Juba, Sud Sudan, 25 febbraio
L’aereo di Amref, pilotato da James, un pilota keniota con oltre 6 mila ore di volo, ci ha portato da Nairobi a Juba in tre ore e mezza. Siamo decollati dall’aeroporto Wilson di Nairobi, dove si trova il
quartiere generale di Amref.
Ha viaggiato con noi anche Patrick un medico anestesista, uno dei Flying Doctors, i medici volanti di Amref. Nei prossimi giorni Patrick presterà servizio nel principale ospedale di Juba.
Sorvolando la Rift Valley e parte dell’Uganda siamo arrivati a Juba, la capitale del Sud Sudan, lo Stato più giovane del mondo, nato ufficialmente il 9 luglio del 2011.
Al momento dell’atterraggio abbiamo visto sulla pista molti aerei ed elicotteri delle Nazioni Unite. Altri con il logo di varie organizzazioni umanitarie internazionali.
Segni di una emergenza umanitaria in corso in un Paese che dallo scorso dicembre è stato devastato dalla guerra civile tra le truppe governative fedeli al presidente Salva Kir e i ribelli guidati dall’ex vicepresidente Rieck Machar.
I primi combattimenti ci sono stati proprio nella capitale, poi si sono estesi al resto del Paese, soprattutto le regioni del Nord.
I morti sono migliaia e gli sfollati circa 870 mila. Molti di loro si sono spostati all’interno del Paese, altri hanno preferito la fuga verso l’Uganda, l’Etiopia o il Kenya.
La zona dell’aeroporto di Juba è controllata dai Caschi blu dell’Onu, in particolare giapponesi, ma è massiccia anche la presenza di soldati delle forze armate governative che difendono l’aerostazione anche con i carri armati.
Nella capitale fa già molto caldo, con temperature che di giorno arrivano fino a 40 gradi.
Le strade di Juba, che si affaccia sul Nilo, sono animate, ma si vuotano rapidamente dopo le 18. Dalle 23 fino alle 6 del mattino è in vigore il coprifuoco e nessuno si avventura all’aperto. La città riprende a vivere con le prime luci del mattino,
quando il sole sorge colorando di rosa il cielo e le acque del Nilo.
Roberto Zichittella
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