Ogni anno le interruzioni volontarie di gravidanza diminuiscono. È quanto emerge dall’ultima relazione annuale sull’attuazione della legge 194/78, sulla tutela sociale della maternità e per l’interruzione di gravidanza, redatta dal Ministero della salute e presentata al Parlamento lo scorso settembre. I primi dati a disposizione rivelano che nel 2012 sono stati compiuti 105.968 aborti. Questa cifra pone in evidenza un leggero decremento (4,9%) rispetto all’anno precedente: nel 2011, infatti, le interruzioni sono state 111.415. Ma una netta diminuzione può essere colta confrontando le misure attuali con quelle del 1982, anno in cui si è registrato il più elevato ricorso all’IVG: ben 234. 801 casi. Il decremento è pari al 54,9%.
Il tasso di abortività (numero di IVG per 1.000 donne in età feconda tra 15-49 anni), sempre nel 2012, è risultato pari a 7,8 per 1.000, con un decremento dell’1,8% rispetto al 2011 e un decremento del 54,7% rispetto al 1982. La percentuale italiana si conferma tra quelle più basse osservate nei Paesi industrializzati. A partire dal 1983, inoltre, il tasso di abortività è calato in tutte le fasce di età, più significativamente in quelle centrali. Per esempio, tra le minorenni, nel 2011 il tasso è risultato pari al 4,5 per 1000, con livelli più elevati nell’Italia settentrionale e centrale. Resta elevato il ricorso all’IVG da parte delle donne straniere, che costituiscono un terzo delle interruzioni totali in Italia. Anche tra queste donne, tuttavia, si comincia ad osservare una tendenza verso la riduzione al ricorso all’IVG. Dati positivi, non c’è che dire. Anche se non totalmente veritieri.
«Se gli aborti diminuiscono non c’è che da rallegrarsi, ma è più che ragionevole dubitare che la diminuzione sia reale», commenta Marina Casini, docente di Bioetica alla cattolica di Roma. Accanto a lei, in effetti, conviene domandarsi: «Dove sono i numeri della “micro-abortività” delle pillole del giorno dopo e dei cinque giorni dopo?». «In ogni caso» conclude l’esperta, «il merito del calo non è della legge 194, ma di una cultura alternativa a quella della legalità dell’aborto che, nonostante la 194, ha fatto breccia nella società: il concepito è un figlio, è “uno di noi”».