La decisione, assolutamente senza precedenti, da parte della società Juventus, che ha citato davanti alla giustizia ordinaria, intesa come Tar del Lazio, la Federcalcio e anche l’Inter, chiedendo per la revoca dello scudetto 2006 pazzeschi danni (443.725,200 milioni di euro complessivi per mancata partecipazione alle coppe europee, svalutazione del patrimonio giocatori, calo dei diritti televisivi, crollo del valore del marchio societario, ritardo indotto e penalizzante nell’edificazione del nuovo stadio, calo del titolo azionario: manca la richiesta di danni presunti per le turbe individuali dei tifosi…), conseguenti alla revoca dello scudetto del 2006, che fu tolto alla stessa Juventus e assegnato all’Inter, seconda in classifica, per reati di corruzione compiuti dal direttore generale del club bianconero Luciano Moggi, di recente per questo condannato dal tribunale di Napoli, è molto semplicemente sconvolgente, soprattutto per due ragioni.
La prima riguarda la cosiddetta clausola compromissoria, accettata dai club ma ora dimenticata dalla stessa Juventus (nonostante le acrobazie “a spiegare” dei suoi avvocati e non solo), che tiene in piedi la giustizia appunto sportiva: la quale è obbligata, dal divenire stesso dello sport tutto (programmi, impegni, scadenze) a tempi accelerati, chiaramente in contrasto con quelli della giustizia ordinaria. La giustizia sportiva deve avere i suoi tempi brevi, sennò è lo stop di ogni attività, in attesa di sentenze finali, e chi fa sport deve accettarla e condividerla con tutte le sue conseguenze.
In Brasile, mica troppi anni fa, il Governo decise populisticamente di introdurre nel calcio il “vestibular”, cioè la possibilità di un club di ricorrere alla giustizia ordinaria contro un provvedimento della giustizia sportiva (ad esempio e soprattutto la squalifica di un giocatore). Un flop, ritardi immani e la fine della bella trovata. Checché argomentino i legulei, se si deve giocare dopo pochi, pochissimi giorni, non si può sottoporre un provvedimento della giustizia sportiva a un giudizio ordinario (nei classici tre gradi, poi…), o quanto meno chi lo fa deve accettare – ecco la clausola compromissoria, di recente ribadita unanimemente - di uscire dal contesto dello sport e dei suoi particolari ordinamenti e programmi. Amen.
In secondo luogo, la Juventus con la sua iniziativa, così clamorosa da apparire dinamitarda, rischia di scardinare un altro sinora provvido bastione dell’ordinamento sportivo, quello della responsabilità oggettiva, per cui un club è responsabile dell’attività criminosa dei suoi dipendenti. E’ vero che la sentenza di Napoli non condanna direttamente la Juventus, non considerando esplicitamente la sua responsabilità nelle attività di Moggi, ma è vero pure che lo stesso condannato Luciano Moggi era, ai tempi dei reati di corruzione ascrittigli, reati commessi pro Juventus, ufficialissimamente il direttore generale della stessa Juventus.
Adesso il club intende dire che le sue azioni furono individuali, e non devono coinvolgere il club. Moggi, insomma, non era per la Juventus il direttore generale, come dicono gli organigrammi ufficiali e come lui stesso, seccatissimo, ha ribadito andando contro il suo ex datore di lavoro, ma un signor nessuno che telefonava agli arbitri e soprattutto ai loro designatori, intendendo condizionarli per sfizio, per megalomania, e con schede telefoniniche svizzere pagate fra l’altro dalla stessa Juventus…
Non tocca a noi decidere, sancire, assolvere o condannare. A noi è casomai lasciato il diritto allo stupore, oltre che il diritto/dovere all’informazione. Ed anche al dire anzi al ri-ri-ridire che a nostro parere lo scudetto 2006 doveva essere sacrosantamente tolto alla Juventus, colpevole di corruzione attraverso il suo direttore generale (come lo scudetto 2005, revocato senza proteste da parte del club bianconero, ma non assegnato al Milan secondo in classifica però sotto sospetto di corruzione, con accusa e processo conseguenti), ma proprio non doveva essere assegnato all’Inter, fra l’altro responsabile (toh, la clausola oggettiva) delle pressioni sempre telefoniche esercitate più meno negli stessi tempi dall’allora presidente dell’Inter Facchetti, le cui eventuali colpe – lui non angelico però moltissimo meno perentorio, a quel che appare dalle intercettazioni, di Moggi - al limite possono inguaiare la stessa Inter, ma non mai assolvere la Juventus.
All’insegna poi balorda e populistica, moggiana e ora anche bianconera, del “così fan tutti”. Ma per quanto tempo se ne dovrà parlare e scrivere ancora? Che tristezza, che noia, che disgusto, e (temiamo presto) che schifo.