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domenica 13 ottobre 2024
 
 

La "manovra" del generale Jucci

14/07/2011  Ex comandante dell'Arma dei Carabinieri e più volte Commissario straordinario, il generale Jucci analizza la manovra economica. E spiega dove tagliare.

In  Italia c’è una grave crisi economica. Dopo svariati mesi in cui gli italiani si sono sentiti dire che “… supereremo senza grandi scossoni …dovete essere ottimisti” e finanche che “taglieremo le tasse…”, l’acquisita consapevolezza della crisi da parte dei nostri governanti sembra già un successo.

Roberto Jucci, dall'Arma alle emergenze

JucciGià comandante generale dell'Arma dei carabinieri (1986-1989), Roberto Jucci è stato poi presidente della Commissione per la riforma del "sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica". Nel 2000 è stato nominato Commissario per l'emergenza idrica in Sicilia. Nel 2002 è passato alla struttura per le emergenze del Dipartimento per la Protezione civile, poi alla struttura di coordinamento e supporto ai commissari delle regioni colpite dall'emergenza rifiuti del ministero dell'Ambiente. Nel 2008 è stato nominato Alto commissario per la bonifica del fiume Sarno.
     Siamo arrivati al “vedo”: bisogna recuperare i soldi e raggiungere l’agognato pareggio del bilancio; non che questa sia una novità del momento, è sempre stato auspicabile “il pareggio del bilancio” ma oggi, se non vogliamo collassare, è giunto il tempo in cui non si può più rimandare il temuto appuntamento. Fin qui, ovviamente, tutti d’accordo. Il problema è come? E qui grandi economisti, illustri tecnici ed alti funzionari, con ricca dialettica e qualche sorriso di sufficienza, sciorinano numeri nei dibattiti televisivi, sui giornali, nelle conferenze stampa per concludere nella sostanza che… purtroppo bisogna fare sacrifici!

     Chi? E questa è la seconda cruciale domanda. Ho letto il provvedimento. Al di là dei tecnicismi e dell’analisi dei singoli articolati ho cercato di comprendere qual è la “base morale” sulla quale si fonda la manovra. Nelle nostre leggi si usa spesso il termine “gestione del buon padre di famiglia” per significare diligenza e correttezza nell’amministrazione. Io, nello svolgimento degli incarichi affidatemi dallo Stato, ho sempre dato un significato per così dire “estensivo” a tale locuzione ed ho ritenuto, specie ogni qual volta mi trovavo a dover assumere una decisione difficile, spesso impopolare, di assumere quale riferimento il comportamento che avrebbe tenuto un “buon padre di famiglia”.

     Ora mi viene alquanto difficile immaginare un buon padre di famiglia che ritiene morale e ragionevole risparmiare cominciando a diminuire le cure sanitarie ai propri figli, limitando i loro studi, e finanche riducendo le loro porzioni della cena, piuttosto che dare priorità all’eliminazione delle spese superflue di casa e dei propri lussi. Non mi sembra in tal senso che il provvedimento che ho letto sia pienamente rispondente al concetto del buon padre di famiglia, almeno non dei padri e delle famiglie che (grazie a Dio) ancora costituiscono il nucleo fondante della nostra società.

     Non vedo, nel provvedimento, tagli sostanziali ai costi della politica; giusto un timido accenno lì dove si elimina l’obolo aggiuntivo ai ministri o si limita la cilindrata delle auto blu; vedo invece significativi tagli “sociali”, ad esempio alle pensioni che, mi sembra, siano state definite “medio alte”. Vorrei osservare al riguardo che una pensione di 1400 euro lordi al mese corrisponde in tasca a poco più di 1.000 euro e, francamente, la catalogherei più bassa che media, specie in considerazione dei previsti aumenti di benzina, energia e servizi in genere.

