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venerdì 11 ottobre 2024
 
 

L'Italia ratifica il Trattato sulle armi

26/09/2013  Il nostro Paese, primo in Europa, ha fatto proprio l'accordo internazionale. Col voto unanime, e a tempi di record, di Camera e Senato. Il plauso - e l'invito a fare ancora di più - della società civile.

Potrebbe essere un passo storico, una grande occasione, anche se il cammino è ancora molto lungo. Le armi, benzina di ogni conflitto, continuano, oggi come in passato, a viaggiare per il mondo senza alcun controllo. Eppure, forse, qualcosa sta cambiando, e non è utopia immaginare un orizzonte diverso. Con i voti unanimi di Senato e Camera, l'Italia ha appena ratificato il Trattato sugli Armamenti, la prima legislazione internazionale a imporre un controllo sul commercio di armi.

Un risultato tutt'altro che scontato, ottenuto in tempi record (la firma del testo, momento propedeutico alla ratifica vera e propria, è avvenuta lo scorso 3 giugno) e possibile solo grazie al concorso positivo di tutto il Parlamento e del Governo. Un passo che la società civile invocava da decenni, ma che a molti pareva irrealizzabile, visti gli enormi interessi economici legati all'export di armamenti e lo strapotere delle lobby produttrici.

Il nostro Paese è il quinto al mondo e il primo nell'Unione Europea a ratificare il Trattato. Perché il testo entri in vigore serve l'adesione di cinquanta Stati. Resta ancora molto da fare, dunque.

Il sì italiano, però, ha un peso particolare e non può essere considerato solo come uno tra i tanti. Infatti, nonostante limiti e paradossi, il nostro Paese può vantare una grande esperienza nel campo del controllo degli armamenti e una legislazione all'avanguardia, ottenuta anche grazie alla tenace mobilitazione della società civile. La speranza è che la scelta dell'Italia possa servire da traino per altri Paesi.

Tra le associazioni impegnate sul campo la soddisfazione è tangibile. In prima linea Rete Italiana per il Disarmo, Amnesty International e Oxfam Italia, tutte realtà attive nell'ambito della campagna internazionale Control Arms.

«Quello di oggi», sottolinea Elisa Bacciotti, direttrice Dipartimento Campagne e Cittadinanza attiva Oxfam Italia, «è anche il frutto dell’impegno pluriennale di decine di migliaia di attivisti in tutto il mondo». E il pensiero va a quei 40.000 volti raccolti in Italia nelle prime fasi della mobilitazione per il Trattato, a metà degli anni Duemila.

«Dobbiamo considerare questo come un primo passo da completare», aggiunge Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Italiana per il Disarmo, «altrimenti si potrebbe trattare solo di una occasione persa. Senza una forte e chiara implementazione dei meccanismi di controllo e un futuro miglioramento di alcuni standard nel testo del Trattato si rischia di avere un dispositivo inefficace, se non nelle buone intenzioni. Ma noi siamo fiduciosi».

Certo, anche il Trattato ha le sue zone d'ombra. Come gli esperti di Control Arms hanno più volte osservato, la sua adozione riguarda solo i principali sistemi d’arma più le armi leggere e di piccolo calibro ma non di tutte le categorie. Su munizioni e componenti di armi il controllo è molto più limitato, mentre restano esclusi sia le armi da fuoco che non hanno un esclusivo uso militare sia i trasferimenti di armi all'interno di accordi governativi e programmi di assistenza e cooperazione militari.

I segnali positivi, comunque, non mancano. Da sola l’Unione Europea potrebbe garantire più della metà delle ratifiche necessarie all’effettiva entrata in vigore del Trattato e molti si augurano che la scelta italiana diventi "contagiosa". Ma c'è di più: secondo fonti diplomatiche accreditate anche gli Stati Uniti firmeranno il testo, con il Segretario di Stato John Kerry, nell’ambito dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Notizia che, se confermata, imprimerebbe una svolta epocale alla storia del Trattato.

 
 
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