Ecco che ritorna, il Patto del Nazareno. Berlusconi si è incontrato copn Renzi per un pranzo di lavoro a Palazzo Chigi di ben due ore. Argomento principe: l’Italicum. Dunque, come era stato largamente previsto, il premier va in pressing sulla legge elettorale. Renzi vorrebbe sbloccare l’iter di approvazione in Senato, presso la Commissione Affari costituzionali, prima della fine dell’anno. Come da copione: l'ex rottamatore ha fretta, molta fretta. L'accordo con il Cavaliere è stato il suo capolavoro politico, quello che gli ha permesso di smuovere le acque del quadro politico e di sparigliare, mettendo in difficoltà i Cinque Stelle, sempre più in difficoltà. La minoranza del Pd è nell'angolo, schiacciata dal trionfo europeo e dai sondaggi. Berlusconi, che grazie a quel Patto è uscito dall'angolo in cui si trovava, stavolta frena. Fonti interne parlano di una fumata nera. Sa che il suo partito è debole, non ancora ristrutturato, in preda a convulsioni interne. Quanto conviene accelerare su una riforma elettorale e soprattutto su un imminente ritorno alle urne?
Renzi ha già avanzato le proposta di assegnare il premio di maggioranza alla lista e non più alla coalizione, fissando la soglia per accedere al premio al primo turno al 40 per cento dei voti (non più al 37 per cento, che è già una percentuale altissima). Alto sarebbe il premio anche in caso di ballottaggio. Dunque il segretario del Pd punta a un sistema bi-partitico, non più bipolare. Lo straordinario successo delle europee, con il 40,8 per cento, gli permette di pensare in grande, a quel “partito della nazione”, apogeo del renzismo, che vagheggia ormai da mesi. Quanto alle preferenze, abbandonato il blocco per i rischi di incostituzionalità, sembra prevalere il sistema misto: una percentuale di seggi da assegnare con voto di preferenza e una per nomi ‘bloccati’ dai vertici di partito. Su questo Berlusconi ha molte perplessità, perché le preferenze potrebbero far esplodere la sua creatura.A margine delle due ore, anche una discussione sui nomi dei due nuovi giudici della Corte costituzionale, sui quali manca da diversi mesi l’intesa in Parlamento. Nel momento i nomi dei giudici salteranno fuori, è probabile che venga siglato anche l'accordo elettorale.