Che l’Italia sia la terra dell’inciucio politico è fatto, purtroppo, assodato. Ma gli effetti disastrosi che ha provocato nel tempo hanno assunto in questi giorni un’evidenza grottesca con la “crisi Di Maio”. Un ministro degli esteri sconfessato dal suo partito (oramai moribondo), il M5S, attaccato persino dal presidente della Camera Fico, mentre si consuma la devastazione bellica in Ucraina e l’Europa intera deve fronteggiare una serie di conseguenze della guerra. Può continuare l’Italia a porsi come soggetto attivo e autorevole per una indispensabile mediazione diplomatica al fine di ottenere un immediato cessate il fuoco, dopo aver fornito un quadretto tanto meschino?
Da una parte c’è un partito oramai sovradimensionato (in termini di cariche) rispetto al suo reale elettorato che vuole continuare a restare in auge il più a lungo possibile, dall’altro ci sono le forze politiche, quelle avverse e quelle alleate di comodo, che non vedono l’ora di accaparrarsi i suoi voti e le sue poltrone. E così i toni si alzano.
Non ci si può certo stupire del realismo o dell’egoismo partitico che domina la politica, ma in determinati scenari, la società civile sana è sempre in grado di far fronte comune in nome di cause e valori più importanti. Basta ripensare all’Italia della Resistenza e dell’Assemblea Costituente per averne un esempio che ci riguarda da vicino. Ma il tenore della discussione politica di questi giorni mostra in modo implacabile quanto grave sia il degrado nel sistema italiano, come e quanto siano caduti nel dimenticatoio il senso dello Stato, la correttezza istituzionale, le ragioni umanitarie, la vera e consapevole difesa della libertà, la responsabilità in chi esercita ruoli istituzionali. E non si tratta solo di etica, qui traballa anche il buon senso, la capacità di discernere le priorità del momento, poiché l’effetto di queste velenose baruffe è autolesionistico, a livello nazionale, senza dubbio, ma anche delle singole componenti in campo.
Farsi guerre a parole e intrighi, mentre una guerra vera recide delle vite e mentre un assedio di fame e miseria coinvolge innumerevoli famiglie, anche nel nostro Paese, è inaccettabile, assurdo. Come non ripensare alle parole di Papa Francesco all’Angelus domenicale: «Non dimentichiamo il martoriato popolo ucraino in questo momento, un popolo che sta soffrendo. Vorrei che rimanga in tutti voi una domanda: cosa faccio io per il popolo ucraino? Prego, mi do da fare, cerco di capire? Ognuno si risponda nel proprio cuore». Dovrebbero porsela questa domanda anche certi personaggi che straparlano nella tenzone su armi e dintorni, pur sempre esseri umani prima che leader politici.