche novità, ma con una profonda serenità d’animo. Amare la Chiesa significa anche avere il coraggio di fare scelte difficili, sofferte, avendo sempre davanti il bene della Chiesa e non se stessi. Qui permettetemi di tornare ancora una volta al 19 aprile 2005. La gravità della decisione è stata proprio anche nel fatto che da quel momento in poi ero impegnato sempre e per sempre dal Signore. Sempre – chi assume il ministero petrino non ha più alcuna privacy. Appartiene sempre e totalmente a tutti, a tutta la Chiesa. Alla sua vita viene, per così dire, totalmente tolta la dimensione privata. Ho potuto sperimentare, e lo sperimento precisamente ora, che uno riceve la vita proprio quando la dona.

Prima ho detto che molte persone che amano il Signore amano anche il Successore di san Pietro e sono affezionate a lui; che il Papa ha veramente fratelli e sorelle, figli e figlie in tutto il mondo, e che si sente al sicuro nell’abbraccio della vostra comunione; perché non appartiene più a se stesso, appartiene a tutti e tutti appartengono a lui. Il “sempre” è anche un “per sempre” - non c’è più un ritornare nel privato. La mia decisione di rinunciare all’esercizio attivo del ministero, non revoca questo. Non ritorno alla vita privata, a una vita di viaggi, incontri, ricevimenti, conferenze eccetera. Non abbandono la croce, ma resto in modo nuovo presso il Signore Crocifisso. Non porto più la potestà dell’officio per il governo della Chiesa, ma nel servizio della preghiera resto, per così dire, nel recinto di san Pietro. San Benedetto, il cui nome porto da Papa, mi sarà di grande esempio in questo. Egli ci ha mostrato la via per una vita, che, attiva o passiva, appartiene totalmente all’opera di Dio.

Ringrazio tutti e ciascuno anche per il rispetto e la comprensione con cui avete accolto questa decisione così importante. Io continuerò ad accompagnare il cammino della Chiesa con la preghiera e la riflessione, con quella dedizione al Signore e alla sua Sposa che ho cercato di vivere fino ad ora ogni giorno e che vorrei vivere sempre. Vi chiedo di ricordarmi davanti a Dio, e soprattutto di pregare per i Cardinali, chiamati ad un compito così rilevante, e per il nuovo Successore dell’Apostolo Pietro: il Signore lo accompagni con la luce e la forza del suo Spirito. Invochiamo la materna intercessione della Vergine Maria Madre di Dio e della Chiesa perché accompagni ciascuno di noi e l’intera comunità ecclesiale; a Lei ci affidiamo, con profonda fiducia.

Cari amici! Dio guida la sua Chiesa, la sorregge sempre anche e soprattutto nei momenti difficili. Non perdiamo mai questa visione di fede, che è l’unica vera visione del cammino della Chiesa e del mondo. Nel nostro cuore, nel cuore di ciascuno di voi, ci sia sempre la gioiosa certezza che il Signore ci è accanto, non ci abbandona, ci è vicino e ci avvolge con il suo amore.

Grazie!

L'ultimo giorno del pontificato di Benedetto XVI domina i giornali di tutto il mondo, a cominciare da quelli europei. Messe da parte, almeno per ora, le analisi sul prossimo Conclave e le prospettive future della Chiesa, i media si concentrano sui bilanci finali del ministero svolto da Joseph Ratzinger.

Critica la stampa tedesca - Il giornale conservatore Die Welt sostiene che nell'ammettere che le sue forze fisiche non lo sostengono più, il Papa «ha parlato come un capo del governo o l'amministratore delegato di un'azienda, non come un Santo Padre». Con il titolo "Infallibile solo nelle dimissioni" la progressista Berliner Zeitung rileva che le lodi sul «modesto intellettuale che è stato una benedizione per la Chiesa» suonano come «un apprezzamento per il portiere della nazionale, che non para i tiri in porta, ma in compenso compie splendide rovesciate». Duro anche il commento di prima pagina del conservatore Frankfurter Allgemeine Zeitung (Faz), secondo il quale «il culto della persona ha assunto forme quasi blasfeme, fino al punto che Benedetto XVI anche in pensione si fa chiamare Sua Santità». Esaminando l'operato di Joseph Ratzinger e del suo predecessore, Giovanni Paolo II, ancora Faz sottolinea che «entrambi i Papi, ciascuno a suo modo, hanno acuito la crisi dell'autorità nella Chiesa e l'autorità della Chiesa nel mondo».

