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martedì 25 marzo 2025
 
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Kenya, Garissa e Wajir tra carestia e paura

03/04/2015  Marco Iazzolino, vice-coordinatore internazionale della Camillian Task Force, analizza la situazione attuale della zona nel Nordest del Kenya, al confine con la Somalia, dove i miliziani al-Shabaab hanno ucciso quasi 150 studenti cristiani (foto Reuters).

«I miliziani al-Shabaab hanno attaccato il college di Garissa perché ha un valore altamente simbolico: è l'ultimo avamposto di una società multireligiosa come quella del Kenya ed è un luogo dove le due religioni, cristiana e musulmana, vivevano pacificamente». A commentare il massacro degli studenti cristiani nell'ostello universitario nel Nordest del Kenya,  è Marco Iazzolino, vice-coordinatore internazionale della Camillian Task Force, organismo dell'Ordine dei camilliani impegnato negli aiuti umanitari nel mondo.  

«Nella zona di Garissa e Wajir, al confine con la Somalia, ormai da settimane la tensione è molto alta: il 17 marzo cinque persone sono state uccise nel centro di Wajir dagli Shabaab, che sono molto radicati in questo territorio». In questa zona, spiega Iazzolino, la situazione di profonda crisi è determinata dalla presenza concomitante di alcuni elementi. «Primo: in questo momento il territorio è flagellato da una carestia devastante. Più ci si sposta verso il confine somalo più la mancanza di cibo e di acqua è pesante».

Un secondo elemento è il cambiamento dello scenario politico avvenuto negli ultimi anni in Kenya: «La devolution voluta dal Governo di Nairobi ha fatto sì che la zona acquistasse una sua sostanziale autonomia, ma allo stesso tempo l'ha depauperata dell'intervento degli organismi internazionali, soprattutto in campo sanitario. Va inoltre sottolineato che il movimento dei miliziani islamici integralisti al-Shabaab è molto legato al mondo giovanile, si diffonde con forza tra i giovani, facendo presa soprattutto laddove imperano povertà e ignoranza».

I cristiani ormai da mesi vivono sotto scacco, tra attacchi alle chiese, maltrattamenti, impossibilità di andare in giro da soli. «In quel territorio essere cristiano significa essere non somalo, quindi, per estensione, significa governo di Nairobi, che è contro gli Shabaab.  I cristiani non solo sono kenyoti, ma soprattutto sono militari e appartenenti alla polizia». Dunque, cristiani uguale a non somali, quindi kenyoti e insieme militari e poliziotti: un'equazione esplosiva. 

 «Va inoltre ricordata», aggiunge Iazzolino, «la decisione di alcune settimane fa da parte del Governo di chiudere le frontiere con la Somalia: in realtà il transito libero già non era ammesso. Ma le autorità hanno iniziato a bloccare i camion che trasportavano prodotti come la canna da zucchero in arrivo dalla Somalia». Questo significa blocco dei rapporti economici che, in un momento di grave carestia, risulta deleterio. 

Iazzolino è rientrato da Wajir solo pochi giorni fa.Una breve pausa in Italia, prima di una nuova missione africana, stavolta in Sierra Leone.
«E' molto importante che si parli della zona di Garissa e Wajir», conclude Iazzolino, «fare luce su questo territorio, perché
rappresenta una delle culle dei movimenti migratori che, attraverso la Libia e il Mediterraneo, arrivano da noi. La crisi che si sta consumando oggi in quella terra produce i migranti di domani».  

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