Ora nei cinema, Kubo e la spada magica è il quinto lungometraggio presentato da Laika (contando anche La sposa cadavere, in collaborazione con Tim Burton), uno studio di animazione relativamente giovane (l’anno di fondazione è il 2005), ma con un curriculum assolutamente di tutto rispetto: tre candidature all’Oscar (con Coraline nel 2009, ParaNorman nel 2012 e Boxtrolls nel 2014) e una fama, meritata, di originalità e coraggio nel panorama delle grandi produzioni animate hollywoodiane.
Ritroviamo in Kubo e la spada magica il tratto comune di tutti i film di Laika, l’utilizzo della stop motion, la venerabile tecnica “a passo uno” che prevede di comporre le immagini della pellicola finale riprendendo i movimenti infinitesimali degli oggetti animati uno alla volta, fotogramma per fotogramma, unita alle moderne tecnologie digitali: il risultato ogni volta è unico, e richiede pazienza certosina e tantissimo cuore. Un trasporto che si riflette in storie spesso diverse dal solito, ma nate per parlare a tutti, piccoli e grandi, passando da film dove non manca una componente spaventosa (Coraline, ParaNorman) a un’ironia sotto sotto raffinata e adulta in pellicole perfettamente inserite nel filone per famiglie (BoxTrolls).
Kubo e la spada magica è il film a suo modo più classico e tradizionale di Laika, eppure non manca di nascondere sotto al manto della fiaba per tutti e alla leggerezza un messaggio di grandissima umanità legato ai temi profondi della malattia (in particolare se porta con sé la perdita della memoria) e della morte.
LA STORIA DI KUBO E LA SPADA MAGICA
Kubo, il protagonista, è un ragazzino cantastorie in un Giappone medievale fantastico che fugge, insieme alla mamma, dal nonno, una divinità della Luna che gli ha ucciso il padre, lo ha reso orbo e vuole ora privarlo anche dell'altro occhio. Per contrastarlo si mette alla ricerca di alcuni oggetti magici, una spada e un’armatura; lo aiuteranno nel suo viaggio personaggi fatati, una scimmia parlante e un guerriero samurai che, a causa di una maledizione, ha preso le sembianze di uno scarabeo, e un potere magico: quando suona il suo shamisen, uno strumento a corde simile a un liuto, gli oggetti si animano per incanto e la carta crea origami viventi.
IL MESSAGGIO DI KUBO: IL RACCONTO VINCE SULLA MALATTIA
Kubo e la spada magica si sviluppa come fiaba: ci sono tutti gli ingredienti per una storia piena di portenti e fascino, e infatti il film regala immagini di grande bellezza e avventura, ma non è tutto qui. Kubo parallelamente al percorso epico affronta perdite dolorose, problemi concreti e molto quotidiani, come la malattia della sua mamma.
Per salvarlo quando era piccolo la madre si ferì alla testa, finendo per soffrire di frequenti amnesie. Cantastorie ella stessa, spesso non riesce a finire i suoi racconti. Il giovanissimo eroe è addolorato per la situazione, ma riesce alla sua buona volontà e alla capacità di ascoltare a farsi vicino a lei.
Il samurai scarabeo che lo accompagna in viaggio poi non riesce, a causa della maledizione che lo affligge, a ricordare il suo passato (da cui deriva anche il fatto che si distrae molto facilmente, come si può vedere in molte delle gag più felici del film) e aiutando il bambino recupererà la sua identità.
Anche uno degli snodi più sorprendenti e delicati del film (che sarebbe crudele anticipare a chi non l’ha ancora visto) è legato all’incapacità di alcuni personaggi di riconoscersi vicendevolmente per poi ritrovarsi uno di fronte all’altro in modo inaspettato.
Essere costretti a ricostruire ogni giorno la memoria e il contatto con gli affetti è una situazione dolorosamente familiare a chi subisce un lutto (che il film tratta per chi guarda bene senza facili scorciatoie, con tocco leggero e maturità) e a chi tutti i giorni deve affrontare il dramma di una malattia che porta all’oblio come l’alzheimer.
Dietro alla storia di Kubo c’è proprio questo: la sua ricerca eroica è anche il faticoso lavoro di farsi vicino a chi abbiamo perso e a chi, malato, dimentica e si smarrisce, aprirsi e ricucire ogni giorno i rapporti con i vivi e con i morti rammentando giorno dopo giorno la storia insieme. Gli occhi sono lo specchio dell’anima e la vera minaccia della divinità lunare ai protagonisti è che rubando la vista alle sue vittime impedisce l’incontro con l’altro attraverso lo sguardo.
Kubo and the two string, Kubo e le due corde, è il titolo originale del film, e l’adattamento italiano gli ha fatto in parte un torto: la vera arma dell’eroe non è la spada della sua ricerca; è invece pacifica ed è la sua musica, la capacità di narrare e ricordare. La soluzione finale (anche qui, preferiamo non anticipare troppo) non vede vendette o rivalse, ma una scelta nel nome della misericordia. Se la medicina ha riconosciuto nel canto un valido alleato nel combattere l’alzheimer così è anche per il senso di meraviglia che scaturisce da un racconto – e da un piccolo gioiello d’animazione.