Il Parlamento deserto mentre Gentiloni parla di Lo Porto (Ansa).
Ricordiamoci quell'immagine, teniamocela cara: il ministro Gentiloni che parla di Giovanni Lo Porto, il cooperante italiano ucciso da un drone americano nel Punjab dopo anni di prigionia nelle mani dei talebani, in un Parlamento di fatto vuoto, presenti solo pochissimi onorevoli. Ricordiamocela, perché questo è stato il terzo insulto, purtroppo alla memoria, subito dal nostro connazionale. Il primo fu subire la violenza dei qaedisti mentre cercava di portare aiuto e soccorso a tanti pakistani poveri. Il secondo essere ammazzato dai bombardamenti alla cieca della più forte potenza militare del mondo. Il terzo, appunto, finire nell'indifferenza di una classe politica che vuole affrontare i disordini del mondo, la globalizzazione, le migrazioni, il jihadismo che si diffonde, tutto insomma, purché non interferisca con il ponte 25 aprile- 1° maggio o con le paparazzate nei collegi elettorali.
E sarà meglio non fare il confronto con la mobilitazione (sacrosanta, peraltro) che accompagna la vicenda (anch'essa imbarazzante per la politica, peraltro) dei due marò sotto processo in India, e con l'affetto riservato alla memoria del contractor rapito e ucciso in Iraq nel 2004. Perché dalle due cose esce la sensazione che l'orgoglio di patria, in questa Italietta che stenta sempre a diventare Italia in senso pieno, si possa esercitare sempre e solo contro qualcuno. Mai a favore di qualcuno. Men che meno a favore di qualcuno come Del Porto, che si dava da fare per gli altri. Là, a casa loro, dove molti vorrebbero che restassero.