Il primato in classifica, ex aequo con il Milan, della Juventus alla fine del 2011 (ancora tre giornate per finire il girone di andata, ma è stato recuperato il turno di avvio del campionato, saltato per lo sciopero dei giocatori poi “placati” dall’annuncio di un nuovo contratto collettivo, mai pervenuto), dice del salto di combattività ma anche di qualità di una squadra che sembra avere trovato in Antonio Conte, un ex giocatore bianconero, l’allenatore/galvanizzatore giusto per chi non vuole spendere troppo anche se di cognome fa Agnelli.
La Juventus ha battuto il Milan a San Siro, fra l’altro, ed è riuscita, contrariamente a quel che le accadeva nel recente passato, ad essere forte anche con le “piccole”. E’ l’unica imbattuta della serie A, ha giocato bene, non ha goduto se in misura fisiologica di fortuna o arbitraggi amici. Sino all’altro giorno si diceva, delle squadre impegnate nelle coppe europee, che giocare molto non era un problema, anche e soprattutto perché le partite ad alto livello funzionavano sempre e comunque da propellente, da motivazione.
La scoperta di questo campionato è che le coppe logorano, e fanno del bene solo a chi le vince. Infatti al non avere impegni in Europa molti attribuiscono la forza psicofisica della Juventus che “scarica” tutto in Italia, all’averne sin troppi molti attribuiscono le stanchezze, le incertezze (ora superate, pare) del Milan in corsa anche per bissare lo scudetto 2010-11, il ricorrente fiatone di Napoli e Udinese, per non dire la crisi tutta dell’Inter secondo noi più invecchiata che stanca, ma comunque ben lanciata in Europa.
Dire tutto e poi il contrario di tutto nel calcio non è un’assurdità, ma una regola per sopravvivere: nelle discussioni al Bar Sport ed anche sui giornali…. Adesso al mercato di riparazione, per noi scandaloso per come si sputa sul concetto – usatissimo per i tifosi fessi - di amore dei colori, probabilmente il Milan comprerà molto, nel senso di spesa alta, la Juventus abbastanza, l’Inter chissà, il Napoli forse. Ci sono le prime avvisaglie, la prime spese.
La grande novità, stando alle squadre impegnate nelle coppe europee, potrebbe essere l’Udinese che, a due punti da Juve e Milan, compra e non vende: la società friulana deve decidere se intitolare la stagione ad un modo per essa nuovo, pericoloso persino più che affascinante, di intendere il calcio, le partite e la classifica, o se continuare mettere in campo soprattutto le sue virtù discrete, modeste, di parsimonia esposta e competenza occulta, con acquisti mirati e saggi, con sacrifici puntuali dei pesci grossi caduti nella sua rete. E’ comunque sinora il campionato delle rivelazioni in bianconero.
Quello della Juventus che neanche l’adrenalina dello stadio nuovo e di proprietà poteva far prevedere subito così forte e sicura, oltre tutto scaricando Krasic e limitando Del Piero, compresso in panchina sinora senza danni neppure di natura diplomatica. Quello dell’Udinese che centra bene tutti gli acquisti stranieri e trova in Guidolin un tecnico che, ciclofilo spinto, sa privilegiare il sano pedalare di giocatori che potrebbero essi pure, come quasi tutti quelli di quel clan che è ormai la serie A, permettersi caviale tutti i giorni, ma rimangono affamati di pallone (Di Natale, tanto per far nomi).
La terza rivelazione potrebbe essere l’Atalanta, che senza la penalizzazione e con i gol di Denis avrebbe i punti (26) dell’Inter settima, ma incombono sulla società altre ombre lunghe, anche intitolabili al suo ex capitano Doni, protagonista in negativo dello scandalo ultimo delle scommesse. Per la seconda parte del torneo la sorpresa potrebbe essere la Roma, dove forse lo spagnolo Luis Enrique, cresciuto alla scuola barcellonese di Guardiola, ha trovato l’equilibrio fra l’ambiente giallorosso stracaldo, i giovani del vivaio, i nuovi stranieri per troppo tempo più turisti a Roma che calciatori della Roma, e i patriarchi locali De Rossi e soprattutto Totti. Sul piano delle delusioni l’Inter monopolizza quasi le attenzioni, anche se pare aver cominciato una mezza rimonta.
La Milano nerazzurra ha troppa nostalgia di Mourinho, che da Madrid zavorra ogni nuovo allenatore interista. Palermo, Cagliari, Genoa e Fiorentina, nomi illustri, firmano le altre crisi. Bene davvero la Lazio, a due punti dall’Udinese: paradossalmente stenta di più in casa che fuori (potrebbe essere, la minore dipendenza dall’ambiente amico, sintomo di crescita aristocratica più che popolare). “Normali” Catania e Parma, in affanno le altre, fuorché il Chievo dei soliti miracoli, mentre per la B il Lecce sembra avere prenotato uno dei tre posti. In genere si gioca male, gli arbitri sbagliano a vampate, un turno tutti male un turno tutti bene, nessun talento nostrano emerge, gli stranieri sono sempre troppi e i nostri vivai languono. Cala il pubblico da stadio, calerà ancora con la televisione che ormai serve calcio tutti i giorni a tutte le ore. Le violenze sono sinora state poche, ma possiamo ricevere smentite già all’alba del 2012.