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domenica 13 ottobre 2024
 
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Il gusto (evangelico) del mangiare insieme

20/03/2019  Il fondatore della Comunità di Bose Enzo Bianchi e lo chef stellato Antonio Guida a confronto all'Auditorium San Paolo di Milano sull'importanza del cibo e i tanti significati della convivialità

Che ci fanno assieme come relatori allo stesso tavolo un monaco del carisma di Enzo Bianchi e uno chef stellato della fama di Antonio Guida? Converseranno su “Cibo come legame d’amore”: questo il titolo dell’evento  che si svolgerà all’Auditorium delle Edizioni San Paolo a Milano, venerdì 22 marzo alle ore 21 (in collaborazione con “I Semprevivi.onlus”). Cercheranno, cioè, di spiegare quali significati assume e ha sempre assunto lo stare assieme mangiando alla stessa tavola imbandita, preparando un piatto per gustarlo in compagnia.   

“Assieme e prima del cibo, a tavola mangiamo parole, affetti, storie,  intimità. Insomma perdere quest’occasione è una  denutrizione spirituale, prima che organica”. A scriverlo è stato Luigi Ballerini, uno psicoanalista milanese, scrittore per l’infanzia nel suo “I bravi manager cenano a casa. Mangiare in famiglia fa bene a tutti”.  Ed è davvero così, perché il cibo mangiato assieme crea compagnia, relazione, complicità. A tavola si celebra la vita, da sempre: trecentomila anni fa nella grotta preistorica di Qesem in Israele, come a bordo della stazione spaziale “Discovery”.  Non a caso a tavola nascono e si consolidano amicizie, affetti, amori; ma attorno ad essa si stringono anche patti e accordi istituzionali. La mensa, poi, per il credente è il luogo dell’Eucaristia; e il banchetto eucaristico è il simbolo per eccellenza dell’eterna amicizia tra Dio e gli uomini; mentre la condivisione del pane è profezia della condivisione dei beni della terra. Altro che semplici pietanze per il sostentamento del corpo.   

“Nel bel mezzo della vita siamo a cena”, ha scritto il saggista americano Adam Gopnik nel suo  “In principio era la tavola”. “Non capisco come  faccia una coppia a iniziare a vivere insieme comprando un divano o una tv. Non lo sanno che la tavola viene prima?”, si chiese una volta, indignato, il grande chef britannico Fergus Henderson. Tavola, ovviamente,  intesa nel senso del pranzare insieme, del mangiare in “compagnia” che, guarda caso, deriva dal latino “cum panis”, che significa “condividendo lo stesso pane”.  Il rischio della nostra società è che i ritmi sempre più frenetici della vita quotidiana ci privino del tempo di gustare un piatto in compagnia. Secondo Fipe/Confcommercio sono 12 milioni gli italiani che consumano il pranzo abitualmente non in famiglia, ma in mensa o al ristorante.

   La tavola è un’occasione straordinaria per recuperare il dialogo perduto. ‘L’appetito vien mangiando’, dice il motto, ed è vero in più sensi: alimentare, sociale ma anche spirituale.  Lo sapeva bene anche Gesù. Quante volte i Vangeli testimoniano la sua l’attenzione per il momento conviviale? Dalla premura con cui griglia il pesce per i suoi discepoli in riva al lago di Tiberiade, allo spezzare il pane dell’ultima Cena, fino al suo interesse per non far mancare il vino al banchetto di nozze di Cana.

Cucinare bene è un modo di esprimere la "cura" per l'altro. Una ricetta  gastronomica e la sua corretta preparazione nascondono l’attenzione per la persona. E  il piacere del  palato si mescola a quello della conversazione coi commensali.  Chi, quindi, meglio di un grande chef, come il salentino Guida, e il fondatore della Comunità di Bose, Enzo Bianchi, autore tra l’altro del recente “Spezzare il pane. Gesù a tavola e la sapienza del vivere” poteva meditare su un simile tema?

 
 
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