“L'Austria
sta facendo un grave errore, sta chiudendo la frontiera sbagliata”.
Così Sandro Gozi, Sottosegretario per le Politiche e gli
Affari Europei, commenta la decisione, da parte del governo
austriaco, di costruire un barriera per rafforzare i controlli di
frontiera al Brennero. Gozi, 48 anni, parlamentare del Pd, è fra i
politici italiani più esperti di temi europei e a Bruxelles è stato
uno stretto collaboratore dei Presidenti della Commissione europea
Prodi e Barroso.
Onorevole
Gozi, dove sta sbagliando l'Austria?
“L'errore
è quello di voler chiudere una frontiera interna, quando in realtà
l'Europa deve rafforzare le sue frontiere esterne per gestire meglio
l'afflusso di rifugiati verso il nostro continente. L'Europa ha il
dovere di far vedere che ha il pieno controllo dei flussi migratori,
perché quelli incontrollati preoccupano i cittadini scatenando il
populismo e il razzismo”.
Come
si rafforzano le frontiere esterne dell' Europa?
“Condividendo
le responsabilità, creando ad esempio una polizia di frontiera
europea. L'Italia lo ha proposto e ora questa proposta sta diventando
finalmente oggetto di un negoziato. Nelle prossime settimane servirà
dare una risposta rapida”.
Ma
la diffidenza dell'Austria nei confronti dell'Italia ha qualche
fondamento?
“No,
è una diffidenza non suffragata dai fatti e profondamente ingiusta
nei confronti dell'Italia. Negli ultimi mesi, come è stato
dimostrato dal Viminale, il 100 per cento degli esseri umani (io amo
chiamarli così) che arrivano sulle nostre coste sono identificati.
Per chi ha il diritto all'asilo i tempi di attesa si sono ridotti e
le procedure sono molto più rapide. L'Italia sta facendo la sua
parte e questa chiusura preventiva dei confini è l'ultima cosa di
cui l'Europa ha bisogno, non ha davvero senso, anche per per ragioni
morali ed economiche”.
Quali
sono le ragioni morali?
“Annunciare
muri o farli costruire fra due paesi amici come Italia e Austria è
una negazione dello spirito di libertà, accoglienza e solidarietà,
cioè i valori fondamentali dell'Europa”.
E
i danni economici?
“Se
si mettono barriere a uno snodo fondamentale come il Brennero è
evidente che i danni sono enormi. Se tutti gli stati dell'Unione
europea facessero come gli austriaci, sarebbero guai. Uno studio di
una fondazione del governo francese ha stimato che la reintroduzione
delle frontiere nazionali fra gli stati membri dell'Unione europea
avrebbe un costo di 100 miliardi di euro”.
Con
l'Austria come andrà a finire?
“Riteniamo
che la decisione di Vienna sia un grave errore e una violazione delle
regole europee, perciò abbiamo chiesto alla Commissione una rapida
verifica dei fatti. Se la Commissione europea certifica una
violazione delle regole di Schengen, bisognerà avviare una procedura
di infrazione nei confronti dell'Austria”.
Perché
nell'Europa di oggi è così diffuso questo clima di paura e
sospetto, anche fra governi ritenuti amici?
“Credo
sia un lascito della crisi finanziaria, che ha determinato una grave
crisi di fiducia tra i paesi e i governi . Questa crisi ha toccato
un po' tutti, non sono la Germania e la Grecia. La mancanza di
fiducia si è aggravata durante l'emergenza per i rifugiati e ora ci
troviamo in questa situazione complicata. Ricostruire la fiducia fra
gli europei è la precondizione per il rilancio dell'integrazione
europea”.
Nei
giorni scorsi lei è stato in Grecia con una delegazione dell'Unione
Europea, che situazione ha trovato?
“La
Grecia è chiaramente sotto stress a causa di un flusso di arrivi
che è al di sopra delle attuali capacità di accoglienza delle
strutture greche. La Grecia ha bisogno di aiuto e dall'Italia
manderemo una ventina di esperti in materia di diritto di asilo,
perché la frontiera greca è anche nostra, dell'Europa intera. Ho
visto situazioni difficili a Idomeni e al Pireo.. Quei non luoghi
vanno chiusi rapidamente e quanto è accaduto alla frontiera fra
Grecia e Macedonia è inaccettabile, un cattivo esempio di
improvvisazione e disorganizzazione non conforme agli standard
europei. Lì serve una grande attenzione verso i minori non
accompagnati, che sono molti e devono essere protetti dalle
organizzazioni criminali”.
Ma
qualcosa funziona?
“Sì,
il centro di Eleonas è un esempio di struttura che vorremmo vedere
in tutta Europa. Ha servizi adeguati e garantisce condizioni
dignitose. Lì ho visto tanti bambini siriani e afghani sereni,
allegri e sorridenti”.
La
prossima visita del papa a Lesbo che significato avrà per quelle
persone e per l'Europa?
“Credo
che il papa, così come fece con il suo viaggio a Lampedusa, vorrà
ricordarci che i diritti di quei bambini e di quelle persone, a
cominciare dal diritto alla vita, sono i diritti di tutti noi.
Perciò quello che succede in quell'isola ci riguarda e ci deve
responsabilizzare. Chi cerca una speranza non può trovare come
risposta un muro. Spero che la presenza del papa in quel luogo sia
anche una spinta importante per la piena attuazione dell'accordo fra
l'Unione europea e la Turchia”.
Ma
le piace quell'accordo?
“E'
un accordo complesso, ma necessario. Va attuato perché è
impossibile riprendere il controllo del flusso di rifugiati siriani
senza collaborare con la Turchia, che è il principale paese di
transito. Certo bisogna spingere perché la Turchia introduca quelle
modifiche legislative che garantiscono il pieno rispetto del diritto
di asilo e la tutela dei diritti fondamentali, di stampa, di
religione, delle minoranze. Su questo dobbiamo tenere la guardia
molto alta, senza fare sconti nel rapporto fra la Turchia e l'Unione
europea. Però il canale del dialogo deve restare aperto, infatti
credo che le cattive notizie per i turchi e gli europei arrivate
dalla Turchia in questi ultimi tempi siano anche una conseguenza del
congelamento dei rapporti con l'Europa”.