Papa sereno, Chiesa febbrile
- In Francia «Giornata storica per il Vaticano» è il titolo de Le Point che si sofferma sull'ultimo giorno di un pontefice e sui suoi possibili successori: una «dozzina di papabili» che vanno dall'italiano Gianfranco Ravasi al ghanese Turkson fino al brasiliano Scherer. «Chi guiderà la barca di Pietro», si chiede invece Le Figaro sottolineando come in queste ore si confrontino «la tranquilla serenità di un Papa che sa di aver fatto la scelta giusta con la febbrilità in seno al Senato della Chiesa che accusa ancora il colpo». In un altro articolo il foglio conservatore riporta l'esito di un sondaggio ai cattolici francesi: «Solo il 6 per cento pensa che la Chiesa esca rafforzata» dal pontificato di Benedetto XVI. «Un pontificato incompiuto» è infine il titolo di Le Monde secondo il quale, su alcuni temi, le scelte del pontefice «sono risuonato come una sorta di rinuncia».

Pontificato incompiuto - «Il Papa ringrazia il gregge nella sua ultima udienza» è il titolo del britannico The Guardian che in un commento intitolato «I crimini della Chiesa cattolica: non in nostro nome» e firmato da Joanna Moorhead evidenzia che «se la Chiesa avesse ascoltato i suoi fedeli, e soprattutto le sue donne, avrebbe potuto evitare tanto dolore». Il Daily Telegraph titola "Si esaurisce il tempo del Papa, l'ultimo giorno di Bendetto XVI nella sua funzione" e in un altro articolo, intitolato "Un cardinale critica Benedetto XVI nel suo ultimo giorno" riporta le dichiarazioni dell'australiano George Pell, secondo il quale Ratzinger «è stato un maestro brillante» ma «il governo della Chiesa non è stato il suo punto forte. Preferirei qualcuno che guidi la Chiesa e la riunisca un po'».

Non scendo dalla croce - Sui giornali spagnoli, invece, prevale più una lettura pastorale del gesto di Benedetto XVI partendo dalle parole che il pontefice ha pronunciato mercoledì 27 nell'ultima udienza generale in Piazza San Pietro. "Ho vissuto momenti con le acque agitate", titola in prima pagina il catalano La Vanguardia. "Benedizione finale", è il titolo su El Diario mentre il giornale di Madrid Abc, dove in passato lavorava anche l'ex portavoce vaticano Navarro Valls, sottolinea le parole del Papa che ha annunciato che con le dimissioni non abbandona la Croce.

Primavera vaticana? - Oltreoceano il New York Times, in un commento, si chiede se ci si attenda «una primavera vaticana», nel segno di quelle del mondo arabo. E osserva come «in questa drammatica situazione alla Chiesa occorra un Papa non intellettualmente ancorato al Medioevo ma aperto alle preoccupazioni della Riforma e alla modernità». «Il Papa dà il suo addio a San Pietro» titola invece il Wall Street Journal mentre il Washington Post avverte che, dopo l'addio di Ratzinger, ora «tutte le attenzioni saranno sul Conclave».

Antonio Sanfrancesco

All'indomani della rinuncia di Benedetto XVI, era stata la prima curiosità dei giornalisti. Come bisognerà chiamare Joseph Ratzinger una volta che avrà lasciato il soglio pontificio? E come vestirà? Tornerà ad essere cardinale? Domande che, vista la situazione completamente inedita e senza precedenti nella storia recente della Chiesa, avevano spiazzato anche il portavoce della Sala Stampa vaticana padre Federico Lombardi. A distanza di qualche giorno, le risposte sono arrivate.

