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giovedì 19 settembre 2024
 
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L'inchiesta 2 - Vaccino anti influenzale. Quanto costa? E quanto protegge?

21/10/2015  Quanto si spende in Italia. E cosa dicono i dati quanto a efficacia.

Ogni anno il Sistema sanitario nazionale acquista circa 10 milioni di dosi, con un costo, nel 2014, di 39,1 milioni di euro. A questo, vanno ad aggiungersi i costi che ogni regione spende per promuovere la campagna vaccinale, tra i quali rientrano anche i compensi e gli incentivi che ogni medico o pediatra riceve in base al numero effettivo di pazienti che ha vaccinato: tale bonus, a seconda della Asl di riferimento, va dai 6 ai 10 euro per ogni dose somministrata. Ipotizzando che ogni dottore ne somministri a circa 100 pazienti, il suo compenso ammonterà in media tra i 600 e gli 800 euro. Anche ai medici che svolgono il lavoro di raccolta dei tamponi faringei per l’identificazione virologica del tipo di malattia  spetta un compenso extra: ai cosiddetti “medici sentinella” (circa un migliaio in tutta Italia), la Regione Lazio, per citarne una, dà 0,60 euro ai medici e 1,10 euro ai pediatri per ogni assistito con lui iscritto (indipendentemente dall’essere vaccinato e/o ammalato).

A tutti questi costi si aggiungono poi le spese del coordinamento operativo tra Asl e medici, per la raccolta e gestione dei dati, e infine l'analisi dei dati stessi, che coinvolge tre istituzioni diverse: l'Istituto Superiore di Sanità, il Flunews, e l'Osservatorio influenza (centro di cui il già citato dott. Pregliasco è direttore, e che si avvale del contributo di tre case farmaceutiche produttrici di vaccini: la Glaxo SmithKline, la Sanofi Pasteur Msd e la Novartis Vaccines). 

Stabilire il totale tuttavia non è semplice: grazie al rapporto Osmed (Osservatorio sull'impiego dei medicinali), abbiamo appurato che l'Italia nel 2014 ha destinato 39,1 milioni di euro ai vaccini, ma circa le altre spese collegate non ci sono dati disponibili. Procediamo quindi per logica.

Il Lazio quest'anno ha dichiarato di aver investito nella campagna corrente 17 milioni di euro. Considerato che le dosi acquistate sono state 1 milione e 35 mila, e che ogni dose dovrebbe costare 8 euro, la spesa complessiva per il farmaco dovrebbe ammontare a 8 milioni e 280 mila euro. Pertanto, possiamo dedurre che i restanti 8 milioni 720 mila (vale a dire la metà circa dei 17 milioni iniziali) verranno redistribuiti per tutte le spese sopraindicate. Allora, se riprendiamo il dato Osmed della spesa del 2014, che indicava il costo solo dei vaccini antinfluenzali in Italia (39,1 milioni di euro), è possibile affermare che il costo totale della campagna vaccinale sia del doppio: 87,2 milioni di euro.

Tuttavia, per la salute e il benessere della popolazione è giusto che lo Stato investa adeguate risorse. A patto che il vaccino proposto sia efficace e sicuro. Della sua sicurezza ci occuperemo nel prossimo articolo. Ora vediamo l'efficacia.

La campagna vaccinale dello scorso anno è da subito partita sotto cattivi auspici. Una serie di morti improvvise fra gli anziani, in allarmante concomitanza con la somministrazione dell'antinfluenzale Fluad, che coincidevano con l'uso di due partite specifiche del vaccino, persuasero l'Aifa (l'Agenzia italiana del farmaco) a ritirare questi due lotti sospetti il 27 di novembre. La smentita di una correlazione tra le morti e il vaccino per fortuna arrivò presto: il 3 dicembre, i test condotti dal centro Europeo del Farmaco dimostrarono la sua assoluta efficacia e affidabilità. Quei due lotti del Fluad (vaccino prodotto dall'azienda Novartis, già citata poco sopra) vennero però riammessi all’uso il 24 dicembre. Ma la campagna era ormai compromessa, il calo delle vaccinazioni fu del 30% e al ministero della Salute non rimase altro che prolungare straordinariamente di un mese la campagna vaccinale. 

