Gal Bason, 21 anni, sergente. Una delle tante giovani vittime tra i soldati israeliani.
Gaza brucia, a Mosul, in Iraq, non si celebra più la Messa, neppure le comunità cristiane vengono risparmiate come dimostra l’attacco alla parrocchia cattolica della Sacra Famiglia di martedì scorso in cui è stata distrutta la scuola parrocchiale. Anche il Vaticano muove la sua diplomazia e cerca di ricordare a tutte le parti in causa i ripetuti appelli alla pace di papa Francesco. Mercoledì la Segreteria di Stato ha inviato alle ambasciate accreditate presso la Santa Sede una “nota verbale” per richiamare i recenti appelli sia sulla situazione dei cristiani in Iraq sia, più in generale, sui conflitti in corso in Medio Oriente, rivolti dal Pontefice dopo gli ultimi Angelus.
«La Segreteria di Stato segue la situazione delle comunità cristiane in Medio Oriente con grandissima preoccupazione», ha commentato l’iniziativa a Radio Vaticana l’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati. «Le comunità cristiane stanno soffrendo ingiustamente, hanno paura e molti cristiani sono stati costretti a emigrare. Solo a Mosul circa 30 chiese e monasteri sono stati occupati e danneggiati dagli estremisti e la croce è stata tolta. Per la prima volta in tantissimi anni non si è potuta celebrare la santa Messa la domenica», ha sottolineato monsignor Mamberti.
Poi ha aggiunto: «Bisogna ricordare che in Iraq, come negli altri paesi del Medio Oriente, i cristiani sono presenti dall'inizio della storia della Chiesa e hanno avuto un ruolo significativo nello sviluppo della società e vogliono semplicemente continuare a essere presenti come artefici di pace e di riconciliazione», ha aggiunto il “ministro degli esteri” vaticano.
L'Arcivescovo ha spiegato che «la Santa Sede agisce a diversi livelli». Innanzitutto il Papa stesso «ha manifestato in varie occasioni e in modo commosso la vicinanza alle comunità cristiane, in particolare alle famiglie di Mosul, invitando tutti a pregare per loro. Ha personalmente espresso la sua vicinanza anche attraverso alcuni dei loro responsabili religiosi, tra cui il Patriarca di Babilonia dei Caldei e il Patriarca di Antiochia dei Siri, incoraggiando pastori e fedeli a essere forti nella speranza. Ha mandato pure un aiuto economico alle famiglie tramite il Pontificio Consiglio Cor Unum, per venire incontro ai bisogni umanitari». E ora la nota verbale inviata alle ambasciate accreditate presso la Santa Sede, intervento della Segreteria di Stato che, «attraverso i propri canali diplomatici, continua a stimolare l'attenzione delle autorità internazionali e dei governi alla sorte di questi nostri fratelli».
«È nostro vivo augurio - ha detto il responsabile vaticano per i rapporti con gli Stati - che la comunità internazionale prenda a cuore la questione, giacché sono in gioco principi fondamentali per la dignità umana, il rispetto dei diritti di ogni persona, per una convivenza pacifica e armoniosa delle persone e dei popoli».
«L'Iraq e gli altri Paesi del Medio Oriente – ha continuato Mamberti - sono chiamati a essere un modello di convivenza tra comunità diverse, altrimenti sarebbe una grande perdita e un pessimo presagio per il mondo intero».
In particolare, secondo Mamberti, quella di Gaza è «una situazione tragica e molto triste alla quale c'è il rischio purtroppo di abituarsi e di darla quasi come inevitabile, il che non sarebbe giusto. Il Santo Padre ha rivolto numerosi appelli a continuare a pregare, invocando il dono della pace e accogliendo la chiamata che viene da Dio a spezzare la spirale dell'odio e della violenza che allontana dalla pace».
Infine, ha concluso Mamberti, «Vorrei qui ribadire l'invito del Papa a quanti hanno responsabilità
politiche a livello locale e internazionale a non risparmiare alcuno
sforzo per fare cessare ogni ostilità e conseguire la pace desiderata
per il bene di tutti».