Ratzinger, ha spiegato Lombardi, conserva il nome papale anche dopo le ore 20 del 28 febbraio, quando si conclude ufficialmente il pontificato e inizia la sede vacante: continua a chiamarsi Benedetto XVI e ci si rivolge a lui con il titolo di "Sua Santità". Diventa «Papa emerito» o «Romano Pontefice emerito». Quanto all'abbigliamento, il portavoce vaticano ha spiegato che Ratzinger continua a vestirsi di bianco, ma con la veste talare semplice, senza la mantellina. Inoltre è previsto che non porti più i mocassini rossi che calzano tradizionalmente i Papi.

Benedetto XVI ne aveva anche di marroni», ha spiegato il portavoce, «e in particolare era molto contento per un paio di scarpe che gli sono state donate durante il viaggio in Messico del 2012, a Leòn. Continuerà a indossarle perché le ha trovate molto comode». L'anello del pescatore, invece, utilizzato come sigillo, viene distrutto la sera di giovedì 28. Di questo se ne occupa il cardinale Camerlengo, che è l'attuale Segretario di Stato Tarcisio Bertone, insieme ai suoi collaboratori. In vista del trasloco a Castelgandolfo, inoltre, il Papa porterà solo gli appunti «di carattere personale». Padre Lombardi ha spiegato che nell’appartamento papale è stata effettuata la selezione tra i documenti di Benedetto XVI che riguardano il governo della Chiesa, tra cui lo scottante dossier su Vatileaks che è stato secretato e vedrà il suo successore, o anche il periodo in cui era prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, «che vanno agli archivi competenti», e gli appunti di carattere più personale «che lo seguiranno nella nuova residenza». Ratzinger, insomma, si "prepara" alla nuova vita di Papa emerito.

Antonio Sanfrancesco

Viva ammirazione per il coraggio di Benedetto XVI. Al tempo stesso, grandi attese per il nuovo Pontefice, chiamato a misurarsi con enormi sfide, tanto interne alla Chiesa (maggiore collegialità e necessità di proseguire nell’opera di “pulizia”), quanto esterne, con il rilancio del dialogo ecumenico e interreligioso e un più convinto servizio ai poveri. Questi i sentimenti prevalenti tra i missionari italiani: circa cento di essi, nei giorni scorsi, si sono dati appuntamento a Trevi (Perugia) per un incontro di condivisione e formazione permanente.

Padre Giuseppe Caramazza, comboniano e giornalista, missionario in Kenya, ora a Londra, dice che a colpirlo è stata «la portata storica dell’evento. Un Papa che sa farsi da parte per il bene della Chiesa è un segno per tutti di come ci si debba avvicinare al servizio dell’autorità». Di gesto profetico – «Benedetto XVI è come una candela che si consuma nel silenzio per il bene del popolo di Dio» – parla suor Felicita Muthoni Nyaga, Missionaria della Consolata; originaria del Kenya, ha lavorato nello Stato brasiliano di Roraima, tra gli indios Yanomami: «Il nostro Papa è stato coraggioso nel mettere in evidenza certa “sporcizia” presente nella Chiesa. Ora il suo sacrificio purificherà la Chiesa».

Per suor Sonia Sala, giovane Missionaria dell’Immacolata, con alle spalle un’esperienza in Brasile, il gesto di Benedetto XVI «non è dettato dalla fuga dalla responsabilità», anzi. «L’umile presa di coscienza dell’impossibilità concreta di portare verso acque più profonde la barca di Pietro è forse ciò che in questo momento rende Benedetto XVI più simile all’apostolo che, dopo aver fatto tutto ciò che doveva,si lascia condurre da un Altro. Un gesto che rende il Papa ancora più umano». La Comboniana suor Tarcisia Ciavarella, già attiva in Messico e Centrafrica, sottolinea che «la scelta di papa Ratzinger significa che veramente vuole il bene della Chiesa: decidendo di ritirarsi a pregare, mostra di credere nella forza dello Spirito che guida la barca di Pietro».

