“L’audacia della pace”, credere che c’è un’alternativa alla guerra, che si deve investire di più nel dialogo e nella diplomazia. È questo il senso dell’incontro internazionale promosso dalla Comunità di Sant’Egidio in collaborazione con le Chiese cattolica ed evangelica di Berlino. Qui, dal 10 al 12 settembre, sono convenuti centinaia di leader cristiani delle diverse confessioni, rabbini ebrei, musulmani sunniti e sciiti, esponenti buddisti e di altre religioni asiatiche, insieme a rappresentanti del mondo della cultura e delle istituzioni, provenienti da oltre 40 Paesi del mondo.
Siamo al 37^ appuntamento del cammino iniziato ad Assisi nel 1986 per un’intuizione di Giovanni Paolo II. L’immagine dei diversi leader religiosi, a cui Wojtyla propose di diventare insieme artigiani di pace, riuniti nella città di San Francesco con i loro abiti variopinti, è entrata nella storia del Novecento. Allora il mondo era diviso e proprio a Berlino la storia non tace: il terreno su cui oggi si inaugura la tre giorni era minato per evitare che gli abitanti dell’est passassero all’ovest. Qui l’eredità della guerra è durata quasi mezzo secolo e un tratto di muro è ancora lì, a pochi metri dal luogo in cui Andrea Riccardi dice: «Quell’eredità è stata cancellata non con un’altra guerra, ma con un movimento, che è stato pressione pacifica della gente diplomazia, dialogo, audacia: l’audacia dell’89!». Ad ascoltarlo c’è il presidente Frank-Walter Steinmeier di quella Germania la cui storia racconta come si può far cadere il Muro a mani nude, far rinascere una città libera e unita e ricostruire un Paese diviso.
Il pensiero è innanzitutto all’Ucraina e a chi critica i tentativi di passare dalle armi al dialogo: «Parlare di pace – dice il fondatore di Sant’Egidio – non è intelligenza con l’aggressore o svendita dell’altrui liberà, ma coscienza profonda e realista del male della guerra sui popoli. Audacia della pace, che è perseguire visioni alternative senza rassegnarsi ai binari obbligati della realtà». Ma riflettere sulla pace vuol dire guardare anche al continente africano, con tante voci che si alterneranno nell’incontro internazionale: «L’Africa ha bisogno di essere ascoltata e compresa meglio», ricorda il presidente della Guinea-Bissau Umaro El Mokhtar Sissoco Embalò, che ha ricordato la mediazione tra il governo senegalese e i separatisti della vicina regione della Casamance.
E ancora, il conflitto in Yemen, nel Sahel scosso da nuovi golpe, o nel Nagorno-Karabakh, dove la fame viene usata come un’arma. «Le guerre – continua il fondatore di Sant’Egidio – sono come incendi: c’è chi li appicca irresponsabilmente, ma alla fine nessuno li controlla e si sviluppano di forza propria, talvolta bruciando aggressori e aggrediti, ma anche paesi terzi. Le guerre si eternizzano e i profughi sono esposti a sofferenze incredibili». Lo sa Zohra Sarabi, rifugiata afghana di 18 anni salvata dai corridoi umanitari di Sant’Egidio (6.400 profughi giunti in Europa, di cui 5.500 in Italia): «Ho sognato fino al 15 agosto 2021: ero a scuola quando i professori mi hanno detto che i talebani stavano arrivando in città. L’incubo è diventato realtà: oggi in Afghanistan le donne non solo non possono studiare, ma neppure uscire di casa da sole». La diciottenne è partita sola per il Pakistan: «Sono dovuta partire in fretta, senza mio padre; per lui, che aveva lavorato per il Governo, era troppo pericoloso: mi ha detto “devi andare”, era triste, ma mi ha voluto salvare». Commossa, ricorda i milioni di afghani che in Pakistan e Iran aspettano che qualcuno si ricordi di loro: «A volte è difficile avere un appiglio di speranza per il futuro». Lei lo ha trovato nel colloquio che ha preceduto il volo per Roma con i corridoi umanitari: «Finalmente non ero disperata, perché dentro di me pensavo “qualcuno mi vuole, qualcuno mi sta aspettando”. L’accoglienza fa bene al cuore di chi deve superare la sofferenza, ma anche di chi accoglie».
Proprio per condannare i talebani interviene Ahmad Al-Tayyeb, il grande imam di Al-Azhar in Egitto, la massima autorità dell’islam sunnita: «In Afghanistan oggi c’è un’ingiustizia verso le donne, a cui si nega il diritto all’istruzione e che si privano del diritto a funzioni che l’Islam riconosce e predica da secoli». Dall’imam è arrivata anche la condanna dei recenti incendi di chiese cristiane in Pakistan: «Il Corano tutela le chiese esattamente come le moschee e il nostro Testo sacro. È una posizione inamovibile per i musulmani». Aggiunge: «Questo nostro mondo non è mai stato così bisognoso di ascoltare le voci delle religioni per la pace. Servono voci vere, non come quelle che la usano la religione per altri fini». Infine, dopo aver criticato il commercio di armi in Medio Oriente, l’incitamento ai fanatismi etnici e religiosi e i recenti roghi del Corano in Svezia, ha rilanciato il documento sulla “Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la convivenza comune”, da lui firmato ad Abu Dhabi nel 2019 «con il caro amico Papa Francesco».
Dopo l’assemblea inaugurale, seguono 20 panel e la manifestazione finale il 12 settembre alla Porta di Brandeburgo, dove verrà letto il messaggio di Papa Francesco e proclamato l’Appello di Pace. Numerose sono le persone giunte dai diversi paesi europei – tanti giovani – e migliaia quelle di chi seguirà online da tutti i continenti. Tra i temi del confronto tra capi religiosi e politici, uomini e donne del pensiero laico, vi sono la lotta contro le armi nucleari, le migrazioni, i muri da abbattere, il cambiamento climatico, i diritti dei bambini, le emergenze umanitarie, il carcere, la preghiera, i martiri, l’intelligenza artificiale.