Il professor Edoardo Greppi.
Israele e Gaza, Siria, Russia e
Ucraina, Iraq. Le crisi e i conflitti infiammano il mondo e si
ripropone un interrogativo: che cosa fa l’Onu?
L’ordinamento internazionale
contemporaneo è il prodotto di un’evoluzione che, a partire dalla
formazione degli Stati agli albori dell’età moderna, ha costruito
i rapporti tra loro intorno al principio di sovranità. Il diritto
internazionale è un ordinamento interstatuale, che regola i rapporti
tra soggetti che si accettano come giuridicamente uguali e che non
riconoscono un’autorità superiore. La comunità internazionale è
una società anorganica, cioè priva di organi, senza un’autorità
superiore agli Stati.
Foto Reuters.
La Seconda guerra mondiale, con le sue
atrocità e i suoi orrori, ha indotto gli Stati a cercare di dotarsi
di meccanismi istituzionali idonei a salvaguardare la pace e a
generare la sicurezza internazionale, con piccolissime rinunce alla
loro sovranità. Sono state, quindi, istituite numerose
organizzazioni internazionali, finalizzate a promuovere la
cooperazione tra gli Stati senza eroderne in maniera significativa la
sovranità. Al centro di questo sistema di cooperazione
istituzionalizzata si sono collocate le Nazioni Unite, alle quali è
stato affidato il compito principale di mantenere la pace e la
sicurezza internazionale.
Una riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Foto Reuters.
L’Onu è stata dotata di una struttura,
incentrata su un’Assemblea generale, un Consiglio di sicurezza, un
Segretario generale e una Corte internazionale di giustizia.
L’Assemblea si fonda sul principio dell’eguaglianza sovrana degli
Stati, e rispecchia la volontà degli Stati (Usa in primis) di
applicare un criterio democratico (“uno Stato, un voto”). Questo
egualitarismo formale (gli Stati sono uguali solo giuridicamente)
veniva temperato da un organo nel quale qualcuno è ... più uguale
degli altri: il Consiglio di sicurezza, accanto a 10 membri elettivi,
ne ha 5 permanenti. Il principio universalistico, cioè, veniva
temperato da quello oligarchico: chi ha maggiori responsabilità
mondiali (i vincitori del conflitto più la Francia, che lo aveva
perso in poche settimane ma aveva ancora un impero coloniale) deve
avere maggior peso decisionale. Ma questo potere lo avrebbe
esercitato congiuntamente, di comune accordo, con ciascuno dei 5 in
grado di porre il veto a decisioni sgradite.
Foto Epa.
Questo era e resta il problema
centrale. Perché un siffatto “direttorio” della politica
internazionale funzionasse occorreva quell’armonia tra i grandi che
è venuta meno fin dagli inizi della guerra fredda.
Il Consiglio di sicurezza è un organo
politico e, quindi, discrezionale. Non vi è da stupirsi, dunque, se
decide di agire (con tutti i forti poteri che gli conferisce il
capirolo VII della Carta dell’Onu) in una situazione, ed è invece
paralizzato dalla minaccia di veto in un’altra. Così ha
autorizzato l’uso della forza in Libia e non in Siria.
Il Segretario generale sarebbe un
organo cruciale, ma gli Stati cercano di eleggere figure scialbe, che
non diano loro fastidio (succede anche con le cariche dell’Unione
europea, che pure – a differenza dell’Onu – è
un’organizzazione dotata di forti elementi di soprannazionalità).
Insomma, l’Onu richiederebbe una
riforma che, tuttavia, è praticamente impossibile, in quanto
richiede l’accordo dei 5 membri permanenti, e questi non sono
disposti ad attenuare le loro prerogative. Così vogliono gli Stati,
enti sovrani. Come ebbe a dire Lord Gladwyn Jebb, diplomatico inglese
e primo Segretario generale dell’Onu facente funzioni (1945-46),
l’Onu è uno specchio del mondo che la circonda; se quanto riflette
è brutto, non è colpa dello specchio.
Edoardo Greppi
Professore ordinario di Diritto
internazionale nell’Università di Torino