Cosa si aspetta dal nuovo Papa? Quali le priorità della sua “agenda”? Padre Godfrey Msumange, giovane Missionario della Consolata proveniente dalla Tanzania, esordisce così:«Ben venga se il nuovo Papa fosse un figlio dell’Africa! Ma questa è la logica umana, lo Spirito Santo non segue le statistiche. Mi aspetto che il nuovo Papa passi sempre di più da una visione eurocentrica a una policentrica». Concorda padre Caramazza: «Il nuovo Papa dovrà affrontare la questione del decentramento della Chiesa, sulla scia del Concilio. Le Chiese locali hanno bisogno di più libertà in campo liturgico, nella disciplina ecclesiastica, nella scelta delle loro guide, quantomeno a livello continentale. Imboccare questa strada, salvaguardando l’unità della Chiesa, è urgente e non facile, ma importante».

La pensa così anche padre Bruno Piccolo, del Pime, già attivo nelle Filippine e negli Usa: «Tra le priorità per il nuovo Pontefice vedo una spinta più decisa in direzione della collegialità, con un maggiore protagonismo degli organismi episcopali continentali. Penso, inoltre, che il futuro Papa potrebbe continuare nella riflessione su un nuovo senso del ministero petrino in chiave ecumenica, già avviata da Wojtyla».

Suor Maria Luisa Casiraghi, Missionaria della Consolata, operante in Etiopia e ora incaricata a livello europeo, distingue: «Per quanto riguarda la Chiesa al suo interno, auspico una sempre più profonda trasparenza della vita e delle azioni delle persone che hanno scelto di seguire più da vicino Gesù. Le sfide che vengono dall’esterno, poi, sono molte. Mi auguro che il Papa ascolti il grido dei nuovi poveri». Un Papa «capace prima di tutto di “sentire con il cuore” il grido dei più emarginati nella Chiesa»: è quanto auspica anche suor Ciavarella, che si augura un successore di Pietro «che favorisca i processi di inculturazione del Vangelo nei vari Paesi e la dimensione missionaria della Chiesa».

Anche per il Saveriano padre-Mario Menin, direttore di Missione Oggi, già missionario in Brasile, accanto al dialogo ecumenico e all’incontro tra le religioni è assolutamente prioritaria, per il prossimo Papa, «la riscoperta della necessità di evangelizzare, così come percepita da san Paolo (Guai a me se non predicassi il Vangelo!). Alle volte si ha l’impressione che questo “guai” non bruci dentro al cuore della Chiesa gerarchica».


Padre Rosario Giannattasio, superiore dei Saveriani per l’Italia e presidente dell’Emi
(Editrice missionaria italiana), si augura che il nuovo Papa aiuti la Chiesa a «riprendere un confronto aperto e sereno con il mondo»e che «pastori e teologi sappiano percorrere strade nuove perché la Chiesa sia capace di dare una testimonianza attuale e originale,diventando segno di speranza per tutti».

«La questione della fede, della sua “custodia”e della sua comunicazione al mondo» è,per padre Livio Maggi, numero due del Pime, già impegnato in Thailandia, la priorità assoluta per chi salirà al soglio di Pietro. C’è,infine, l’urgenza di rilanciare l’ecumenismo e il dialogo con le altre religioni. «Le polemiche nei confronti dell’islam sono state montate,mentre l’intervento di Benedetto XVI a Ratisbona ha aiutato a rompere un muro, facendo nascere una riflessione comune». Conclude padre Maggi: «Nel suo ministero papa Benedetto XVI non ha avuto paura di andare controcorrente, mettendo in conto reazioni anche violente dei mass media. Spero che il suo successore faccia altrettanto».

Gerolamo Fazzini

 
 
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