A fine ottobre, però, era avvenuto un altro fatto che avrebbe dovuto sollevare nel mondo scientifico molte più preoccupazioni delle sedicenti morti da vaccino: da un centro di ricerca americano di osservazione di Atlanta (1) fu segnalata la notizia che il virus influenzale circolante non corrispondeva molto a quello da cui il vaccino avrebbe dovuto creare protezione. Questa notizia però, fu sin dall'inizio messa in sordina dalle istituzioni sanitarie, che hanno invece continuato ad incoraggiare le persone a vaccinarsi. E venne dibattuta solo dopo oltre due mesi.

Ma come mai da Atlanta affermavano questo?

Come si “prevedono” i vaccini

I virus influenzali viaggiano da un emisfero all'altro in senso antiorario, seguendo per così dire il freddo: a febbraio, gli esperti guardano a cosa succede in Australia, e calcolano che i virus che colpiscono quell'area saranno quelli che poi si sposteranno verso le Americhe e infine in Europa, dal successivo novembre. 

Il vaccino però deve essere pronto per ottobre, quando inizia la campagna vaccinale. Il vaccino, inoltre, può contrastare solo i sottotipi A e B precedentemente individuati e ne contiene solo le 3 varianti individuate come più diffuse. Dato che non è possibile attendere quali e quanti di questi virus giungeranno con le caratteristiche “originarie” nel continente europeo, alle case farmaceutiche non resta che affidarsi alle previsioni dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) e recepite dal ministero della Salute, che stabiliscono quindi a febbraio quale virus colpirà nell'inverno successivo. Ci si deve adeguare, insomma, più alle regole del mercato produttore che non a quelle naturali, epidemiche.

Il vaccino viene quindi reso operante contro quel virus che prevedono sarà il più diffuso o pericoloso, ma nulla potrà garantirne la corrispondenza ‒ e quindi il successo del farmaco ‒ fintanto che con la stagione invernale non arriva da noi. Come se non bastasse, durante il viaggio i virus possono anche perdere o acquistare aggressività, o subire addirittura delle mutazioni, rendendo quel farmaco decisamente meno efficace.

Può quindi capitare che, nel bel mezzo della campagna vaccinale, ci si renda conto dell'errore della previsione, come è capitato nel 2014 quando, appunto, già ad ottobre il Cdc di Atlanta pubblicava uno studio nel quale affermava che non c'era perfetta compatibilità tra il virus B che sarebbe circolato in Nord America ed Europa, e quello contenuto nel vaccino che avrebbe dovuto proteggere le persone. La stessa cosa viene ribadita con un altro studio anche a dicembre. Ma il vaccino viene distribuito ugualmente.

Il grafico mostra i vari sottotipi di virus influenzali che hanno circolato da ottobre 2014 ad aprile 2015: a febbraio la percentuale degli ammalati aumenta, ma se si osservano bene i dati, da febbraio (cioè dalla 5° settimana in poi) è il virus B a diventare il più diffuso. Virus contro cui il vaccino non poteva garantire copertura. Ma ancora più interessante è osservare che, dalla 48° settimana, quindi da metà novembre, il virus circolante prevalente è il tipo A “non sotto tipizzato” (in celeste scuro): neanche contro questo il vaccino era efficace.

Eppure quello che le autorità sanitarie dichiarano in quei giorni è che la riduzione delle vaccinazioni è la sola causa dell'aumento degli ammalati: come ha fatto il già citato Walter Ricciardi, quando ai giornalisti il 15 aprile scorso spiegava: «Nei 2-3 giorni dopo il falso allarme (del vaccino collegato alle morti di novembre-dicembre, ndr), così come nella settimana successiva, il calo delle vaccinazioni ha raggiunto picchi del 90%. Ad esempio le Asl e i medici che di solito vaccinano dalle 30 alle 40 persone al giorno, si sono ritrovati a immunizzare solo 2-3 persone. I vaccini contro l'influenza sono estremamente sicuri, e non ci sono dubbi neanche sull'efficacia»

Note:
1) Si tratta del Cdc, Centres for Disease Control and Prevention (Centri per la Prevenzione e il Controllo delle malattie) con sede ad Atlanta, e attivo dal 1946. I suoi studi, accurati e rigorosi, rappresentano un punto di riferimento fondamentale tanto per le istituzioni e gli organi sanitari, quanto per case farmaceutiche e ricercatori di tutto il mondo.

 
 
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