     Vorrei essere concreto perché penso che un giudizio critico senza proposte alternative  si configura  solo come una sterile ed inutile lamentela. Premetto che l’esame dei provvedimenti non può essere esaustivo se non si conoscono esattamente le varie componenti del sistema politico – burocratico, sia a livello centrale che periferico, e ciò non solamente con riferimento ai singoli costi di Enti ed Amministrazioni, bensì anche considerando le loro competenze  ed i servizi, o genericamente i benefici, che ne hanno i cittadini. Presumo e spero che tale analisi, che necessita di un prioritario e complessivo censimento di tutti gli Enti e della loro consistenza, sia stato effettuato dai “saggi” prima di procedere alla redazione di provvedimenti così probanti come quello in esame. 

(1. continua)
  

Tale analisi complessiva ed unitaria a me non è nota, tuttavia alcuni interventi ritengo che siano in ogni caso ragionevoli:

1) Le Province devono essere eliminate e  numerosi Enti potrebbero essere accorpati.  Più o meno tutti condividono tali interventi ma, concretamente, nulla è stato definito; si è assistito solo a qualche timido tentativo. Su molte tematiche  le competenze istituzionali sono in parte sovrapposte e qualche volta addirittura coincidenti. La mia esperienza diretta, la più recente, è nel campo ambientale, dove ho potuto constatare che la realizzazione di complesse e sofisticate opere di ingegneria risultava più semplice dell’acquisizione dei pareri e delle autorizzazioni necessarie per eseguirle: una lunga lista di indirizzi (con il concreto rischio di dimenticarne qualcuno)!

     Deve essere chiaro al riguardo che tali eliminazioni e accorpamenti non devono comportare il licenziamento dei dipendenti o il loro trasferimento territoriale, bensì la valorizzazione e l’ottimizzazione del loro impiego. D’altronde Regioni e Comuni spesso lamentano “carenze” di personale e competenze per l’acquisizione delle quali, frequentemente (troppo frequentemente), ricorrono a supporti e consulenze esterne. Con tali interventi, oltre che eliminare numerose “poltrone”, si perverrebbe ad uno snellimento delle procedure burocratiche con evidenti benefici per la produttività delle imprese e per i cittadini in genere. 

2) Il Premier ha più volte parlato dell’esigenza di una riduzione dei parlamentari, oggi in numero assolute incongruo, sia a livello nazionale che regionali e comunali, se rapportato al numero degli abitanti e confrontato con quello degli altri paesi europei. Sul sito della camera è visibile la retribuzione dei parlamentari: risulta più o meno chiaro quanto “guadagnano” ma non è altrettanto chiaro quanto “ci costano”. 

     Son presenti stipendi, indennità, vitalizi, diarie e “rimborsi per spese inerenti al rapporto tra eletto ed elettori”, alquanto inverosimili visto che l’attuale legge elettorale non consente agli elettori di scegliere chi votare e non comporta alcun rapporto tra eletto ed elettore. A questi bisogna aggiungere ulteriori rimborsi per spese telefoniche, viaggi ecc. oltre ai costi non computati, ma consistenti, della logistica (uffici, locali, segreterie, ecc. ). Non è trasparente! Uno stipendio di 10 mila euro netti al mese omnicomprensivo, con al massimo un’agevolazione sui trasporti, apparirebbe più che congruo e pur sempre al di sopra della media europea.

3) E sugli stipendi mi vorrei soffermare. In primo luogo giudico moralmente scorretto che uomini dello Stato, pagati dai cittadini ed a servizio degli stessi, cumulino stipendi e pensioni. Ma se è giusto che al cittadino comune non sia, in genere, consentito di svolgere il doppio lavoro può mai ritenersi giusto che ai suoi Amministratori venga elargito addirittura il doppio stipendio? (nella migliore delle ipotesi,e con un solo lavoro!). Non so quanto questo incida sul bilancio dello Stato, spero poco perché mi auguro che pochi siano coloro che fruiscono di tali privilegi ma, in ogni caso, non è certo un bell’esempio.

