Gli insulti razzisti alla sua persona sono stati un’autentica vergogna per l’Italia intera. E le sue battaglie per abolire l’inutile reato di immigrazione clandestina previsto dalla legge Bossi-Fini ci ha sempre trovati al suo fianco. Come pure la necessità di riconoscere la cittadinanza italiana ai bambini nati e cresciuti nel nostro Paese da genitori immigrati e, come tali, italiani a tutti gli effetti.
Ora però il ministro Cécile Kyenge entra a gamba tesa in un territorio delicatissimo e da Venezia, in visita alla Mostra del Cinema, “benedice” la proposta della neoconsigliera comunale Camilla Seibezzi di togliere la dicitura “padre” e “madre” dai moduli per l’iscrizione agli asili nido e alle scuole dell’infanzia per sostituirla con quelle di “genitore 1” e “genitore 2”. «Mi sono sempre battuta per le pari opportunità. Se questa è una proposta che le rafforza, mi trova d’accordo», ha detto il ministro dell’Integrazione che in questo modo sposa in pieno l’idea, assurda e completamente fuori dalla realtà, che dire “mamma” e “papà” sia discriminatorio nei confronti dei bambini cresciuti da coppie omosessuali e soprattutto ignora il sacrosanto diritto di ogni bambino di crescere con una madre e un padre.
L’idea della Seibezzi, sconfessata, tra gli altri, dal sindaco di Venezia Orsoni e dal patriarca Francesco Moraglia, non è nuova. Il primo a tirarla fuori fu Zapatero in Spagna nel 2006 quando approvò la legge che permetteva il matrimonio tra persone dello stesso sesso e la possibilità per queste coppie di adottare bambini. Poi, qualche mese fa, è stata la volta della Francia di Hollande.
La proposta nasce dal fatto che il linguaggio sia uno strumento fondamentale per contrastare discriminazioni e stereotipi e si basa sull’ideologia del gender che non riconosce nessuna differenza tra uomo e donna, una differenza che è invece costituiva dell’essere umano ed è alla base del matrimonio e della famiglia fondata su di esso.
«Con l’assessorato alle Politiche giovanili», ha promesso Seibezzi illustrando il suo programma, «lavorerò ai progetti contro omofobia e discriminazioni razziali ed etniche. Insieme all’assessorato all’Istruzione mi occuperò di testi per l’infanzia, in cui la differenza venga presentata come una realtà esistente e di pari dignità».
La benedizione della Kyenge, che fa parte di un governo che non ha neanche espresso un ministero o una delega ad hoc per la famiglia, proprio non ci voleva.