Sono le 11.46 di lunedì
11 febbraio. Il flash dell’Ansa
fa il giro del mondo: «Papa
lascia pontificato dal 28/2».
Benedetto XVI spiega di
sentire il peso dell’incarico,
di aver a lungo meditato
quella decisione e di averla
presa per il bene della Chiesa.
Tra i motivi citati anche l’età
avanzata, «ingravescentem
aetatem», nel testo in latino.
Solo un Papa dalla raffinata
elaborazione teologica può
tradurre in pratica quanto
ipotizzato da almeno due
predecessori (Paolo VI e
Giovanni Paolo II).
Il 13 marzo,
a sorpresa, ecco l’elezione
di papa Francesco. Non un
populista. Né un astratto
sentimentale. Semmai
un profeta, nel senso letterale
del termine: «Colui che
parla a nome di qualcuno».
Il gesuita Jorge Mario
Bergoglio segna un ritorno
al Vangelo, parla a nome
di Dio, insegna a mettersi
alla sua scuola. Una Chiesa
riformata, all’altezza
della sua missione, è per
lui il miglior contributo
per cambiare il mondo
d’oggi rendendolo più umano.