Dal quartiere “bene” delle ambasciate a quello “pericoloso” di Serafina. Il Papa vuole conoscere, nella sua visita in Portogallo anche i problemi del Paese. E lo fa visitando una delle zone dove anche gli abitanti di Lisbona stentano a mettere piede: «Troppo pericoloso, lì ci sono non solo e non tanto i poveri, ma gli spacciatori». Da anni ci lavorano, con dedizione, i padri missionari della consolata. Hanno accolto anziani e disabili, hanno istituito una scuola per l’infanzia e messo in piedi attività per i ragazzi. Il Papa comincia a leggere il suo discorso, dopo le testimonianze, ma poi abbandona il testo «ho problemi alla vista e mi fanno male i riflettori» e li ringrazia a braccio per quello che fanno con il Centro Paroquial da Serafina, con la Casa Famiglia Ajuda de Berço e con l’Associazione Acreditar. Parla di amore e dell’impegno per il bene comune, e della bellezza di fare il cammino insieme «giovani e adulti, sani e malati, insieme. João ci ha detto una cosa molto importante: che non bisogna lasciarsi “definire” dalla malattia, ma farne parte viva del contributo che diamo all’insieme, alla comunità. È vero: non dobbiamo lasciarci “definire” dalla malattia o dai problemi, perché non siamo una malattia o un problema: siamo, ciascuno di noi, un dono, un dono unico nei suoi limiti, un dono prezioso e sacro per Dio, per la comunità cristiana e per la comunità umana». E poi bisogna agire concretamente, andare avanti perché «la Chiesa non è un museo di archeologia. Essa è l’antica fontana del villaggio che dà l’acqua alle generazioni di oggi, come la diede a quelle del passato». Una fontana che deve dissetare «i viandanti che arrivano, con il peso e le fatiche del loro cammino, così come sono! Concretezza, dunque, attenzione al “qui e ora”, come già fate, con cura dei particolari e senso pratico, belle virtù tipiche del popolo portoghese. Quando non si perde tempo a lamentarsi della realtà, ma ci si preoccupa di andare incontro ai bisogni concreti, con gioia e fiducia nella Provvidenza, accadono cose meravigliose». Il Papa ricorda che tutti siamo fragili e bisognosi, «ma lo sguardo di compassione del Vangelo ci porta a vedere le necessità di chi ha più bisogno. E a servire i poveri, i prediletti di Dio che si è fatto povero per noi: gli esclusi, gli emarginati, gli scartati, i piccoli, gli indifesi. Sono loro il tesoro della Chiesa, sono i preferiti di Dio!».