“Chi si alza la mattina mettendo in gioco tutto, è un eroe dei tempi nostri, della quotidianità”. Finora Matteo Renzi, leader della sinistra, ha brillato più per i complimenti agli industriali che agli operai. Tanto è vero che un minuto dopo la dichiarazione del premier fatta con un videomessaggio all’assemblea del Cnca organizzata in una fabbrica di Mirandola, si è sentita risuonare la replica del suo nemico pubblico numero uno, Susanna Camusso: “Il futuro di un Paese non può essere fatto da eroi, ma da persone normali. Quando si indicano degli eroi, bisogna indicare persone che fanno cose straordinarie”. Poi l’affondo operaista: “Il premier dovrebbe ricordarsi che se gli imprenditori hanno attraversato questa crisi è perché c’erano i lavoratori con i loro sacrifici”.
Renzi non è il solo a definire eroi gli imprenditori. Anche Beppe Grillo strizza l'occhio a una categoria sociale cruciale per le sorti del Paese. Il leader delle Movimento 5 Stelle definisce il piccolo e medio imprenditore "un po' martire, un po' eroe, testardo, cocciuto, indipendente, orgoglioso. Qualche volta suicida. Talvolta in fuga oltreconfine, in Svizzera o in Carinzia, per salvare la sua azienda e i suoi dipendenti. In mezzo a operai e impiegati, come uno di loro. Il piccolo e medio imprenditore italiano è l'uomo dell'anno".
Per il leader delle Movimento 5 Stelle l'imprenditore italiano è come " un San Sebastiano moderno trafitto dalle tasse più alte dell'Occidente, da Equitalia, da adempimenti burocratici kafkiani. In credito verso lo Stato che però pretende l'anticipo sui presunti profitti. Tassato anche in perdita con l'Irap. Schifato dalle banche. Mulo da soma che lavora per lo Stato fino ad agosto e solo nei mesi successivi per se e per la sua famiglia. Uno Stato vorace, allo stesso tempo post sovietico e ultra capitalista, che assorbe le sue energie come una sanguisuga. Questo tipo d'uomo che crede nel futuro in mezzo a una realtà che assomiglia a un incubo quotidiano, e lo fa con ostinazione incomprensibile quando gli altri hanno già gettato la spugna, vive solo nel nostro Paese. E' una specie in via di estinzione, sopportata da una sinistra da sempre aggrappata alle mammelle dei concessionari, degli appalti di Stato e delle cooperative, e tradita da una destra spesso corruttrice e mafiosa, amica e foraggiatrice dei grandi imprenditori con leggi e casse integrazioni ad hoc". Chi non ci sta a dare agli imprenditori la patente di eroi è lo scrittore Andrea Pennacchi, che ironizza: "Eroi anche quelli che delocalizzano o chiudono le fabbriche?". Ma c'è sempre chi replica alludendo alla creatività imprenditoriale, fino ad attingere alla celebre "distruzione creativa" di Schumpeter.
Inutile sottolineare che la questione ha sollevato il pubblico dilemma: fatta la brechtiana premessa che sarebbe meglio che il Paese non avesse bisogno di eroi, chi è l’eroe dei nostri giorni? L’imprenditore o l’operaio? In realtà l’elenco dovrebbe essere molto più ampio. Perché eroi sono anche gli artigiani e le partite Iva che si dibattono tutti i giorni nella palude della burocrazia, i precari che campano con 600 euro al mese, i pensionati con meno di mille euro al mese, i cassintegrati e i disoccupati. Arrivare a fine mese, per tutti loro, è un atto di eroismo. Ma perché non aggiungere anche le casalinghe che mandano avanti la famiglia con un reddito sempre più esiguo, o le insegnanti e ancora le maestre elementari, oppure i magazzinieri, gli spedizionieri, le commesse e i ristoratori? Forse, a guardar bene, gli eroi sono tutti gli italiani. Tutti, o quasi. Perché qualcuno che non è eroe in questo Paese ci dovrà pur essere, non fosse altro che per poter parlare di eroismo.