Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
lunedì 17 marzo 2025
 
 

L'odissea di Enaiat, in cerca di una casa

31/05/2010  Mariapia Bonanate legge "Nel mare ci sono i coccodrilli" di Fabio Geda.

«Quanti anni hai, Enaiatollah Akbari?», gli ha chiesto Fabio Fazio. «Diciannove, forse, ventuno. Quando c’è la guerra, ha poca importanza l’anno in cui sei nato», ha risposto il giovane dallo sguardo penetrante, che viene da lontano. Ospite di Che tempo che fa, ha ripercorso la sua storia di bambino in fuga dall’Afghanistan. È stata sua madre che, per salvarlo dai talebani – «con loro o avrei ucciso io, o sarei stato ucciso» –, l’ha portato in Pakistan, dopo averlo nascosto per notti in una buca del giardino.
 
Aveva dieci anni. Una sera, prima di addormentarsi con i canti dei muezzin, in «un magazzino di corpi e di anime», dove avevano trovato un letto, lei gli ha preso la testa, l’ha stretta forte, poi gli ha raccomandato tre cose che non avrebbe mai dovuto fare: usare droghe, armi e rubare. La mattina Enaiat non l’ha più trovata, era solo al mondo. Di lì inizia “la storia vera” che Fabio Geda ha trascritto in Nel mare ci sono i coccodrilli (B. C. Dalai), rimanendo fedele al racconto, con parole che vi aderiscono come un vestito ritagliato su misura, in modo essenziale, ma anche leggero. Com’è leggera l’anima di Enaiat. Anche nei momenti più difficili, quando si è sentito ridotto a «un mangime per le galline», nel cassone del camion in cui lo avevano pigiato con 50 persone, non ha smesso di guardare le stelle e la luna che saliva in cielo, di pensare al ciliegio in fiore della casa che mai avrebbe voluto abbandonare.
 
E' stata questa leggerezza a sorreggerlo. Sospinto dalla speranza di una vita migliore, lascia il Pakistan, non sopporta più di rischiare ogni momento la vita, va in Iran, affidandosi ai trafficanti di uomini, e lì lavora per tre anni, dodici ore al giorno. Poi decide di andare in Turchia, sempre con l’aiuto dei trafficanti, che lo sottopongono a una marcia sulle montagne. Dodici compagni di viaggio, su settantasette, muoiono. Infine la Grecia, raggiunta su un gommone. Enaiat non si arrende nella ricerca di un posto «dove vivere per sempre». Ancora una volta ce la fa, arriva a Torino, dove trova una famiglia che lo accoglie e inizia la sua seconda vita.

Segui il Giubileo 2025 con Famiglia Cristiana
 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo