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giovedì 19 settembre 2024
 
ai detenuti di padova
 

Il Papa: «L'ergastolo non è una soluzione. È un problema»

21/01/2017  Papa Francesco scrive ai detenuti del carcere di Padova e ribadisce che il «fine pena mai» è contrario alla dignità umana: «Mi pare urgente una conversione culturale dove non ci si rassegni a pensare che la pena possa scrivere la parola fine sulla vita»

La letttera del Papa ai detenuti del carcere di padova
La letttera del Papa ai detenuti del carcere di padova

Mi pare urgente una conversione culturale dove non ci si rassegni a pensare che la pena possa scrivere la parola fine sulla vita; dove si respinga la via cieca di una giustizia punitiva e non ci si accontenti di una giustizia solo retributiva; dove ci si apra a una giustizia riconciliativa e a prospettive concrete di reinserimento; dove l’ergastolo non sia una soluzione ai problemi, ma un problema da risolvere. Perché se la dignità viene definitivamente incarcerata, non c’è più spazio nella società, per incominciare e per credere nella forza rinnovatrice del perdono”.

 Così papa Francesco interviene nuovamente sul discusso tema del “fine pena mai” per ribadire  definitivamente che l’ergastolo non è pena che rispetta la dignità umana e pertanto va superata. Lo ha fatto attraverso una lettera inviata ai detenuti del carcere di Padova. A leggerla è stato don Marco Pozza, cappellano del carcere Due Palazzi di Padova, nel corso del convegno “Contro la pena di morte viva. Per il diritto a un fine pena che non uccida la vita”, organizzato dalla rivista Ristretti Orizzonti, ch si è svolto venerdì 20, all’interno della casa di reclusione.

Rivolgendosi ai carcerati il pontefice scrive ancora: «Immagino di guardarvi negli occhi e di cogliere nel vostro sguardo tante fatiche, pesi e delusioni, ma anche di intravedere la luce della speranza. Vorrei incoraggiarvi, quando vi guardate dentro, a non soffocare mai questa luce della speranza. Tenerla accesa è anche nostro dovere, un dovere di coloro che hanno la responsabilità e la possibilità di aiutarvi, perché il vostro “essere persone” prevalga sul “trovarvi detenuti”. Siete persone detenute: sempre il sostantivo deve prevalere sull’aggettivo, sempre la dignità umana deve precedere e illuminare le misure detentive».

Quindi conclude: “In Dio c’è sempre un posto per ricominciare, per essere consolati e riabilitati dalla misericordia che perdona: a Lui affido i vostri cammini, la vostra riflessione e le vostre speranze, inviando a ciascuno di boi e alle persone a voi care la Benedizione Apostolica e chiedendovi per favore di pregare per me”.

 

 

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