Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
mercoledì 23 aprile 2025
 
musica
 

Sapore di tormentoni: come le canzoni estive hanno raccontato l'Italia

06/07/2018  Da Mina a Gabbani, da Azzurro (che proprio quest'anno compie 50 anni) a La grande festa i motivetti da cantare sulla spiaggia hanno accompagnato i cambiamenti sociali e culturali del nostro Paese.

Ti alzi al mattino accaldato e senti una canzonetta alla radio. Non ci badi più di tanto, ma poi la riascolti in auto, al bar, in ufficio e poi ovunque in vacanza. Insomma, un vero tormento. Anzi, un tormentone. Che però, quando improvvisamente non lo senti più, ti manca. Perché, come cantavano i Righeira, significa che L’estate sta finendo e, aggiunge Francesco Gabbani in Tra le granite e le granate, hai «dietro le spalle, un morso di felicità; davanti, il tuo ritorno alla normalità».

Le canzoni che hanno accompagnato le estati degli italiani raccontano molto di come siamo cambiati. Prendiamo Tintarella di luna, il primo successo di Mina nel 1959: tra flash surreali, si intravede l’immagine di un nuovo tipo di ragazza emancipata, che si contrappone a quelle «paonazze che prendono il sol», mentre lei è libera di saltellare «sul tetto come i gatti».

Siamo negli anni del boom economico, delle prime vacanze in auto, dei juke-box, quelli immortalati nel 1982 dal film Sapore di mare di Carlo Vanzina. Un titolo ripreso da uno dei più celebri tormentoni del periodo, Sapore di sale di Gino Paoli, che anche in un pezzo come questo non rinuncia a un tocco di malinconia («il tempo è dei giorni che passano pigri»), ma nessuno lo nota: in quell’estate del 1963 e nelle successive si ha solo voglia di divertirsi e di ballare e l’interprete che meglio incarna questi desideri è Edoardo Vianello, un produttore seriale di tormentoni: da Pinne, fucile ed occhiali a Guarda come dondolo (non a caso entrambe inserite in uno dei film simbolo di quegli anni, Il sorpasso di Dino Risi), da Abbronzatissima a I watussi.

Certo, può capitare che gli amori sbocciati al sole si rivelino fugaci e allora ci si può trovare come Fred Bongusto a contemplare mestamente Una rotonda sul mare, dove è rimasto solo «il nostro disco che suona». Ma anche quando le cose vanno male e si ritorna ogni notte a «cercarla in qualche bar», basta un tuffo nell’Acqua azzurra, acqua chiara di Lucio Battisti per ritrovare almeno «il profumo di un amore puro».

Con l’avvento del nuovo decennio, i juke-box iniziano a spegnersi, arriva la crisi economica e poi i lugubri anni di piombo. I cantanti che avevano accompagnato le estati si ritrovano di punto in bianco, come si direbbe oggi, “rottamati”. Ora bisogna ascoltare i cantautori impegnati. Almeno in apparenza. Perché in realtà perfino nel covo delle Brigate Rosse di via Gradoli i carabinieri trovano, allineati con cura, tutti i dischi del disimpegnatissimo Lucio Battisti. Anche i capelloni e le femministe che proclamano la rivoluzione sotto sotto sognano di ritrovarsi «accoccolati ad ascoltare il mare», come cantava in quell’estate del 1974 Claudio Baglioni in E tu...

Con gli anni ’80 si volta nuovamente pagina e un altro tormentone, Un’estate al mare di Giuni Russo, sembra farsi portavoce della ventata di ottimismo di cui il Paese ha bisogno. In realtà, il testo scritto da Franco Battiato racconta la storia di una prostituta che «sopra i ponti delle autostrade vede qualcuno che ci saluta», ricorda che «nelle sere, quando c’era freddo, si bruciavano le gomme di automobili» e sogna in estate di «fare il bagno al largo» da tutte le brutture della sua vita. Un tormentone, insomma, che è una magnifica metafora del lato oscuro dell’edonismo di quegli anni.

Da allora le canzoni balneari italiane sono diventate sempre più rare. Abbiamo ballato prima con la Lambada e con la Macarena, poi con il Waka Waka di Shakira e infine con le hit dello spagnolo Alvaro Soler, da El mismo sol a Sofia, fino all’ultima La cintura, che ci accompagnerà anche in quest’estate.

Eppure anche noi ci siamo cimentati con lo spagnolo per realizzare tormentoni, con risultati tutt’altro che disprezzabili: da Cuando calienta el sol dei finti messicani Los Marcellos Ferial (dal nome del leader Marcello Minerbi), a Vamos a la playa dei torinesi Righeira, fino a Vamos a bailar delle sorelle Paola e Chiara. Quest’estate ci riproviamo con Amore e capoeira del duo Takagi & Ketra, con la collaborazione di Giusy Ferreri, decisamente meglio degli ultimi singoli della coppia J-Ax e Fedez e degli insopportabili Thegiornalisti.

Il tormentone, insomma, resiste, e si conferma specchio dei tempi, come canta Luca Carboni nel suo ultimo singolo Una grande festa: «Rabbia e protesta non sono proprio al top. Il dolore e l’ingiustizia no, non brillano neanche un po’». E allora «ce ne andiamo al mare» perché «i tempi son duri per non avere il sorriso sul viso».

Segui il Giubileo 2025 con Famiglia Cristiana
 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo