Sirene a festa in porto, lacrime e applausi. Il colosso è stato sollevato. Ora ha finalmente la schiena dritta. “They did it”, titolano i siti stranieri, “ce l’hanno fatta”. Finisce un incubo che durava dal gennaio 2012, una ferita aperta sull’isola del Giglio, un gigantesco simulacro simbolo della sciatteria italica che aveva provocato lutti e tragedie, e che quasi per una punizione divina sembrava dovesse restare lì’, come una “damnatio memoriae”, visibile perfino dai satelliti, ancorato all’isola del Giglio e alla sofferenza dei suoi abitanti che tutte le mattine, svegliandosi, avevano davanti agli occhi quel relitto come una gigantesca macchia sull’orizzonte.
Quell’incubo, come tutti gli incubi, si è dissolto all’alba, è divenuto il simbolo dell’orgoglio italiano, delle straordinarie capacità tecnologiche e organizzative dei nostri concittadini. Tecnici e operai, che hanno dimostrato una straordinaria perizia, con doti perfino funamboliche, sono stati accolti come eroi. I protagonisti della cabina di regia, che hanno fatto onore alla grande tradizione di ingegneria civile degli italiani, verranno ricordati in eterno nell’albo d'oro della protezione civile. Competenza, sangue freddo, coraggio, senso dell'organizzazione, lavoro di squadra, determinazione hanno prevalso.
Quando affondò, quel gennaio del 2012, a cent’anni dalla tragedia del Titanic, Famiglia Cristiana scrisse: “E’ difficile non vedere in questa tragedia, in quel gigantesco mostro d’acciaio semisommerso, reclinato sul fianco e trasformato in una spettrale tomba marina, il simbolo del nostro Paese. Nel bene e nel male. L’emblema del naufragio della nostra civiltà. Ancora una volta, nel disastro dell’Isola del Giglio, emergono alcuni nostri endemici “tratti italici”. Dall’imperizia con cui si è scelto di navigare sottocosta, a soli centocinquanta metri dalla riva (e solo per salutare i concittadini di un membro dell’equipaggio), alla folle presunzione del comandante, non certo all’altezza dei suoi doveri e responsabilità”. L’immagine della Concordia, come una balena spiaggiata, aveva fatto il giro del mondo. Aveva consegnato alla storia, ancora una volta, l’idea di un’Italia che si dibatte tra coraggio e viltà.
Oggi invece possiamo gridare, chiaro e forte: missione compiuta. L’impresa è stata realizzata. La suggestione è troppo forte per non poter pensare che l’Italia abbia superato una fase difficile aperta con il naufragio del Concordia, che insieme con quella nave anche il Paese sia tornato con la schiena dritta, pronto ad agganciare la ripresa economica il prossimo anno, a lenire le difficoltà in cui versano tante famiglie, a guadagnare nuovi posti di lavoro, a dare un futuro per i nostri figli. Perché possano finalmente riprendere il largo per conquistare nuovi orizzonti.