L’arcivescovo di Tuam, Michael Neary, ha parlato, all’inizio di marzo, nella cattedrale della città, durante l’omelia della messa, della casa di accoglienza per madri e bambini gestita dalle suore del “Bon Secours” e ha espresso il suo shock per i maltrattamenti che gli ospiti di quella struttura hanno subito, tra il 1925 e il 1961, e dato il suo sostegno ai sopravvissuti.
L’arcivescovo si è anche scusato per la mancanza di amore, da parte della chiesa, verso quei bambini e le loro madri.
“Sono rimasto profondamente scioccato, come tutti, quando ho saputo il numero dei bambini sepolti nella “Mother and baby Home” a Tuam”, ha detto l’arcivescovo Neary, “Ho provato orrore e anche tristezza quando ho scoperto che c’erano molti resti di bambini. Riesco appena ad immaginare il dolore delle madri mentre assistevano alla morte dei figli per non parlare dell’angoscia che le poverette devono aver provato quando venivano costrette a darli in adozione. Alcune di queste giovani e vulnerabili donne avevano vissuto la terribile esperienza di rifiuto delle loro famiglie e la sofferenza che hanno sopportato va oltre la nostra capacità di comprensione”.
Sempre durante la stessa predica l’arcivescovo ha sottolineato che dare degna sepoltura ai resti dei cadaveri dei bambini, in terra consacrata, a Tuam è una sua priorità e capire che cosa è successo davvero è una questione di interesse pubblico. Benchè l’arcidiocesi non fosse coinvolta nella gestione dell’istituto di st. Mary l’arcivescovo Neary ha detto di aver consegnato alla commissione di inchiesta nominata dal governo tutti i documenti che sono rilevanti alla questione.
L’arcivescovo ha anche invocato la misericordia del Signore “perché possa consolare tutte quelle madri che hanno perso i loro figli nella “casa di st. Mary”, le loro famiglie e tutti coloro che sono stati addolorati dalla notizia e ha chiesto alla Madonna di comfortarli.
In una seconda predica, sempre agli inizi di marzo, l’arcivescovo ha ricordato come le ragazze madri, ancora negli anni sessanta, venissero ostracizzate e isolate e trattate senza umanità e ha detto che è importante chiedersi come la società irlandese dell’epoca, che pure si considerava guidata da valori cristiani, abbia potuto trattare con tanta crudeltà le madri e i loro piccoli.
“E’ comprensibile che vi sia una reazione di rabbia condivisa, scatenata da questa situazione”, ha detto l’arcivescovo Neary, “perché la gente è profondamente addolorata da quello che è stato scoperto. Esiste, però, il rischio che, una volta che la rabbia si affievolisce, siamo tentati di occuparci di un altro problema sociale senza aver capito pienamente la tragica situazione che ci sta davanti”.
Nella stessa predica l’arcivescovo ha ricordato che è importante che l’inchiesta, aperta dal governo irlandese, faccia emergere tutta la verità e ha detto che “anche oggi la cura dei più svantaggiati nella nostra società rappresenta per noi una grande sfida”.
“Dobbiamo imparare dal passato per evitare simili ingiustizie nel futuro”, ha detto l’arcivescovo prima di scusarsi “per il dolore provocato dal fallimento della chiesa che, anziché amare e curare quei bambini e le loro mamme, li ha rifiutati e maltrattati”.