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giovedì 12 settembre 2024
 
FEDE E CULTURA
 

L'omaggio di papa Francesco ad Alessandro Manzoni. E non è la prima volta

28/05/2023  Al termine della recita del Regina Coeli papa Francesco ha reso omaggio ad Alessandro Manzoni di cui il 22 maggio si è celebrato il 150° anniversario dalla morte. Un interesse quello del Papa per l'autore dei "Promessi sposi trasmesso in famiglia". Coincidenza vuole che ne abbia parlato nel giorno di Pentecoste, solennità cui Manzoni ha dedicato il più pregiato degli Inni Sacri

Papa Francesco omaggia dopo la recita del Regina Coeli Alessandro Manzoni: «Lo scorso 22 maggio si è commemorato il 150° anniversario della morte di una delle figure più alte della letteratura, Alessandro Manzoni. Egli, attraverso le sue opere, è stato cantore delle vittime e degli ultimi: essi sono sempre sotto la mano protettrice della Provvidenza divina, che «atterra e suscita, affanna e consola»; e sono sostenuti anche dalla vicinanza dei pastori fedeli della Chiesa, presenti nelle pagine del capolavoro manzoniano.

«Quel Dio che atterra e suscita che affanna e che consola» è una citazione dal Cinque Maggio, ode scritta in soli tre giorni nel 1821 in morte di Napoleone Bonaparte. Non è un mistero la passione di Papa Francesco per l’autore dei Promessi Sposi, ne ha parlato esplicitamente nell’intervista a padre Antonio Spadaro nel 2013 su Civiltà Cattolica: «Ho letto il libro I Promessi Sposi tre volte e ce l’ho adesso sul tavolo per rileggerlo. Manzoni mi ha dato tanto. Mia nonna, quand’ero bambino, mi ha insegnato a memoria l’inizio di questo libro: “Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti…"».

In diverse occasioni ha citato il romanzo, in modo esplicito come all’udienza generale del 27 maggio 2015, sul tema del fidanzamento, con queste parole: «E voi italiani, nella vostra letteratura avete un capolavoro sul fidanzamento . È necessario che i ragazzi lo conoscano, che lo leggano; è un capolavoro dove si racconta la storia dei fidanzati che hanno subito tanto dolore, hanno fatto una strada piena di tante difficoltà fino ad arrivare alla fine, al matrimonio. Non lasciate da parte questo capolavoro sul fidanzamento che la letteratura italiana ha proprio offerto a voi. Andate avanti, leggetelo e vedrete la bellezza, la sofferenza, ma anche la fedeltà dei fidanzati».

Ma anche in modo implicito, in piena pandemia il 15 aprile del 2020, all’Angelus ha detto: «Ringrazio i sacerdoti che stanno usando la loro creatività per poter stare ugualmente vicini ai parrocchiani, sacerdoti che hanno capito bene che in tempi di pandemia non si deve fare i don Abbondio, grazie a tutti voi».

LA PENTECOSTE SECONDO DON LISANDER

Coincidenza ha voluto che il 150° anniversario sia venuto nella settimana della solennità di Pentecoste e che il Papa lo abbia citato proprio in quell'occasione. Pochi forse ricordano che Alessandro Manzoni ha dedicato alla Pentecoste l’ultimo degli Inni Sacri, più lavorato degli altri e ritenuto il più riuscito dai critici. Rileggiamolo.

Madre de’ Santi, immagine

Della città superna;

Del Sangue incorruttibile

Conservatrice eterna;

Tu che, da tanti secoli,

Soffri, combatti e preghi;

Che le tue tende spieghi

Dall’uno all’altro mar;

 

Campo di quei che sperano;

Chiesa del Dio vivente;

Dov’eri mai? qual angolo

Ti raccogliea nascente,

Quando il tuo Re, dai perfidi

Tratto a morir sul colle,

Imporporò le zolle

Del suo sublime altar?

 

E allor che dalle tenebre

La diva spoglia uscita,

Mise il potente anelito

Della seconda vita;

 E quando, in man recandosi

Il prezzo del perdono,

Da questa polve al trono

Del Genitor salì;

 

Compagna del suo gemito,

Conscia de’ suoi misteri,

Tu, della sua vittoria

Figlia immortal, dov’eri?

In tuo terror sol vigile, S

ol nell’obblio secura,

Stavi in riposte mura,

Fino a quel sacro dì,

 

Quando su te lo Spirito

Rinnovator discese,

E l’inconsunta fiaccola3

Nella tua destra accese;

Quando, segnal de’ popoli,

Ti collocò sul monte,

E ne’ tuoi labbri il fonte

Della parola aprì.

 

Come la luce rapida

Piove di cosa in cosa,

E i color vari suscita

Dovunque si riposa;

Tal risonò moltiplice

La voce dello Spiro:

L’Arabo, il Parto, il Siro

In suo sermon l’udì.

