di Nicola Bedogni*
La partecipazione a un evento pare non possedere nessuna finalità sociale direttamente percepibile, ma la storia ci insegna che proprio gli eventi - nella loro componente relazionale - sono parte integrante del vivere umano da quando ha cominciato a riunirsi in gruppi. Il risultato evolutivo di questo atteggiamento è stato un continuo rafforzarsi dei legami emozionali che ha dato vita a gruppi sempre più ampli e sempre più complessi e alla strutturazione complessa delle comunità di appartenenza.
Secondo questa chiave di lettura l’evento presuppone sempre una collettività e un significato simbolico che la rappresenta. Questo "imprinting" ancestrale che ci predispone a condividere con gli altri significati simbolici ci può indurre a supporre l’esistenza di un vero e proprio Homo Festus, le cui principali caratteristiche riguardano una particolare inclinazione umana a partecipare a queste occasioni.
Ed è proprio questa componente simbolica, intesa come condivisione di valori, la caratteristica che rende l’evento strumento ideale per veicolare e condividere le tematiche virtuose delle organizzazioni non profit. E la condizione di Homo Festus, che viene evocata dall’evento, predispone il pubblico come non mai alla condivisione di simboli, esperienze, emozioni e valori. All’interno dell’evento l’Homo Festus si sente gratificato dall’esperienza di appartenere, con un ruolo ben definito, alla rappresentazione che si sta mettendo in atto. È gratificato sia dalla consapevolezza di far parte della commedia che si sta rappresentando, che dal riconoscimento di un’identità condivisa ben precisa.
Questa è la magia degli eventi, che li distingue da tutti gli altri strumenti di raccolta fondi. La capacità attraverso le dinamiche che li compongono di trasmettere simboli e valori sociali al singolo individuo e creare una comunità temporanea e omogenea che ha nell’arena dell’evento l’occasione privilegiata di manifestarsi in un momento temporalmente circoscritto e irripetibile. La possibilità di dire con orgoglio “io c’ero” è infatti strettamente correlata all’ “hic et nunc”, “solo qui e solo ora”. Questa connotazione estemporanea garantisce al pubblico il privilegio di partecipare a una esperienza che non potrà ripetersi, e in quanto tale più facilmente resterà impressa nella memoria.
Ma come viene utilizzato questo prezioso strumento dalle organizzazioni non profit?
La percezione più diffusa è che l’evento migliore per una non profit, quello che potremmo definire ideale dal punto di vista della copertura delle necessità economiche, è certamente quello realizzato da altri. Soggetti esterni (aziende, comuni, associazioni, pro-loco….) che decidono di destinare i fondi raccolti al sostegno delle progettualità di un ente non profit. L’impatto organizzativo per l’ente è quasi nullo, pur essendo il diretto destinatario del risultato economico.
Quanto appena affermato risulterebbe vero se ci si limitasse a considerare l’organizzazione di eventi charity, o ancor peggio la raccolta fondi, come un’attività il cui obiettivo si esaurisce nelle necessità del risultato economico. Ma ricondurre l’obiettivo degli eventi solo ed esclusivamente ad una questione economica sarebbe riduttivo per tutte le altre potenzialità che l’evento può esprimere.
La cosa fondamentale, prima di approcciarsi al mondo degli eventi, è quindi cercare di capire quale strano strumento abbiamo per le mani e come possiamo mettere a regime tutte le sue eccezionali qualità per migliorare il percorso dell’ente non profit.
Grandi eventi, one-shot events, eventi speciali, eventi tematici, mediaevent, eventi esclusivi o eventi di massa, eventi stagionali, virtual event, microeventi, o addirittura non-eventi. Mille diverse fisionomie e altrettante possibilità di rappresentazione. Le modalità organizzative sono numerose e si sommano, incrementandole, alle diverse tipologie di evento (lotteria, asta, cena di gala…) e alle differenti declinazioni (sport, arte, musica, danza…) generando un ventaglio di possibilità pressoché infinito, che può essere applicato al raggiungimento simultaneo di molteplici obiettivi. Dal reclutamento alla fidelizzazione, dalla comunicazione alla raccolta fondi, dal posizionamento al networking.
E’ questa la ragione per la quale gli eventi - tra tutti gli strumenti di raccolta a disposizione di una organizzazione non profit - sono certamente, per loro stessa natura, quelli più poliedrici. Hanno la capacità peculiare di mettere in campo una miscela preziosa di tecnica e creatività capace di radunare intorno a sé diversi mondi (aziende, privati, enti, fondazioni, istituzioni, media..) e diversi modi di praticare il sostegno (partecipazione, volontariato, erogazione, acquisto, mediapartnership, sponsorizzazione, donazioni in merci o servizi, merchandising….). La preparazione di un evento è la sintesi di un incastro ottimale tra strategia, creatività, analisi, pianificazione, gestione, promozione, amministrazione, valutazione, rendicontazione, e si avvale per la sua “messa in scena” delle più complesse tecniche di project management.
In un momento storico post-pandemia, in cui è sempre più evidente la necessità di relazione e condivisione reale di vissuto, e il fundraising diventa l’ultima frontiera del coinvolgimento di quelli che potremmo definire come “don-attori”, l’evento rappresenta la migliore soluzione per sviluppare proficui processi di coinvolgimento, di comunicazione, di raccolta, di fidelizzazione, di promozione della cultura del dono.
Una potentissima freccia, che non deve mai mancare nella faretra degli strumenti di cui le organizzazioni non profit si avvalgono per perseguire la loro mission.
*consulente di Confinionline