L'Italia affonda sotto la pioggia insieme alle sue vittime e la politica non trova di meglio da fare che regolare i suoi conti, come sta avvenendo in casa Pd tra Claudio Burlando, governatore della Liguria in ginocchio e il premier Matteo Renzi. L'Italia è stremata ma è sommersa, oltre che dalla pioggia, dal battibecco sterile, dal chiacchiericcio politico, dalle accuse che si rimpallano da una Regione all'altra, da un ente all'altro: magistrato delle acque, enti locali, protezione civile, Comuni, province, Governo, tutti contro tutti, specialità della casa. Renzi attacca Burlando, che non è un renziano, e annuncia che è finito l'epoca dei condoni e che dobbiamo rottamare vent'anni di abusivismo edilizio, i governatori replicano che i condoni li ha fatti Roma.
Le polemiche sull'emergenza idrogeologica nel nostro Paese sono come la pioggia a Genova: non finiscono mai. E già un tweet del sottosegretario alla Presidenza Graziano Delrio ricorda che le “le Regioni sanno che entro il 4 dicembre debbono presentare i nuovi accordi di programma per gli interventi sul dissesto”. Ma piangere sulla pioggia versata, richiamare alle responsabilità o giocare al "piove Governo ladro" non serve a niente: è evidente che ci sono colpe collettive che risalgono addirittura a prima del Dopoguerra, come nel caso della cementificazione del corso del torrente Bisagno di Genova. Per i ricercatori del Cnr nella città della lanterna bisognerebbe radere al suolo interi quartieri costruite lungo la zona fluviale o addirittura nel bel mezzo degli alvei dei fiumi. Abbiamo costruito a ridosso di montagne, lungo i corsi d’acqua, dove tracimano i fiumi, su terreni franosi.
E gli amministratori locali, lo Stato, gli enti locali hanno sempre generosamente condonato perché politicamente è molto più conveniente condonare e incassare la riconoscenza del cittadino che mettere in campo progetti idrogeologici di là da venire. Del resto sta qui la differenza tra un politico e uno statista o quanto meno un buon amministratore, si è sempre detto: guardare oltre il proprio orizzonte elettorale. E’ dal Dopoguerra che regna l’abusivismo edilizio. Cancellare tutto con un bel colpo di bacchetta magica non è possibile. Fare in modo che la tendenza non si ripete sarebbe già molto. Lo scaricabarile continua e l’Italia affonda. Ci sarebbero pronti oltre duemila progetti di ricostruzione, annuncia il Governo con una certa prosopopea, ma non ci sono i soldi. Anzi, per la verità ci sarebbero ma è una faccenda europea: l’Italia infatti ha chiesto 40 miliardi degli 80 necessari, al piano Juncker dell’Unione. Come dire: tutto sulla carta. Carta bagnata, oltretutto.