Frammento sull baule col nome di Albino Luciani
Quando Piergiorgio ha scorto per caso quel vecchio baule, confuso tra tanti altri oggetti di legno destinati alla discarica, e ha chiesto all’addetto di poterselo portare a casa, non sapeva ancora che stava salvando dalla distruzione una cassa appartenuta a papa Albino Luciani, quand’era giovane seminarista. Fosse passato di lì pochi minuti prima o dopo l’oggetto che fu caro a colui che sarebbe diventato Giovanni Paolo I, il “Papa del sorriso”, oggi non esisterebbe più.
Sembra un aneddoto uscito da un’agiografia d’antan e invece è accaduto qualche mese fa a Piergiorgio Adami, abitante di Canale d’Agordo, il paese dolomitico che ha dato i natali ad Albino Luciani. Recatosi alla locale discarica, in località “Val”, Adami s’accorge che una persona sta eliminando, assieme a vecchie cianfrusaglie, un baule di legno malridotto, ma di un certo pregio perché fatto a mano. La cassa ha ancora appiccicata sul coperchio un’etichetta quasi illeggibile. “Non so cosa mi abbia attratto di quel baule, forse la sua forma. Sta di fatto che chiesi al signore che lo stava smaltendo di lasciarmelo. E lui gentilmente acconsentì”, commenta Pierluigi.
Qualche tempo dopo, il figlio di Piergiorgio guardando in controluce l’etichetta del baule in parte staccata e molto rovinata, decifra alcune parole: un “Albino Lu” e un “seminarista”, che unito al pezzo mancante da senso e identità del proprietario di quell’oggetto salvato casualmente dalla distruzione. La scritta intera, infatti dice: “Albino Luciani/Seminarista” e sul retro: “Bortola Tancon in Luciani/Forno di Canale”. Il baule proveniva dal tabià appartenuto a una signora che era stata a stretto contatto con la famiglia Luciani ed era molto amica di Nina, la sorella di Papa Luciani. L’oggetto salvato è dunque il baule che l’allora giovane seminarista Albino Luciani usò per riporre i propri effetti personali una volta trasferitosi in seminario a Feltre nel 1923.
Davvero tante fortunate coincidenze. Tanto che raccontando la curiosa vicenda Piergiorgio si è commosso: “Se non fossi andato in discarica proprio quel giorno e a quell’ora… se poi avessi strappato quell’insignificante pezzo di carta apparentemente illeggibile… “, afferma, pensando quasi a un miracolo.
Sta di fatto che, una volta scoperta la storia di quella cassa, Adami ha contattato il curatore scientifico del Museo Albino Luciani (Musal) di Canale d’Agordo, Loris Serafini, per donarlo alla collezione. “Dopo il restauro, già in corso, lo esporremo di sicuro nel museo. Forse già tra un mese sarà possibile vederlo. Con esso metteremo in esposizione anche 500 fotografie scattate in questi luoghi da Maria Adami tra la fine del 1800 e la Seconda Guerra mondiale, di cui un paio della famiglia di Albino Luciani”, ha affermato Serafini.