Pronti per un po’ di polemica? In seguito all’articolo sull’“ignoranza di Gesù”, ho ricevuto una bacchettata da un lettore “scandalizzato” dalle affermazioni sulla “ignoranza” di Gesù: i teologi insegnano cose che deviano dalla fede perché Gesù è il Signore e quindi non poteva sussistere ignoranza in lui. Vorrei chiarire due punti. Il primo: il versetto della cosiddetta “ignoranza” è dell’evangelista Marco (13,32): dal punto di vista critico-analitico, la temerarietà dell’affermazione ci può far pensare che il versetto sia ipsissima verba Jesu, ovvero parole dette da Gesù tali e quali. Il secondo punto: Gesù Cristo è il Signore, vero Dio, è il Logos che era presso Dio ed è Dio (Giovanni 1,1), ma è anche il Verbo fattosi carne, quindi vero uomo (Giovanni 1,14).
L’Incarnazione è una realtà, non una messinscena. Cadremmo altrimenti nell’eresia del docetismo. Cristo, nella sua vita terrena da vero Dio, è stato un vero uomo e quindi ha vissuto le naturali fasi della crescita e dell’apprendimento di un uomo dotato del suo specifico QI e delle sue dinamiche di apprendimento e non aveva i poteri di un “super Sayan”. Aveva il sapere “soprannaturale” necessario solo per lo svolgimento della sua missione salvifica e i “poteri” necessari per manifestare il regno di Dio, ovvero la sua prossimità e il suo amore. Non a caso, Giovanni chiama i miracoli di Gesù «segni», ovvero fatti che indicano cose più importanti del fatto stesso.
Riprendo in chiusura alcune righe del mio libro Un Dio umano perché, al di là della polemica, ci mettono in contemplazione del mistero del Dio che si è fatto uomo per amore. «Umano, troppo umano. Questo titolo celebre di Nietzsche può benissimo definire l’evento Gesù Cristo. L’umanità di Gesù è scomoda proprio quanto lo è la sua divinità. Sono passati più di duemila anni, ma le nostre pupille non si sono ancora adattate per accogliere tutto il chiarore della sua luce. Gesù ci scandalizza ancora oggi. La sua kenosi – il suo abbassamento – sfida perennemente le nostre idee sull’Altissimo.
È scandaloso l’Eterno che abbraccia il limite, la Parola che riveste il silenzio, lo Spirito che diventa carne. È umano, troppo umano! Se dovessimo inventarci un Dio, non lo faremmo così scomodo, così umano. Quando inventiamo un divino, ci piace divino, troppo divino. Cristo non si lascia forgiare dalla comune idea umana di Dio, ma mostra un volto inedito di Dio, un volto “divinamente umano” (come direbbe il filosofo Léon Ollé-Laprune)».