«Il problema esiste ed è urgente: il mancato approccio storico-critico a certe fonti lascia un'ambiguità di fondo. Questa ambiguità porta poi a delle interpretazioni che favoriscono certe derive integraliste». Paolo Branca, islamista, docente di Lingua e letteratura araba all'Università Cattolica di Milano, commenta la lettera di Kalem Abdehrramani, pubblicata sul sito dell'agenzia AsiaNews con il titolo "Noi musulmani ipocriti: Daesh ci rappresenta".
«Quella dello studente algerino non è una voce isolata», spiega Branca, «molti esponenti del mondo islamico, ad esempio vari imam in Francia, affrontano la problematica dell'ambiguità». All'interno dell'islam è viva una preoccupazione, un'urgenza di rinnovamento. A toccare questi temi è stato anche un libro uscito nel 2015, Lettera aperta al mondo musulmano, scritto da un professore francese di origine araba, Abdennour Bidar, dopo l'attentato al Charlie Hebdo, pubblicato in Italia con una prefazione dello stesso Branca. «L'autore dice: caro mondo islamico, dove stai andando? Hai perso l'anima. Non puoi continuare a dare la colpa agli altri. Prenditi le tue responsabilità perché così non funziona più. Si tratta di una lettera più spirituale».
Il dialogo franco deve arrivare a dire che bisogna uscire dalle ambiguità, perché questo fa bene al mondo islamico stesso. «Dopo l'indipendenza dalla Francia coloniale nei Paesi arabi si è cominciato a studiare meglio la lingua araba. Questo ha permesso a gente anche non colta, che non ha la preparazione necessaria, di accedere alle fonti. Prima per recitare il Corano si andava dal dotto del villaggio e del quartiere, l'unico che poteva leggerlo. Oggi ognuno può fare da sé: conoscere la lingua classica permette a chiunque di accedere a certi materiali, uscire magari dall'interpretazione genuina e stravolgere i valori della tradizione islamica. Un miliardo e mezzo di fedeli nel mondo seguono una religione con una storia di quattordici secoli il cui nome oggi incute paura nei Paesi islamici stessi: allora forse bisogna ammettere che c'è qualcosa che non va».
Il rapporto con la modernità è inevitabile. «Siamo ancora in tempo a mettere degli argini alle derive fondamentaliste, ma devono essere loro, i musulmani stessi, a farlo, non possiamo essere noi cristiani a interpretare in modo alternativo le loro fonti. In questo senso l'islam d'Europa può diventare davvero un laboratorio di rinnovamento, perché i musulmani qua da noi non subiscono i condizionamenti anche politici dei Paesi di origine. Tornando alla lettera del giovane algerino, «se le critiche si fanno all'interno di un discorso articolato dovrebbero essere accettate dalle persone intelligenti non come attacchi gratuiti ma come una preoccupazione condivisa».