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martedì 20 maggio 2025
 
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Karol Wojtyla e la caduta del Muro

24/11/2014  Giovanni Paolo II è convinto che le radici cristiane dell’Europa non siano solo ad Occidente, anche ad Est e che l’Europa respiri con due polmoni. Ha in mente un continente spirituale, un'“Europa dello Spirito” che spazia dall'Atlantico agli Urali.

Papa Wojtyla a Berlino il 23 giugno 1996. Foto Ansa.
Papa Wojtyla a Berlino il 23 giugno 1996. Foto Ansa.

Papa Wojtyla è il primo Papa straniero ed europeo, cioè non italiano e non solo slavo. Cracovia non è lontana dall’Europa e attorno alla città polacca si è intrecciata la più grande tragedia dell’Europa, la Shoah con Auschwitz. Wojtyla sogna una Europa diversa, parla di Europa nonostante Jalta e nonostante le divisione e stupisce subito, perché va oltre anche il confine della piccola Europa carolingia cara a Pio XII. Wojtyla crede nell’azione intrapresa da Roncalli, che aveva per primo messo in pista il più grande diplomatico che la Chiesa ha avuto nei tempi redenti: Agostino Casaroli.

E’ l’uomo che può segnare la differenza e aiutare nella costruzione di una nuova Europa. Lo fa contro il parere di molti in Vaticano e nelle Chiese martiri dell’Est, dalle quali tuttavia viene anche il cardinale di Cracovia. Quando nel 1988, dopo anni di contatti e di tessitura, Casaroli va al Cremlino il disegno è compiuto. Qui sta la differenza con Pio XII. Wojyla è convinto che le radici cristiane dell’Europa non siano solo ad Occidente, anche ad Est e che l’Europa respiri con due polmoni. Sotto il suo pontificato l’Europa cresce, si allarga, adotta la moneta comune. Ma Wojtyla comincia a parlare anche della “secolarizzazione lacista” dell’Europa e dei guai che il liberalismo porta come era avvenuto per il comunismo. Ci sono date simboliche che rimandano ad altrettanto eventi simbolici. Il muro crolla il 9 novembre 1989, giorno della dedicazione della Basilica lateranense, la cattedrale del Papa. La bandiera rossa viene ammainata il 25 dicembre 1991 dal Cremlino.

Wojtyla  ha visto l'orrore del comunismo e spera che il crollo dell'URSS serva da lezione: “Il momento è propizio – dice al corpo diplomatico della Santa Sede il 13 gennaio 1990 – per raccogliere le pietre dei muri abbattuti e costruire insieme la casa comune”. Ha in mente un continente spirituale, un'“Europa dello Spirito” che spazia dall'Atlantico agli Urali: “L'Europa che ho in mente è un'unità politica, anzi spirituale, nella quale i politici cristiani di tutti i paesi agiscono nella coscienza delle ricchezze umane che la fede porta con sé: uomini e donne impegnati a far diventare fecondi tali valori, ponendosi al servizio di tutti per un'Europa dell'uomo, sul quale splenda il volto di Dio”. L'allargamento dell'UE ai popoli della cortina di ferro si traduce però in dilagante materialismo. E allora Giovanni Paolo II dice con forza che lui non ci sta. A Wloclawek, una città polacca sul fiume Vistola, pronuncia un discorso memorabile il 7 giugno 1991, nel quale attacca il falso europeismo che seduce con i miti del consumo e del godimento. Il magistero europeistico dei Papi  continua così, con le sue denunce e inchiodando responsabilità dei governanti e dei popoli il magistero europeistico dei Papi.  

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