Ogni volta che un incidente stradale colpisce l’opinione pubblica si torna a discutere di omicidio stradale, al solito modo: promesse di norme draconiane e urgenti, come soluzione di tutti i mali. Poco importa che la ragione suggerisca approcci più pacati e razionali, per evitare l’effetto grida manzoniana e il molto rumore per nulla. (Forse conviene continuare a leggere I Promessi sposi nelle scuole, per capire come s’insinua nella mente di Renzo il populismo di Ferrer e ne muove il consenso a proprio favore).
Oggi si lavora in concreto per introdurre un reato specifico d’omicidio stradale, lo si fa con la presentazione in Commissione di un testo unico in materia. Ci sarà tempo fino al 21 aprile per presentare emendamenti. E’ solo uno dei tanti spunti che viaggiano paralleli, nei corridoi di Governo e Parlamento, sul tema, e che sono il segno di iniziative legislative sovrapposte e disorganiche: il reato di omicidio stradale è infatti presente, oltreché nel testo unico, anche nella Legge delega di riforma del Codice della strada già approvata alla Camera e ora all’esame della Commissione Lavori pubblici del Senato. Si è anche parlato di un Decreto, annunciato sull’onda dell’indignazione per il caso di Monza dal ministro dell’Interno Alfano, e forse superato dal testo unico.
Quello che, nel dibattito, però non si chiarisce mai è che il Codice penale attuale contiene già l’omicidio stradale come tipo particolare di omicidio colposo con sanzioni più severe: se infatti l’omicidio colposo prevede una pena da sei mesi a cinque anni, l’omicidio colposo commesso violando il codice della strada sale da due a sette anni. Se chi lo commette è sotto l’effetto di alcol o droghe, si sale da 3 a 10 anni. Se nell’incidente muoiono più persone o ne muore una e altre restano ferite si applica la pena prevista per la più grave delle violazioni aumentata fino al triplo, arrivando a un massimo di 15 anni. Cui si potrebbe aggiungere, se dimostrata, l’aggravante della colpa cosciente, se chi si mette al volante sapendosi non lucido, prevede il rischio ma non rinuncia alla guida: l’aggravante comporta che il giudice aumenti la pena che si applicherebbe al caso aumentata fino a un terzo.
Ora la domanda è: una legge specifica, che includa oltre allo stato di ebbrezza anche la velocità – doppia rispetto al previsto – ma difficilissima da calcolare e dimostrare e che prometta pene più severe – 8-12 anni omicidio colposo stradale sotto l’effetto di alcol o stupefacenti -, nonché l’arresto obbligatorio, servirà davvero da deterrente o incentiverà soprattutto la fuga del pirata della strada già oggi molto praticata?
Non sarebbe forse più efficace applicare le norme penali che già ci sono e che non sono morbide, e lavorare alacremente alla prevenzione ragionando velocemente: di controlli più frequenti e rigorosi; di una maggior severità nel rilascio delle patenti, non dimenticando che l’imperizia può portare all’omicidio colposo tanto quanto l’imprudenza; di sanzioni amministrative forti come il ritiro della patente a vita (proposto ma al momento in sonno); di una capillare e martellante informazione a toni anche forti e traumatici come si fa nel Nord Europa, in cui si mostrano gli effetti crudi degli incidenti stradali e dei comportamenti a rischio in auto in pubblicità progresso, preferendo un impatto informativo “traumatico” nell’immediato, al rischio di un trauma reale determinato dalla guida spericolata?