     In secondo luogo ritengo debba essere stabilito un tetto massimo agli stipendi dei manager pubblici: 250 mila euro lordi l’anno, omnicomprensivo di benefit vari, mi sembrano più che congrui. Conosco già le critiche a tale mia asserzione ed afferiscono a concetti di “elevata professionalità” e “grandi responsabilità”, accompagnate da affermazioni del tipo “se ne andrebbero tutti i migliori” (non altrettanta preoccupazione suscita, mi sembra, l’evenienza che ad andarsene oggi siano i nostri migliori giovani).

     In merito all’elevata professionalità mi domando: può mai ragionevolmente ritenersi che un “manager” sia più bravo del più bravo dei suoi funzionari di oltre 10 volte? Riguardo le grandi responsabilità riconosco che sussistono. Quando si gestiscono i soldi sudati dai cittadini, quando si amministrano Enti ed aziende dove lavorano migliaia di lavoratori si hanno grandi responsabilità; ma a tali responsabilità, nel pubblico, non corrispondono altrettanti “rischi”. Conosco molti imprenditori, medio – piccoli per lo più, che corrono il rischio di fallire, di perdere i loro soldi ed i loro beni e finire sul lastrico insieme ai loro impiegati. E conosco manager di aziende pubbliche, che hanno portato le aziende al fallimento, mettendo in gravi difficoltà centinaia di lavoratori, e tuttavia se ne sono tranquillamente tornati a casa con liquidazioni favolose e pensioni più che agiate. Se questi erano i migliori…

(2. continua)

4) Ed insisto sugli stipendi. Mi risulta che analoghe funzioni espletate da personale inquadrato nei medesimi livelli funzionali in Amministrazioni diverse, percepiscono retribuzioni differenti in modo significativo (indennità). Ciò purtroppo determina lo svuotamento di talune Amministrazioni e la corsa verso altre, così alimentando il “mercato” delle raccomandazioni.

5) Un cenno ai tagli che non si dovrebbero mai fare, o meglio che andrebbero fatti ultima “ratio”: le forze dell’ordine. Immagino già i sorrisi di molti “ eh… il generale e i suoi carabinieri…”, no, rispondo io, i cittadini ed il loro diritto alla sicurezza. Se è giusto proteggere con le scorte le personalità di punta del nostro paese, ciò non deve, però, essere fatto a scapito della sicurezza dei cittadini. Le forze dell’ordine devono poter essere presenti sul territorio e circolare nelle città senza la preoccupazione di dover controllare il livello del carburante con il rischio di restare a secco.

      Dopo, solo dopo aver eliminato sprechi e privilegi possono chiedersi “sacrifici” ai cittadini.

     Forse i su accennati provvedimenti  afferiscono più ad una riforma “strutturale” della Pubblica Amministrazione a tutti i livelli, ed indubbiamente non è possibile procedere ad una razionalizzazione delle strutture senza avere conoscenza delle stesse: dati certi ed incontestabili non soggetti ad accuse di “manipolazioni politiche”. Per tale motivo sarebbe opportuno che tali studi analitici venissero effettuati da una Commissione di “saggi” competenti, autorevoli ed indipendenti. Solo a valle di un’accurata conoscenza di ciò che c’è, com’è attualmente, e come dovrebbe essere, il parlamento sovrano potrà decidere i provvedimenti da adottare. 

     Un “sacrificio” ritengo sia giusto chiedere a tutti: lavorare meglio e di più! Non è un’idea bizzarra di un vecchio stacanovista. Altri Paesi, la Germania ad esempio, lo hanno fatto e con probante incidenza sulla crescita globale. Lavorare meglio e di più non deve ovviamente (e furbescamente) comportare lo sfruttamento dei lavoratori  o ledere i loro diritti. Insieme, a tutti i livelli, è necessario avere senso di responsabilità e la coscienza che il bene dei singoli è illusorio e destinato a finire male se viene perseguito prescindendo dal bene comune e dall’equità e la giustizia sociale.    

Roberto Jucci

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