Trecentonove vittime, una ricostruzione faticosa, lenta e difficile, la voglia di ricominciare. Il tempo trascorso dalla notte del 6 aprile 2009, dieci anni esatti, è troppo poco per cancellare il dolore dal cuore dei familiari delle vittime, morte sotto le macerie causate dal terremoto che dvastò L'Aquila e il suo circondario.
«Sono passati dieci anni e abbiamo il dovere della memoria. Ci sono tante persone hanno perso i loro cari, che rivivono in questo momento una grande sofferenza. La mia presenza qui è la testimonianza che la ferita della comunità locale è una ferita della comunità nazionale», ha detto il premier, Giuseppe Conte, che la notte scorsa ha partecipato alla fiaccolata in memoria delle vittime. Un'onda di luce disegnata dalle fiaccole per le vie ha illuminato la città che alle ore 3 e 32 del 6 aprile del 2009 veniva quasi rasa al suolo dal sisma. In corteo non ci sono solo i familiari delle vittime del sisma. Con loro anche le persone colpite da altri disastri, da Amatrice a Rigopiano, dall'Emilia a Viareggio, a San Giuliano di Puglia.
Un decennale che ha riacceso i riflettori sulla città, presa d'assalto per l'anniversario dai media nazionali e internazionali. «Abbiamo lavorato a un piano nazionale per la messa in sicurezza del territorio contro i rischi del dissesto idrogeologico, intervenire successivamente è sempre peggio che intervenire prima», ha affermato ancora Conte. «Sono già stati stanziati tre miliardi per quest'anno, che sono stati distribuiti alle Regioni, per il prossimo triennio sono stati stanziati 11 miliardi. Abbiamo inserito alcune norme per la ricostruzione nel decreto sblocca-cantieri, approvato due settimane fa, il Governo ha nominato il Commissario straordinario, ha un delegato che costantemente segue il processo e i problemi legati alla Ricostruzione. Non è un caso che la mia prima visita istituzionale sia stata in una zona terremotata del Centro Italia. È stata una visita dal grande valore simbolico».
Come ogni anno da quel 6 aprile 2009 il silenzio si rompe solo dal rumore dei passi del lungo serpentone umano. Ad aprirlo lo striscione dei familiari delle vittime con la scritta “Per noi, per loro e per tutti” e con un lenzuolo con i nomi dei 309 morti del sisma. «Il nostro impegno in questi dieci anni si può sintetizzare nello slogan “cercare giustizia e trovare la legge”, due principi che spesso non coincidono«, ha spiegato Antonietta Centofanti, presidente del comitato vittime della Casa dello Studente, «Il nostro stato d'animo? Ci rimbocchiamo le maniche e lottiamo, il terremoto per noi è sempre, ce lo abbiamo dentro tutti i giorni, non è ritualità una volta l'anno. La ricostruzione? Quella privata è avanti, quella degli edifici pubblici, in particolare le scuole, è ferma al palo, comunque, è stato fondamentale aver riportato i bambini in classe subito».
Il sindaco: non siamo una landa desolata
Oltre al profondo dolore e alla commozione per le perdite umane e per le gravi ferite non del tutto rimarginate - che raggiunge il culmine nella lettura dei nomi fatta in piazza Duomo e nei 309 rintocchi delle campane della chiesa di Santa Maria del Suffragio, riaperta al culto il 6 dicembre scorso alla presenza del Capo dello Stato - nella commemorazione del decennale si respira voglia di riscatto e di rinascita di una città che vuole tornare più bella di prima: in questo senso, il sentimento è interpretato dalle parole del sindaco che, rispetto ai reportage troppo negativi che hanno dato all'Italia e al mondo l'immagine di «una landa desolata, popolata di disperati, folli che hanno perso la fiducia, un narrazione ingenerosa, in alcuni casi addirittura falsa», ha rivendicato, sia pure tra le difficoltà, la condizione di territorio «in rigenerazione», di «città rimarginata« che non può e non deve essere considerata «una vergogna nazionale».
Il corteo è partito alle 22.30, da via XX settembre fino a piazza Duomo intorno alla mezzanotte con la toccante sosta davanti al piazzale dove c'era la Casa dello Studente nella quale sono morti otto giovani universitari. Poi la messa nella chiesa del Suffragio celebrata dal cardinale Giuseppe Petrocchi, arcivescovo metropolita dell'Aquila e, nella notte, la veglia di preghiera “Aspettando le 3,32”, animata dalla Congregazione Salus Populi Aquilana. L’Aquila ma non dimentica ma si è rialzata.
Il dolore del Papa che scrive agli aquilani
Anche papa Francesco ricorda il decimo anniversario del sisma con una lettera nella quale ricambia subito i "saluti cordiali" che tutti i cittadini hanno fatto giungere in Vaticano attraverso l'arcivescovo, il cardinale Giuseppe Petrocchi il quale, la notte scorsa, ha presieduto nella Chiesa di Santa Maria del Suffragio una Messa prima della veglia di preghiera con tutta la cittadinanza. Nelle parole del Pontefice il ricordo della «devastazione e della morte» seminate dal sisma: «Prego», scrive Bergoglio, «per le vittime di quella tragedia e per le loro famiglie. Vi assicuro che accompagno, con viva partecipazione, il faticoso cammino che vi impegna a ricostruire – bene, rapidamente e in maniera condivisa – gli edifici pubblici e privati, come anche le chiese e le strutture aggregative».
Infine Francesco invoca dal Signore Risorto «la luce e la forza per rendere sempre più coesa e creativa la vostra comunità ecclesiale e sociale, facendovi, così, coraggiosi testimoni di operosa legalità, di fattiva sinergia e di fraterna solidarietà». La lettera si chiude con la preghiera alla Vergine «perché accompagni e benedica tutti con affetto»