«Nella Chiesa si faccia chiarezza, si forniscano i dati, si esca allo scoperto. Io lo spero, ci prego tutti i giorni, che persone di Chiesa che abusano abbiano lo stesso coraggio che è richiesto a noi vittime». Lo chiede Anna (il cognome non lo riveliamo per tutelarla), una donna che per sei anni, da quando ne aveva undici, è stata abusata da un prete di una diocesi del Nord Italia. Anna ha raccontato per la prima volta la sua storia in pubblico in un dibattito che il mensile Jesus propone nel numero in edicola in vista del vertice dei rappresentanti dei vescovi di tutto il mondo che papa Francesco ha convocato in Vaticano dal 21 al 24 febbraio proprio per parlare della piaga degli abusi.
Gli esperti interpellati da Jesus smontano alcuni luoghi comuni: «Non esiste in letteratura alcun dato scientifico che correli il celibato o l’omosessualità all’abuso sessuale su minore», spiega il dottor Stefano Lassi, psichiatra che collabora con numerosi seminari e istituti religiosi. Contrariamente a quanto si crede, spesso l’abusatore non è nemmeno “pedofilo” in senso clinico, avverte Karlijn Demasure, teologa belga, docente alla Pontificia Università Gregoriana dove tiene il corso di Prevenzione dell’abuso sessuale. Complessivamente i chierici abusatori sono pedofili ed efebofili nel 15-20% dei casi. Alla base ci sono cause sistemiche «di cui ha fatto cenno anche il Papa quando ha parlato del clericalismo e degli abusi come abuso di potere». Secondo Demasure «esiste una correlazione indiretta con lo status del prete», una persona diversa, «che ha un potere sacro e di cui ci si può fidare».
All’estero ci sono state diocesi travolte dalle violenze su minori e persone fragili ma, secondo i partecipanti al dibattito di Jesus, il problema è radicato anche nel nostro Paese. «In Italia i casi ci sono ma le denunce sono ancora poche, forse anche per uno pseudo-rispetto nei confronti della Chiesa, ma soprattutto per paura e vergogna da parte delle vittime», dice Luisa Bove, giornalista che ha pubblicato il libro-inchiesta Giulia e il lupo. Nella Chiesa «inizialmente c’è stato forse un inevitabile “serrate i ranghi”, ma ora non è più giustificabile nessun tipo di atteggiamento che non metta la vittima al primo posto», avverte Lassi: «Le vittime hanno subito un grave torto, non sono state ascoltate e tantomeno credute. Una colpa che dobbiamo ancora scontare e pagare».
«Non può esserci alcuna giustificazione che porti a coprire o insabbiare le responsabilità o a sottovalutare le ferite inflitte in maniera indelebile nelle persone abusate e non può sussistere un atteggiamento difensivo, volto a tutelare l’immagine della Chiesa da scandali che creano sconcerto», dice monsignor Stefano Russo, nel suo intervento pubblicato sullo stesso numero di Jesus. Il Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana conferma che è stata avviata una Commissione per la tutela dei minori, presieduta dal vescovo di Ravenna-Cervia monsignor Lorenzo Ghizzoni, e sarà creato un Servizio nazionale per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili e saranno individuati referenti a livello diocesano.
«È fondamentale partire dall’ascolto delle vittime, che non è solo di parole ma anche delle emozioni», auspica Anna, la quale chiede alle istituzioni ecclesiali un impegno più attivo nei confronti di chi è stato abusato: «Alle vittime devono essere dati tutti gli strumenti per potersi ricostruire. Ci sono persone che non possono permettersi il lusso, da un punto di vista economico, di ricorrere a una terapia psicologica che consenta loro di fare i conti con questa ferita».