Un discorso chiaro, asciutto, scevro da ogni politichese o giuridichese, pacato ma fermo, rivolto più agli italiani che ai parlamentari. C'è tutto il corso del nuovo settennato nelle parole di questo professore di diritto solitamente lontano dai riflettori, più abituato alle aule che alle piazze. Eppure Sergio Mattarella è riuscito ad affrontare tutti gli argomenti, tutti i nodi che tormentano questo Paese, inserendoli in un contesto storico e internazionale. Un discorso che si è mantenuto nell'alveo di un garante costituzionale, completo, che ricalca "l'agenda esigente" su cui "sarà misurata" l'efficacia delle istituzioni rispetto al popolo italiano.
Colpisce quel "significa", ripetuto di continuo, per indicare come si declina la Costituzione nel 2015, ovvero qual è il significato della sua missione di capo dello Stato. Ed ecco risuonare nell'aula i pilastri di questa nostra tormentata Repubblica: la scuola, il diritto allo studio, il superamento dei problemi legati alla disabilità, la famiglia come risorsa della società, le donne che non devono temere violenza e discriminazioni, i valori della Resistenza, la legalità, la lotta alla mafia e al cancro della corruzione (e per riaffermarne la condanna morale ha citato papa Francesco), al terrorismo internazionale, alla minaccia del fondamentalismo islamico, fino al ricordo del piccolo Stefano Tascé, il bambino di due anni morto nell'attentato alla sinagoga nell'82.
Mattarella ha rimarcato l'esigenza di rinnovare il percorso di unità dell'Unione europea ("va rilanciato senza indugi") e ricordato la tragedia dei profughi che approdano sulle nostre coste. Il nuovo presidente non ha dimenticato i nostri concittadini nelle mani del terrorismo islamico, a cominciare da padre Dall'Oglio. Uno degli applausi più lunghi è risuonato nell'aula quando in questo discorso ("essenziale, conciso e non retorico", come ha commentato Napolitano) ha citato i due marò ancora trattenuti dal governo indiano. Ha manifestato il suo plauso all'opera delle Forze armate ma anche a quella dei cooperatori sparsi in tutto il mondo nelle organizzazioni di volontariato.
Il capo dello Stato aveva dimostrato in apertura la sua sensibilità di cattolico democratico nel ricordare i principali problemi di disagio sociale che affliggono l'Italia, dai volti dei malati ai giovani disoccupati. Sarà un arbitro, come è dovere di chi è chiamato a garantire la Costituzione. Un arbitro imparziale che certamente vigilerà sul compimento delle riforme istituzionali e sociali che dovranno portare il Paese fuori dalla drammatica crisi in cui versa. Sarà tutto tranne che un taglianastri, come si è capito da queste sue prime parole.