«Welcome home». «Benvenuti a casa». Una manciata di parole appena. La voce di Andrea Agnelli, presidente della Juventus, è stata subito sopraffatta da un lungo, insistito, appassionato coro d'incitamento. La squadra più amata d'Italia e la sua gente: un costante rapporto d'affetto confermato in una notte popolata di luci, suoni, ricordi, emozioni. Giovedì 8 settembre è stato inaugurato il nuovo impianto nella periferia Nordoccidentale di Torino. S'ispira al Santiago Bernabéu di Madrid o al Camp Nou di Barcellona anche se può ospitare la metà scarsa degli spettatori di quegli impianti enormi (e molto spesso pieni). Il nuovo stadio della Juventus, infatti, conta 41.000 posti a sedere contro gli oltre 80.000 del tempio del Real e i quasi 100.000 della "casa" del Barça, ma proprio come il Bernabéu e il Camp Nou è di proprietà della squadra che lì gioca: una prima assoluta per il calcio italiano.
I sogni bianconeri ripartono da questo gioiello del design, firmato - tra gli altri - da Giugiaro e da Pininfarina. L'inaugurazione ufficiale s'è svolta in una serata in cui, dopo una festa che ha coinvolto tutti gli spettatori grazie a musiche e coreografie attentamente studiate da Marco Balich, già autore della cerimonia inaugurale delle Olimpiadi invernali del 2006, Alex Del Piero e compagni hanno sfidato in amichevole (risultato finale: 1-1) una squadra inglese, il Notts County. A questa formazione di Nottingham - ora in terza divisione - un dirigente di Torino si rivolse nel lontano 1903 per avere un set di maglie nuove, adatte al gioco del calcio: fino ad allora, dal 1897, anno in cui venne fondata, la Juve giocava con una poco consona camicia rosa; a forza di lavaggi, le camicie, ormai stinte, risultavano inutilizzabili, tanto erano usurate. Il magazziniere del Notts County o qualcuno a lui vicino spedì sotto la Mole Antonelliana un pacco pieno di maglie bianconere. Colori destinati a diventar leggenda. La prima partita di serie A in calendario è Juventus-Parma, domenica 11 settembre, alle 12,30.
Pensato soltanto in funzione delle partite di football (la distanza minima che separa il campo dalla prima fila è di appena 7,5 metri, contro i 28 metri del vecchio Delle Alpi), il nuovo stadio si estende su una superficie di 90 mila metri quadrati. In caso di emergenza, assicurano i progettisti, può essere evacuato in 4 minuti grazie a 16 ponti di uscita. Altri 30 mila metri quadrati sono destinati al verde. Sono state progettate inoltre zone commerciali (pari a 34 mila metri quadrati) e parcheggi (4 mila metri quadrati).
Obiettivo dichiarato: far vivere l'intera zona sette giorni su sette e, leggi permettendo, 24 ore su 24. Apriranno i battenti un megastore monomarca di una nota casa di abbigliamento sportivo, una galleria di negozi, otto ristoranti e una ventina di bar. Si tratta di Area 12, uno spazio per lo svago, gli acquisti e la ristorazione che dovrebbe creare 800 nuovi posti di lavoro. Al tutto si aggiunga il Museo della Juve, ispirato a quanto avviene già nei templi delle principali squadre inglesi e spagnole. Costato 122 milioni di euro, il nuovo stadio è stato costruito in due anni di lavoro.
In attesa di vedere risultati sul campo, si esalta la sfida dei numeri. Il nuovo impianto dovrebbe triplicare i ricavi, spiega il direttore commerciale della Juve, Francesco Calvo. «L'anno scorso la Juve ha registrato introiti "da stadio" pari a 11,5 milioni di euro. Per la prossima stagione l'obiettivo è raggiungere i 32 milioni, passando da dall'8 al 20 per cento del fatturato. La media europea è del 26 per cento; quella italiana scende al 13 per cento. Abbiamo margini di crescita: resta ancora qualche posto Premium da vendere e si può aumentare il numero dei palchi». Ad oggi risultano acquistati 24 mila abbonamenti che già così, in partenza, coprono oltre la metà della capienza totale dello stadio
Quest'impianto è l'ultima conferma in ordine di tempo della voglia di rinnovamento che caratterizza Torino a partire dal 2000, prima con l'obiettivo di farsi bella in vista delle Olimpiadi invernali (2006), poi con la necessità di tirarsi a lucido per festeggiare degnamente i 150 anni dell'unità d'Italia.
La "riconversione" di numerose fabbriche diventate case, uffici, centri commerciali, gallerie, sedi di gruppi, movimenti e associazioni o centri d'incontro; l'interramento del passante ferroviario, la realizzazione di interi nuovi quartieri sulle aree così recuperate nonché l'inaugurazione della metropolitana e di nuovi collegamenti viari da una parte all'altra della città, la riqualificazione del centro storico, un nuovo arredo urbano sono solo alcune delle modifiche che Torino mostra con l'orgoglio di chi ha mutato in meglio qualità e stili di vita, un orgoglio venato dalla consapevolezza che la crisi industriale - e dell'auto in particolare - la stanno profondamente segnando.