 

Adorator degl’idoli,

Sparso per ogni lido,

 Volgi lo sguardo a Solima,

Odi quel santo grido:

Stanca del vile ossequio,

La terra a LUI ritorni:

E voi che aprite i giorni

Di più felice età,

 

Spose, che desta il subito

Balzar del pondo ascoso;

Voi già vicine a sciogliere

Il grembo doloroso;

Alla bugiarda pronuba

Non sollevate il canto:

Cresce serbato al Santo

Quel che nel sen vi sta.

 

Perché, baciando i pargoli,

La schiava ancor sospira?

E il sen che nutre i liberi

Invidïando mira?

Non sa che al regno i miseri

Seco il Signor solleva?

Che a tutti i figli d’Eva

Nel suo dolor pensò?

 

Nova franchigia annunziano

I cieli, e genti nove;

Nove conquiste, e gloria

Vinta in più belle prove;

Nova, ai terrori immobile

E alle lusinghe infide,

Pace, che il mondo irride,

Ma che rapir non può.

 

O Spirto! supplichevoli

A’ tuoi solenni altari;

Soli per selve inospite;

Vaghi in deserti mari;

Dall’Ande algenti al Libano,

D’Erina all’Irta Haiti,

Sparsi per tutti i liti,

Uni per Te di cor,

 

Noi T’imploriam!

Placabile Spirto, discendi ancora,

A’ tuoi cultor propizio,

Propizio a chi T’ignora;

Scendi e ricrea; rianima

I cor nel dubbio estinti;

E sia divina ai vinti

Mercede il vincitor.

 

Discendi Amor; negli animi

L’ire superbe attuta:

Dona i pensier che il memore

Ultimo dì non muta;

I doni tuoi benefica

Nutra la tua virtude;

Siccome il sol che schiude

Dal pigro germe il fior;

 

Che lento poi sull’umili

Erbe morrà non colto,

Nè sorgerà coi fulgidi

Color del lembo sciolto,

Se fuso a lui nell’etere

Non tornerà quel mite

Lume, dator di vite,

E infaticato altor.

 

Noi T’imploriam!

Ne’ languidi

Pensier dell’infelice

Scendi piacevol alito,

Aura consolatrice:

Scendi bufera ai tumidi

Pensier del violento:

Vi spira uno sgomento

Che insegni la pietà.

 

Per Te sollevi il povero

 Al ciel, ch’è suo, la ciglia,

Volga i lamenti in giubilo,

Pensando a Cui somiglia:

Cui fu donato in copia,

Doni con volto amico,

Con quel tacer pudico,

Che accetto il don ti fa.

 

Spira de’ nostri bamboli

Nell’ineffabil riso;

Spargi la casta porpora

Alle donzelle in viso;

Manda alle ascose vergini

Le pure gioie ascose;

Consacra delle spose

Il verecondo amor.

Tempra de’ baldi giovani

Il confidente ingegno;

Reggi il viril proposito

Ad infallibil segno;

Adorna le canizie

Di liete voglie sante;

Brilla nel guardo errante

Di chi sperando muor.

(Il testo è ricavato da Alessandro Manzoni. Opere varie di Alessandro Manzoni. Milano, Fratelli Rechiedei, 1881)

CHE COSA SONO GLI INNI SACRI

  

A proposito degli Inni Sacri, scrive Jone Riva, nella sezione dedicata alle opere sul sito di casa del Manzoni, curata in collaborazione con Sabina Ghirardi: «Entrato un giorno nella chiesa di San Rocco, dopo affannosa preghiera, si levò da terra credente»: così l’abate Zanella descrisse l’intensa esperienza della conversione dell’amico Manzoni, che in realtà già dal 1809 si stava avvicinando al cattolicesimo, guidato dalle riflessioni giansenistiche del sacerdote Degola prima e del vescovo Tosi poi. Tre anni dopo, nel 1812, Manzoni riprese la penna per avviare il ciclo degli Inni sacri, con i quali raggiunse il vertice della sua produzione poetica: il rifiuto del Classicismo e l’innovativa giustapposizione di toni aulici e umili conferiscono ai componimenti un tono di epica collettiva in cui la voce del poeta si confonde tra la moltitudine dei fedeli. Progettati in numero di dodici, come le principali celebrazioni liturgiche, Manzoni portò a termine solo cinque inni. I primi quattro furono stampati a Milano per i tipi di Pietro Agnelli nel 1815: La Resurrezione, Il Nome di Maria, Il Natale e La Passione. La Pentecoste, iniziata il 21 giugno 1817 e interrotta dalla stesura dell’Adelchi e del romanzo, fu pubblicata a Milano nel 1822 da Vincenzo Ferrario. Il sesto inno, Ognissanti, fu probabilmente iniziato intorno al 1830; Manzoni vi lavorò ancora nel 1847, senza però dare forma definitiva agli abbozzi. Un inno non compreso nel progetto originario è Il Natale 1833, iniziato ma non concluso un anno dopo la morte della moglie Enrichetta Blondel e pubblicato postumo nel 1874».

 
 
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